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LA SANITA’ LOMBARDA NELL’ OCCHIO DEL CICLONE

Sul n. 6/2024 di “Collegamenti” questo articolo, frutto di una intervista ad alcuni lavoratori dell’USI Sanità di Milano realizzata da Visconte Grisi

Oggi si fa un gran parlare della privatizzazione sempre crescente del sistema sanitario, il che naturalmente è vero, ma è anche necessario risalire a come è cominciata l’aziendalizzazione all’interno stesso del sistema sanitario pubblico e la trasformazione della salute in una merce vendibile e acquistabile sul mercato.
Infatti la trasformazione degli ospedali pubblici in aziende tese alla realizzazione di profitti è precedente ai successivi fenomeni di privatizzazione della sanità. Il processo iniziò nei primi anni 90 con l’introduzione dei cosiddetti DRG, in parallelo con la trasformazione delle USSL (Unità socio-sanitarie locali) in ASL (Azienda sanitaria locale). La sigla DRG sta per Diagnosis Related Group in inglese, traducibile in italiano con “Raggruppamento omogeneo di diagnosi” con cui “si fa riferimento a un sistema che permette di classificare tutti i pazienti dimessi da un ospedale (ricoverati in regime ordinario o day hospital) in gruppi omogenei per assorbimento di risorse impegnate (isorisorse). Tale aspetto permette di quantificare economicamente tale assorbimento di risorse e quindi di remunerare ciascun episodio di ricovero. Una delle finalità del sistema è quella di controllare e contenere la spesa sanitaria”.(1) Detto in parole povere un intervento chirurgico di appendicectomia avrà un valore economico certamente inferiore di un trapianto cardiaco. Continued…

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Francia. Gli scioperi nei trasporti continuano

Nelle ferrovie francesi il clima sindacale è rovente e si susseguono le mobilitazioni. Questo articolo di G. Soriano (dal n. 6 /marzo 2024 di “Collegamenti”) ci delinea il quadro della situazione.

Per i viaggiatori che stavano per partire in vacanza verso le stazioni sciistiche delle Alpi (1) è stata una sorpresa sgradevole, ma la direzione della SNCF ed i sindacati del settore erano al corrente.
Tra il 16 ed il 18 febbraio di quest’anno circa 150 000 viaggiatori sono rimasti senza treno o hanno dovuto arrangiarsi trovando un altro mezzo di trasporto: Blablacar, autonoleggi, autobus, Trenitalia (+ 8%), si sono sfregate le mani. Non solo si è arrivati alle 200 000 persone appiedate del Natale 2022, ma la scossa è stata forte.
Si trattava infatti dell’inizio delle vacanze invernali per le scuole della zona di Parigi e Tolosa e di ritorno per altre zone. Ovviamente i media hanno parlato di “viaggiatori presi in ostaggio”, come fanno di solito in queste occasioni, il ministro dei trasporti ha dichiarato che pensava seriamente a mettre a punto una (ennesima) legge che dovrebbe regolare il diritto di sciopero, e l’Italia è stata portata in palma di mano come esempio da seguire.
In occasione degli scioperi dei treni – e dei controllori in particolare – ci sono degli utenti che hanno sempre un’ottima idea: lo sciopero della gratuità. Ovvero i controllori vanno a lavorare, ma non controllano i biglietti. Ma c’è un problema, anzi due: il primo luogo, la cosa è illegale ed esporrebbe i controllori ad un intervento della repressione, dato che se sei pagato devi eseguire il lavoro per cui ti pagano; in secondo luogo, c’è un problema di sicurezza: se un certo numero di treni venisse soppresso, i viaggiatori si precipiterebbero sui treni che funzionano gratis, ma questo produrrebbe un sovraccarico delle vetture con conseguenze imprevedibili e per evitare incidenti i treni non potrebbero partire. Continued…

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LA STORIA PARTICOLARE DI UN PICCOLO SINDACATO DI BASE

Umberto Ottone (“Collegamenti”, n 6/2024) Una riflessione sullo stato del mondo del lavoro oggi e sulla condizione attuale del sindacalismo tradizionale e di base potrebbe partire da una microstoria, quella di una piccola organizzazione sindacale nata a livello locale (nella città di Pinerolo) nel 1995 e dopo pochi anni associatasi alla CUB, una storia raccontata nel libro di Luca Perrone, Abbiamo fatto un sindacato – Enrico Lanza: una vita dalla parte dei lavoratori, edito da DeriveApprodi nell’aprile 2022.

