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Stoppardi, Omaggio a Izzo

OMAGGIO A IZZO, MARSIGLIESE

Jean Claude Izzo nasce il 20 giugno 1945, a Marsiglia, da padre italiano e madre di origine spagnola. Frequenta una scuola tecnica, il liceo dei Remparts, in boulevard de la Corderie, dove ottiene un diploma di tourne-fraiseur (tornitore-fresatore). Inizia prestissimo a scrivere storie e poesie. A 16 anni, con amici, apre un locale notturno a la Plaine, che durerà pochi mesi. Nel 1963 entra come commesso alla libreria “la Clairère” in rue Grignan. Si avvicina al movimento Pax Christi (movimento cattolico per la pace).

Nel 1964, parte per il servizio militare, dapprima a Toulon, poi in un battaglione disciplinare a Djibouti. Fa uno sciopero della fame durante il quale perde 15 chili. In questo stesso periodo si occupa di fotografia e scrive per il giornale dell’arma.

Al suo ritorno a Marsiglia, nel 1966, riprende il suo lavoro e l’attività a Pax Christi. Vi incontra Marie Hèlene Bastianelli. Insieme entrano al PSU (Partito socialista unificato). Continua a scrivere poesie.
Nel giugno 1968, Izzo si candida alle elezioni legislative a Marsiglia nelle liste del PSU, poi ad agosto aderisce al PCF (Partito comunista). Sposa Hèlene nel marzo 1969 e si stabilisce in rue Nau a Marsiglia. In seguito, continua a militare attivamente nel PCF e collabora a «La Marseillaise Dimanche», inserto del quotidiano comunista.

Nel 1970, con sua moglie, lascia Marsiglia e si stabilisce a Saint Mitre les Remparts, piccolo villaggio nei pressi della città. Pubblica la sua prima raccolta di poesie Poèmes à haute voix presso P.J.Oswald. Trova lavoro come bibliotecario al Comité d’Entreprise de BP Lavéra e continua a collaborare a «La Marseillaise». Inizia a pubblicare i suoi primi lavori.

Nel 1972 è assunto come giornalista a «La Marseillaise» e cura una pagina speciale quotidiana dedicata alla costruzione del cantiere de Fos.

Alla fine del 1979 lascia il PCF e si separa da sua moglie. Qualche mese più tardi, all’inizio del 1979 lascia anche il lavoro a «La Marseillaise». Vive precariamente per un anno.

Gli anni successivi, per Izzo sono densi di accadimenti: cambia spesso lavoro, abitazione, compagne di vita, è attivo in campo culturale e, soprattutto, continua a scrivere.

Il vero successo, in questo campo, arriverà, però, solo nel 1995 con la pubblicazione di Total Khéops (Casino totale), il primo della trilogia di Fabio Montale, che ottiene un gran successo e diversi premi. Raggiunta la notorietà, scriverà, in seguito, alcuni dei suoi libri più belli. L’ultimo, Le Soleil des Mourants (Il sole dei morenti) è del settembre 1999, quando Izzo è già gravemente ammalato. Morirà, il 26 gennaio 2000, dove era nato, a Marsiglia.

