Da “Collegamenti” n. 5 un articolo di G. Soriano sulle lotte dei ferrovieri francesi
Il contesto
La fine del 2022 vede un contesto europeo di forte inflazione – intorno all’8% – ma meno pronunciata in Francia, dove per il momento ci troviamo in media – ufficialmente – intorno al 4,7% (5,2% secondo l’INSEE); la perdita di potere d’acquisto per i salariati si aggirerebbe per ora intorno al 2,7%. Gli ultimi dati di dicembre parlano di un’inflazione superiore al 6%. Chi frequenta i supermercati per la spesa settimanale, constata piuttosto aumenti che si aggirano intorno al 15%, come sarà confermato dalle trattative tra industrie agroalimentari fornitrici e grande distribuzione nei primi mesi del 2023.
Dopo l’estate abbiamo avuto vari scioperi settoriali sulla questione dei salari. Durante l’anno circa 700 000 salariati avevano avuto un bonus legato ai profitti dell’impresa, con una media di 710 euro.
Dopo l’estate c’è stata una infinità di piccoli scioperi, in particolare nel mondo della scuola, che ha subito attacchi feroci, tagli drastici e repressione. In ottobre sembrava che gli scioperi delle raffinerie, che hanno determinato una penuria generalizzata di carburante su scala nazionale, potessero estendersi ad altri settori che erano già in agitazione: centrali nucleari, distribuzione dell’elettricità e del gas, ospedali, ma il sufflè è ricaduto nel giro di una decina di giorni e tutto è rientrato sotto il controllo del governo, che ha ripreso l’iniziativa.
Negli ultimi mesi dell’anno è stata varata la riforma del trattamento della disoccupazione: il numero di mesi di lavoro indispensabili per ottenerla viene aumentato, i sussidi vengono ridotti ed in particolare vengono colpite le fasce più deboli. Contemporaneamente aumentano le radiazioni degli iscritti alla disoccupazione (Pôle Emploi). Basta non rispondere ad una chiamata, o aver mal riempito un formulario, per essere espulsi o sospesi. Sembra che tutto venga messo in atto per ridurre il numero ufficiale dei disoccupati. Sotto Natale viene a galla un nuovo codicillo del nuovo progetto di legge che entra in vigore dal 1° febbraio: oltre ad una riduzione del 25% della durata delle indennità di disoccupazione, se la disoccupazione scende sotto il 9%, si scopre che il governo ha previsto una ulteriore riduzione del 40% del sussidio se il livello della disoccupazione (attualmente al 7,3%) dovesse scendere sotto il 6%. Alcuni pensano che tutti si concentreranno sulla contestazione di quest’ultima misura e nessuno parlerà più del 25% già varato, ed è quello che avviene. Il 3 gennaio questa proposta sparisce dal progetto governativo di riforma, ma ha probabilmente raggiunto il suo scopo. Nei fatti il governo toglie soldi ai disoccupati per darli alle imprese che utilizzano lavoro precario a tempo parziale.
Il sistema ospedaliero pubblico è sull’orlo del baratro, a causa delle condizioni di lavoro particolarmente dure che sono state messe in luce dall’epidemia di Covid (la riduzione del numero dei letti disponibili è continuata anche durante l’epidemia), i salari sono bassi ed insoddisfacenti, il personale sempre più scarso, tra le infermiere che se ne vanno perché non reggono più i ritmi ed il personale sospeso perché ha rifiutato la vaccinazione obbligatoria. La logica del governo sembra essere quella di peggiorare la situazione perché in seguito i pazienti siano pronti ad accettare la privatizzazione della salute, presentata come la soluzione per ogni problema. I medici di base – anche loro in numero sempre più ridotto a causa del numero chiuso delle facoltà di medicina – entrano pure loro in sciopero chiedendo il raddoppio degli onorari pagati dalla Sécurité Sociale.
La battaglia seguente riguarda una promessa della campagna elettorale di Macron: una riforma delle pensioni col passaggio dell’età pensionabile da 62 a 64 o 65 anni (1). Il progetto precedente – che il governo precedente, presieduto da Edouard Philippe, non era riuscito a portare a termine nel 2019-2020 – prevedeva una pensione a punti, e la soppressione di vari regimi speciali. La CGT e Sud erano contro, la CFDT favorevole. Il problema attuale del governo Borne è che tutti i sindacati sono uniti e contrari all’aumento dell’età pensionabile. La destra è disposta ad appoggiare il governo pur criticandolo perché non va abbastanza lontano. NUPES et RN si oppongono, ma se il governo utilizza l’articolo 49.3 – come l’ha fatto 10 volte di seguito negli ultimi mesi per far approvare il bilancio dello Stato e della Sécurité sociale – la riforma potrebbe passare in parlamento (2). Cosa che poi farà. Le direzioni sindacali pensano che molto dipenderà dal livello di mobilitazione nelle piazze e dall’appoggio dell’opinione pubblica, sono assai prudenti e sembrano riservare le loro forze per questa battaglia. Continued…
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