Come spiegare la tenuta dei sindacati confederali, che tra gli anni Ottanta e Novanta parevano sulla strada del declino? Non si può ragionare sulla tenuta del sindacalismo concertativo prescindendo dalla vertenza del 1980 alla Fiat, e dalle vicende che hanno caratterizzato gli anni Ottanta, fino agli accordi del 1992-93 sulla scala mobile, un decennio che segna una vera e propria cesura tra un prima e un dopo, un periodo di lotte e di conquiste operaie ed un successivo periodo di perdite di salario e diritti.
A partire dagli anni Ottanta i rapporti di forza tra Capitale e Lavoro mutano sempre più a favore del Capitale, è quella che Gallino definisce la “reconquista” del capitalismo, la “lotta di classe dall’alto” condotta con le armi della finanziarizzazione, delle delocalizzazioni e della disvalorizzazione del lavoro. Continued…

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NOTE SULLA SITUAZIONE DEL SINDACALISMO DI BASE E DEL SINDACALISMO IN GENERE

Una riflessione sul sindacalismo di base, sul suo ruolo, prospettive e frammentazione è oggi sempre più necessaria.

Questo articolo di Federico Giusti (“Collegamenti” n. 6/2024) affronta i principali problemi sul tappeto

Per quanto mi riguarda sarebbe arrivato il momento di fare i conti con la esperienza storica del sindacalismo di base a partire dalla sua devastante frammentazione.
Rispetto a 20 anni fa non sono chiare agli occhi della forza lavoro le differenze sostanziali tra le varie sigle del sindacalismo di base e dopo 30 anni di controriforme è cresciuto il senso di sfiducia verso il sindacato tout court.
L’adesione ai sindacati di base è legata non a ragioni di carattere politico ma al lavoro svolto dalle realtà, nei singoli settori, ad esempio possiamo asserire che la sottoscrizione dei contratti nazionali da parte di Usb abbia in qualche modo favorito la loro presenza dentro il comparto pubblico con il risultato, non certo esaltante, di appiattirsi sulle logiche meritocratiche, sulla idolatria della produttività accettando l’impianto complessivo dei contratti stessi. Quanti hanno sottoscritto i contratti nazionali ottenendo la rappresentatività, vale per Usb come per la galassia degli autonomi, vi risulta siano riusciti a mettere in discussione la performance, le disuguaglianze salariali e normative all’interno dei comparti pubblici?
E la firma di certi contratti possiamo considerarla ancora tecnica o invece la presa d’atto che senza sottoscrizione non hai agibilità sindacale e quindi vieni relegato in un angolo, dominando nei luoghi di lavoro pratiche subalterne alle parti datoriali a mero discapito del conflitto? Continued…

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Camillo Berneri, la Palestina insanguinata (1929)

Nel 1929 l’anarchico Camillo Berneri pubblica questo articolo estremamente lucido sull’emigrazione ebraica in Palestina, il sionismo, i problemi di relazione tra immigrati ebrei e popolazione palestinese e l’imperialismo inglese. Lo riprendiamo dal n. 6 / marzo 2024 di “Collegamenti”. Nello stesso numero un necessario inquadramento storico scritto da Gianni Carrozza.

Lasciamo in pace il <<muro del pianto>>. Non è che lo sfondo del quadro. Simbolicamente lo si può considerare il centro della tragedia, storicamente non lo è. Al muro di Salomone, che giuridicamente appartiene agli Arabi, ogni venerdì, da dieci anni, andavano liberamente gli ebrei a piangere la disperazione e le sventure della loro razza. Contro l’elemento ebraico ortodosso il furore arabo non ha mai infierito. Gli arabi sono tolleranti, in religione da buoni maomettani. Il << fanatismo>> loro lo si spiega con dati demografici più che con reminescenze storiche e dilettantismi psicologici. La rivolta araba è stata, per contingenze, anti-ebraica; per natura, semplicemente xenofoba.