Le opere, la trilogia di Montale

Relativamente poco è stato tradotto di Izzo in italiano: la trilogia di Montale (“Casino totale”, “Chourmo” e “Solea”), i romanzi “Marinai perduti” e “Il sole dei morenti”, e la raccolta di racconti “Vivere stanca”. Manca tutta la produzione poetica e diverse altre opere di narrativa. Non bisogna dimenticare che Izzo si è cimentato anche come autore teatrale, scrittore di sceneggiature di film, autore di testi in antologia, articoli su riviste, prefazioni e testi di canzoni. Ma il poco editato in Italia è di ottima qualità e ha avuto un grande successo – anche se le due cose non sono usualmente legate. Ho scelto di occuparmi della trilogia per un paio di buoni motivi: il primo è che Fabio Montale, il protagonista ex-poliziotto, è indubbiamente l’alter ego di Izzo. Molti sono gli elementi autobiografici: dalle origini italiane, al servizio militare svolto a Gibuti, al profondo amore per Marsiglia, dove Montale (come Izzo) trascorre quasi tutta la sua vita. Il secondo motivo è che la trilogia, al di là degli elementi noir, sviluppa un affresco su una realtà sociale e urbana tipicamente mediterranea e che riflette – in uno specchio deformante, ma facilmente riconoscibile – quella della città in cui vivo. Ma ritornando agli aspetti più specificamente letterari dell’opera di Izzo, vorrei rimarcare il mio (parziale) disaccordo con alcuni giudizi che ne sono stati dati. La sostanza di questi è che Izzo sia stato un naif romantico. Indubbiamente lo stile della scrittura di Izzo, nervoso e fatto di frasi brevi e secche, può far pensare all’immediatezza di una narrazione non decantata dalla riflessione. In realtà la “ruvidezza” della scrittura è perfettamente adeguata all’incalzare degli avvenimenti, alle angosce e alle paure del protagonista e appare come una meditata scelta stilistica. Allo stesso modo non mi convince la tesi che presenta Izzo come “l’ultimo dei romantici”, a meno che non ci si metta d’accordo sul significato di questo termine abusato. In Montale i “sentimenti” (amore, odio, specialmente il primo) sono assolutamente sommessi, sembrano aver esaurito il loro ciclo e persino la nostalgia per gli amori perduti (siano donne o la città che non c’è più) o il rimpianto per quelli impossibili è venata da una tale stanchezza che ne ottunde la possibile dolcezza. Predominano le emozioni, è vero, quelle apparentemente forti (la paura e l’angoscia per la sorte degli amici, l’orrore per la morte violenta – e molto materiale – di chi gli sta intorno, il disgusto per la corruzione – morale, politica e materiale – del milieu che lo circonda) che non concedono controllo, ma sono emozioni talmente vivide che prendono alla gola, allo stomaco, prima che entrare in testa o essere metabolizzate per una qualunque risposta. Se questo è essere “romantici”, allora siamo d’accordo. Per quanto mi riguarda, Izzo è uno scrittore efficace, maturo e (nonostante i limiti espressivi imposti dal genere noir) completo.

 

Marsiglia e la Provenza

Si potrebbe dire che la città è la vera protagonista della trilogia. Capitale della Provenza, terra degli antichi liguri piombati lì da chissà dove, un migliaio di anni prima delle invasioni celta, greca, fenicia, romana, ecc., Marsiglia è stata regina del Mediterraneo. Oggi, grande porto decaduto, come Liverpool e Genova, è, nella rappresentazione di Izzo, ancora una porta aperta verso paesi lontani, protesa sul mare (il Pontos dei greci), similmente a “una donna che si offre a che arriva dal mare” (come scrive Izzo in “Marinai perduti”, citando il mito della principessa ligure Gyptis che si concede a Protis, il navigante di Phocea). Una porta dalla quale si potrebbe fuggire, ma che per lui, come per tanti altri marsigliesi, è un passaggio a senso unico, dal quale si riversano, a ondate successive, uomini e donne d’ogni parte del mondo. Così alla vecchia immigrazione italiana (i nabos e gli hobis, meridionali e settentrionali) e a quella tradizionale corsa, si sono via via succedute quella spagnola, quella caraibica, i pieds noir, i magrebini, e chi più ne ha ne metta, fino agli ultimi “barbari” provenienti da ogni angolo del mondo. La topologia, la sociologia, l’economia della città sono state sconvolte: l’area portuale “riqualificata” tramite speculazioni edilizie e ambiziosi progetti; i vecchi portuali, base elettorale del PCF e dei socialisti, espulsi dal lavoro (come i camalli del porto della mia città) bivaccano nei bar; i vecchi quartieri popolari stravolti nella composizione sociale; i buoni marsigliesi evacuati nei paesini dell’hinterland; i beurs (i giovani magrebini) sciamano dalle cités in bande microcriminali o si affiliano all’integralismo; la tradizionale fisionomia politica di sinistra della città è profondamente cambiata (in un piccolo inciso, Izzo-Montale rievoca le bandiere rosse e nere della Comune del ’71): il Fronte nazionale lepennista fa incetta di voti anche negli strati popolari e la maggior parte dei giornali ne amplifica le parole d’ordine xenofobe e razziste (interessante, quanto preoccupante, la tesi di Izzo dell’oggettiva convergenza tra l’estrema destra e i “barbuti” – gli integralisti); la droga e i traffici legati la fanno da padroni, la mafia vi prospera e la polizia è mediamente corrotta. In questo quadro, assolutamente realistico, si sviluppa la trilogia di Montale, poliziotto poi ex, pescatore dilettante, buongustaio e grande bevitore, in una sorta di itinerario conradiano verso le sorgenti del fiume. Locali sul lungo porto, bettole e bistrot dove i vecchi giocano alla bélote, palestre, stazioni di polizia, quartieri magrebini, luoghi di ammazzamenti, sono le tappe del faticoso percorso di Montale, dove si affollano personaggi di tutti i tipi, prevalentemente stanchi, amareggiati o angosciati. Montale non è un poliziotto sui generis e nemmeno, uscito dalla polizia, il tipo dell’investigatore privato a cui siamo abituati dalla letteratura gialla o noir, anche se, volendo, ricorda certi tratti dei personaggi di Dashiell Hammet e Raymond Chandler, una sorta di Philip Marlowe mediterraneo, senza pistola, molto meno violento e molto più dolente. E’ un poveraccio inseguito dal passato che arranca nelle strettoie del presente, schivando la morte che si abbatte implacabilmente intorno a lui.

 

La morte e la vita

Ed è appunto la morte, in tutte le sue manifestazioni, prevalentemente cruente, il filo conduttore della narrazione di Izzo. Montale è una specie di re Mida al contrario, tutto ciò che tocca appassisce, tutti quelli che lo circondano (vecchi e nuovi amici, vecchie fiamme e nuovi amori) sono colpiti, ammazzati o braccati. Nell’incipit della trilogia muoiono ammazzati Ugo e Manu, due amici di gioventù di Montale (il primo di origini italiane, il secondo spagnolo – un richiamo di Izzo ai genitori?), il primo per mano di malavitosi, il secondo ucciso dalla polizia. Da lì in poi è un crescendo di vicende drammatiche che coinvolge tutti quelli che stanno intorno all’ex poliziotto: le sue donne (il suo grande amore, Lole; la giornalista Babette; la giovane magrebina Leila; la bellissima vietnamita Cûc; la prostituta antillana Marie-Lou; la cugina Gelou, “bella come Claudia Cardinale”; la dolce Sonia, di origini italiane; la poliziotta Hélène), quei pochi ex colleghi onesti (Pérol, Loubet, Beroud e la commissaria Hélene Pessaire), gli amici di sempre (Felix il pescatore, Mavros ex pugile). La morte può assumere le sembianze di qualche mafioso (Battisti, Narni, Bruscati) o di qualche poliziotto corrotto e fascista, ma, sembra dirci Izzo, è Montale che se la porta dietro, come la punizione per una colpa senza nome ma con tante facce: quella di essere nato povero, quella di essere stato un giovane criminale, quella di aver cercato di fare il poliziotto in modo diverso, quella di essersi inaridito, o forse quella di amare ancora la vita.

Ci sono, però, dei momenti, nei romanzi della trilogia, in cui la vita si impone e relega la morte in disparte. Le passeggiate lungo le calanches, la sua piccola casa a Le Goudes a due passi dal mare, le notti in barca a pescare, la buona cucina dell’amica Honorine, i vini, la compagnia del vecchio Fonfon, l’amore per Lole, sono per Montale un’ancora di salvezza, per quanto temporanea e fragile.