Ho sotto gli occhi due interviste: l’una del Dottor Weizmann, presidente dell’organizzazione sionista universale, l’altra di Amein Hussein capo religioso degli arabi di Palestina. Il primo dichiara necessario: che gli Arabi capiscano che l’Inghilterra non vuole mutare affatto la propria politica di protezione del sionismo; che è necessario facilitare l’immigrazione ebraica in misure le più grandi possibili. Il secondo riconferma che il governo attuale della Palestina è contrario, nella costituzione e nella politica sue, agli Arabi; richiede l’adozione di una forma di governo democratico, nel quale siano rappresentati tutti gli abitanti di Palestina, in modo proporzionale, e l’abbandono della politica inglese a favore dello sviluppo di un <<centro nazionale ebraico>>, specie riguardo all’immigrazione. Continued…

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Camillo Berneri, la Palestina e il sionismo (introduzione)

Sul n. 6/2024 di “Collegamenti per l’organizzazione diretta di classe” riportiamo un (profetico ?) articolo di Camillo Berneri (1929) sul problema dell’emigrazione ebraica in Palestina e del rapporto già all’epoca sempre più difficile tra ebrei e palestinesi.

L’articolo è tanto più interessante in quanto è di epoca molto antecedente all’avvento del nazismo al potere in Germania, alla Shoah, alla proclamazione dello Stato d’Israele. Il testo è preceduto da questo necessario inquadramento storico di G. Carrozza.

La questione della Palestina ha radici secolari, al punto che Camillo Berneri – nel 1929 – scrive un articolo che potremmo definire chiaroveggente. Vediamone il contesto.
Quella degli Ebrei e quella del movimento anarchico sono storie che si incrociano in varie occasioni.
Gli Ebrei subiscono durante più di un millennio le persecuzioni ad opera della Chiesa di Roma. La Rivoluzione francese riconosce il loro diritto di essere rispettati come qualsiasi altro cittadino e di praticare liberamente la loro religione. Ma questi diritti vengono calpestati dalla Restaurazione, ancora per molto tempo ed in molto paesi, come la Russia zarista ed i paesi dell’Europa Orientale dove vengono utilizzati come capro espiatorio nei momenti di più acuta tensione politica e sociale. Continued…

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Contro il sionismo, contro l’antisemitismo, per l’umanità

Dal n. 6/2024  di”Collegamenti” riportiamo questo articolo di Claudio Albertani. L’articolo, originariamente pubblicato su “La Jornada”, è stato tradotto da Clara Ferri

L’antisemitismo è il socialismo degli idioti

Auguste Bebel

Qualche giorno fa, durante una protesta davanti all’ambasciata israeliana di Città del Messico, qualcuno ha gridato degli slogan antisemiti. Era un provocatore ed è stato subito isolato. Tuttavia, la questione è delicata perché lo Stato sionista sta sfruttando l’innegabile recrudescenza dell’antisemitismo dopo l’invasione di Gaza per giustificare i propri crimini. Tale narrazione è legittimata da un fatto storico: gli ebrei sono stati vittime di uno dei più grandi massacri della storia, l’Olocausto (Shoah in ebraico), compiuto dai nazisti nel corso della Seconda guerra mondiale. Ciò giustificherebbe il fatto che i sopravvissuti si siano rifugiati in Palestina, una regione che in teoria apparterrebbe loro per ragioni storiche e teologiche.

È qui che inizia il groviglio, perché il problema di Israele è duplice: non solo il suo attuale governo è impresentabile, ma anche la sua legittimità storica è discutibile. Secondo Netanyahu, i palestinesi sarebbero un gruppetto di persone senza storia che perseguitano gli ebrei proprio come facevano i nazisti. In queste condizioni, Israele non avrebbe altra scelta che difendersi, se necessario, con una forza spropositata. E naturalmente tutti noi che ci opponiamo saremmo antisemiti o, per essere più precisi, antiebraici. Continued…

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Fondi pensione: un bilancio critico

Facciamo il punto sui fondi pensione grazie a questo articolo di Renato Strumia pubblicato sul n. 6/marzo 2024 di “Collegamenti per l’organizzazione diretta di classe”

 