Vorrei, quindi, concludere questo omaggio, in modo un po’ eterodosso e sicuramente non politically correct, disegnando un breve quadro della cucina provenzale (e dei suoi vini) così come la rappresenta Izzo nei suoi romanzi. Perchè, come scrive lui stesso: “Mi dicono a volte che i miei libri sono neri e pessimisti, ma il più bel complimento che spesso mi hanno fatto è dirmi che quando si finisce di leggerli viene una maledetta voglia di vivere” e, aggiungo io, di godere dei più elementari e pieni piaceri e sapori che questa vita ci può offrire.

 

I sapori e i profumi, il mangiare e il bere

 

ZUPPA AL PESTO (MINESTRA AL BASILICO): Ce ne sono diverse varianti. Quella di Honorine è: Fagioli bianchi e rossi, patate. Cuocere in acqua. In seguito aggiungere polpa di pomodori sbollentati nell’acqua di cottura, pasta corta e pasta lunga (maccheroni) e alla fine il pistou (pesto provenzale). Il pistou si prepara pestando basilico e aglio nel mortaio con un po’ di sale grosso, in seguito aggiungere olio e alla fine formaggio grattugiato.

 

LASAGNE AL SUGO: Cuocere il finocchio in acqua salata con un po’ di burro. Soffriggere cipolla, aglio e peperoncino. Aggiungere un cucchiaio di aceto e pomodori sbollentati e tagliati a cubetti. Aggiungere acqua. Quando il sugo si è ritirato, aggiungere il finocchio. Usare il sugo per condire le lasagne.

 

PEPERONI RIPIENI: Riempire i peperoni con carne di manzo, salsiccia, riso, sale e pepe. Metterli in un tegame di terracotta, ricoprire d’acqua. Mettere a cuocere a fuoco basso. In seguito aggiungere salsa di pomodoro, timo, alloro e santoreggia. Lasciare cuocere a lungo, sempre a fuoco basso, senza coperchio. A fine cottura aggiungere un po’ di panna.

Note: Preferibilmente peperoni piccoli, aperti dall’alto e rinchiusi con stecchini. Il riso è meglio portarlo a metà cottura prima. Mettere i peperoni ripieni nel tegame diritti e affiancati in modo che non si abbattano e che l’acqua non penetri all’interno. L’acqua a pelo perché non entri nei peperoni. Tempo 3-4 ore.

 

BACCALA’ BOLLITO CON AIOLI: Cuocere i filettoni di baccalà in acqua con finocchio e pepe.

Aioli: Pestare in un mortaio diversi spicchi d’aglio con un poco di sale grosso. Mescolare il puré ottenuto con due rossi d’uovo, un poco di succo di limone e un poco d’acqua, aggiungere olio a poco a poco, mescolando sempre nello stesso senso (come per la maionese).

Servire il baccalà bollito con l’aioli come condimento.

Note: Mi sembra preferibile lo stoccafisso (merluzzo essiccato e fatto rinvenire in acqua corrente) al baccalà (merluzzo salato, dissalato in acqua). Probabilmente la traduttrice era vicentina: si sa che da quelle parti si confonde il baccalà con lo stoccafisso.

 

ALTRI PIATTI CITATI E RICOSTRUITI (QUANDO POSSIBILE):

Focaccia ripiena di prosciutto e mozzarella (variante del calzone)

Tortino di acciughe: riporto la ricetta della torta de anchiöe genovese. Pulire le acciughe eliminando testa e lisca. Preparare un impasto con aglio tritato, prezzemolo, due filetti d’acciuga, uova, maggiorana, origano, pane grattugiato, olio, sale e pepe. Disporre uno strato d’acciughe in una teglia oliata, ricoprire con l’impasto e disporre un altro strato d’acciughe. Ricoprire con pane grattugiato e un filo d’olio. In forno per 15-20 minuti.

Pizza ai calamari (variazione della sardenaira del ponente ligure).

Frittelle di puré di ceci (i cucculli genovesi).

 

Spaghetti al pesto (pistou)

Zuppa di pesce, ce ne sono un’infinità di varianti per tipi di pesce e per consistenza e lavorazione: dalla marsigliese Bouillabaisse, alla Soupe corse, a quelle liguri (dal bagnun al ciupin), al caciucco livornese. Quella indicata da Izzo prevede Scorfano, Gallinella, Sampietro, Coda di rospo, Pesce ragno, Fragolino, Pesce cappone, Donzella, Granchio (opzionale Aragosta), ma non è specificata la modalità di preparazione.

 

Orata alla griglia, con timo, alloro e olio d’oliva.

Spigola alla griglia, farcita con finocchio e condita con olio

Sardine marinate: La sardina è un pesce saporito quanto difficile, dubito che la marinatura classica in limone abbia risultati decenti. Riporto dunque una mia ricetta di marinatura in aceto (aggiadda) che è un mix delle Anciöe a-a axöuadda genovesi e delle Sardelle in Saòr venete: Pulire le sarde, asciugarle, passarle in farina e friggerle. Preparare l’axöuadda, facendo soffriggere un paio di spicchi d’aglio in olio, toglierli e soffriggere un trito di cipolla, aggiungere aceto, vino bianco, alloro, pepe in grani e qualche chiodo di garofano. Disporre in una terrine le sarde a strati alternandole con l’axöuadda. Consumare dopo 24 ore.

Ricci di mare con zafferano.

 

Insalata di pomodori, mozzarella, capperi, acciughe, olive nere, olio.

Insalata di tonno con patate novelle, olio.

Lingue di merluzzo marinate in olio, con prezzemolo e pepe.

Verdure farcite: Pomodori, zucchine, melanzane.

 

Paté di acciughe spalmato sul pane con aggiunta di aglio tritato (versione ligure: due acciughe salate, prezzemolo, due spicchi d’aglio, capperi 20 g., pinoli 50 g., olive di riviera, due tuorli d’uovo, mollica di pane, un cucchiaio di aceto, sale e pepe).

Pane a fette spalmato d’aglio e pomodoro (variante della bruschetta).

Bottarga di muggine (uova di muggine essiccate e pressate – esiste anche nella versione di tonno).

Oursinade: salsa composta da ricci di mare (oursins), burro, rossi d’uovo, sale, pepe.

Salsa d’aglio e peperoncino: sembrerebbe la Rouille provenzale (salsa composta da rossi d’uovo, aglio, olio d’oliva, peperoncino, sale, pepe, zafferano, vino bianco, prezzemolo).

 

BEVANDE:

 

Pastis (a Marsiglia è molto consumato il Ricard) con ghiaccio e aggiunta di acqua fredda. Anche nella versione mauresque (aggiunta di sciroppo d’orzata).

Whisky: Prevalentemente scozzesi e torbati (Lagavullin, Oban, Glenmorangie).

Grappa: Bunan (La Cadièr).

Vini rosé: Saint-Cannat, Tempier, Bandol (Domaine de Cagueloup)

Vini bianchi: Cassis (Clos Boudard, Fontcreuse), Tempier, Clos-Cassivet

Vini rossi: Bandol (Domaine Pibarnon), Tempier

 

Bibliografia in italiano:

Casino totale (Ed. e/o, 1999 – Trad. di Barbara Ferri)
Chourmo. Il cuore di Marsiglia (Ed. e/o, 2000 – Trad. di Barbara Ferri)
Marinai perduti (Ed. e/o, 2001 – Trad. di Franca Doriguzzi)
Vivere stanca (Ed. e/o, 2001 – Trad. di Franca Doriguzzi)
Solea (Ed. e/o, 2001 – Trad. di Barbara Ferri)
Il sole dei morenti (Ed. e/o, 2000 – Trad. di Franca Doriguzzi)

Nota: Per la bibliografia completa in lingua originale consultare il sito: http://www.girodivite.it/antenati/xxisec/_izzo.htm da dove ho anche tratto i cenni biografici

 

Jean Stoppardi