Sono passati ormai oltre 30 anni dalla istituzione normativa, anche in Italia, dei fondi pensione, nella loro versione aggiornata (1). Naturalmente c’erano già dei fondi pensione, prima di quella data, espressione storica di forme di welfare aziendale, diffuse soprattutto in ambito bancario-assicurativo (quella della Cariplo risaliva al 1837), ma presenti anche in altre grandi aziende con atteggiamento paternalistico e/o orientate all’integrazione della manodopera nel sistema aziendale.
La normativa sui fondi pensione, varata nel 1993, non cade però in un momento “casuale”: va correttamente collocata nella fase turbolenta che va dal 1992 al 1995. Nel 1992 c’è la grande crisi italiana, che vede l’esplodere del debito pubblico, la crisi valutaria, la svalutazione della lira, l’abolizione della scala mobile, l’autunno “dei bulloni”: è l’estate in cui il governo Amato tosa i conti correnti del 6 per mille e attacca, per la prima volta, le pensioni. E’ l’autunno della manovra da 90.000 miliardi di lire: tra le altre cose, si attacca il principio che si possa andare in pensione con il sistema retributivo, in specifico con un assegno legato alla media degli stipendi degli ultimi 5 anni, e si allunga la base di calcolo a 10 anni, per ridurre l’importo del trattamento. Continued…

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Sul diritto del lavoro nella Seconda repubblica

Comprendere l’evoluzione (in peggio) del diritto del lavoro negli ultimi trent’anni costituisce un fondamentale strumento di comprensione della situazione presente e un importante bagaglio teorico per qualunque militante rivoluzionario.

Questo articolo di Simone Bisacca, pubblicato sul n. 6/2024 di “Collegamenti” ne delinea un quadro sintetico ma efficace.

La produzione legislativa in materia di diritto e processo del lavoro dal 1997 (c.d. Pacchetto Treu – governo Prodi I) al 2023 (decreto lavoro del 1 maggio 2023 – governo Meloni) ha ratificato lo spostamento dei rapporti di forza tra capitale e lavoro a favore del capitale avvenuta a partire dagli anni ’80 e ne ha accresciuto la dinamica.
Secondo i dettami del liberismo, compito dello Stato è rimuovere ogni impedimento alla libera determinazione dei prezzi anche nel mercato del lavoro e alla possibilità dell’impresa di soddisfare il proprio fabbisogno di manodopera con la massima flessibilità.
Flessibilità declinata sia in entrata che in uscita, con effetto di precarizzare la condizione dei lavoratori; la contropartita teorica della flessibilità avrebbe dovuto essere l’aumento di occasioni di lavoro e quindi la diminuzione della disoccupazione, ma la relazione tra i due fattori resta indimostrata e gli unici effetti certi sono stati l’aumento delle diseguaglianze sociali e la diminuzione della conflittualità sul posto di lavoro.
Il mercato del lavoro, del resto, è componente dell’economia che, banalmente, sconta gli andamenti macroeconomici ed è mistificatorio attribuirvi poteri taumaturgici rispetto al benessere complessivo della società. L’insistenza sulla flessibilità ha avuto la funzione, attraverso la precarizzazione, di frantumare e disciplinare i lavoratori, comprimendo i salari e consentendo quindi il mantenimento di un certo margine di profitti per le imprese anche in periodi di crisi. Continued…

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DOMANDE DI OGGI SUL SINDACALISMO DI BASE A PARTIRE DA OLTRE 30 ANNI ADDIETRO

Articolo di apertura del n. 6/marzo 2024 di “Collegamenti”, scritto da Cosimo Scarinzi

Credo sia necessario, quando ci si interroga sul sindacalismo di base oggi, tenere presente il fatto che si tratta di un assieme di organizzazioni, di militanti, di lavoratrici e lavoratori che esiste ormai dall’inizio degli anni ’90 e di una vicenda per molti versi complicata.

Ovviamente il sindacalismo di base non sorge dal nulla, già negli anni precedenti vi erano alcune organizzazioni sindacali alla sinistra dei sindacati istituzionali e, soprattutto, vi sono stati negli anni ’80 importanti movimenti di massa fuori dal controllo di questi sindacati nella scuola, nei trasporti, nella sanità; ma un’ipotesi consistente di sindacalismo alternativo data, appunto, dall’inizio degli anni ’90.

È bene domandarsi quali siano le condizioni sociali e politiche che determinano questa situazione. Continued…

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