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Jean Barrot, Fascismo/Antifascismo

FASCISMO/ANTIFASCISMO

di Jean Barrot

 TOTALITARISMO E FASCISMO

Gli orrori del fascismo non furono i primi del loro genere, né saranno gli ultimi; e non furono nemmeno i peggiori, checché si possa dire. Non furono peggiori dei “normali” massacri delle guerre, delle carestie… Per i proletari, furono una versione più sistematica degli orrori provati nel 1832, 1848,1871,1919… Ad ogni modo, il fascismo occupa un posto speciale nella fiera degli orrori. In quel periodo, a dir la verità, alcuni capitalisti e buona parte della classe politica erano repressi, di concerto con la leadership e perfino la base delle organizzazioni ufficiali dei lavoratori. Per la borghesia e la piccola borghesia, il fascismo era un fenomeno anormale, un degradamento dei valori democratici spiegabile soltanto col ricorso a motivazioni psicologiche. L’antifascismo liberale considerò il fascismo come una perversione della civilizzazione occidentale, generante un effetto inverso, ossia la sadomasochistica fascinazione nei confronti del fascismo manifestata attraverso la collezione di cianfrusaglie naziste. L’umanismo occidentale non ha mai capito che le svastiche indossate dagli Hell’s Angels riflettono l’immagine della propria visione del fascismo. La logica di questo comportamento può essere così semplificato: se il fascismo è il Male estremo, allora che si scelga il male, che si rovescino tutti i valori; un fenomeno, questo, tipico di un’età disorientata.

La analisi marxista consueta non s’impantana certo nella psicologia: l’interpretazione del fascismo come strumento del grande capitale è divenuta un classico da Daniel Guérin, ma la serietà di questa analisi cela un errore centrale. La maggior parte degli studi “marxisti” conserva l’idea che, nonostante tutto, il fascismo sarebbe stato evitabile nel 1922 o nel 1933: il fascismo viene ridotto ad uno strumento usato dal capitalismo ad un certo momento. Secondo questi studi il capitalismo non si sarebbe mutato in fascismo se il movimento dei lavoratori avesse esercitato una pressione sufficiente piuttosto che mostrare il suo settarianismo- naturalmente non ci sarebbe stata una “rivoluzione”, ma, quantomeno, all’Europa sarebbe stato risparmiato il Nazismo, i campi, eccetera. Nonostante alcune osservazioni assai accurate sulla classi sociali, lo Stato, la relazione fra fascismo e grande economia, questa prospettiva riesce a smarrire il punto che il fascismo è stato il prodotto di un doppio fallimento: la sconfitta dei rivoluzionari che furono distrutti dai socialdemocratici e dai loro alleati liberali, seguita dal fallimento dei liberali e dei socialdemocratici ad amministrare efficacemente il Capitale. La natura del fascismo e la sua ascesa al potere rimangono incomprensibili senza lo studio delle lotte di classe del periodo precedente e dei loro limiti. Non si può comprendere l’uno senza l’altro.

Non è accidentale che Guerin abbia commesso un errore non soltanto in merito al significato del fascismo, ma ance riguardo al Fronte Popolare Francese, che lui considera una “rivoluzione mancata”.

Paradossalmente, l’essenza della mistificazione antifascista è questa: i democratici occultano la natura del fascismo per quanto è possibile, mentre mettono in campo un radicalismo apparente nel denunciarlo qui, là e in ogni dove. Questo continua da cinquant’anni.

Boris Souvarine scrisse, nel 1925: “Fascismo qui, fascismo là. Action Française- è fascismo. Il National Bloc- è fascismo…ogni giorno degli ultimi sei mesi. L’Humanité ci serve una nuova sorpresa fascista. Un giorno uno smisurato titolo di testa di sei colonne strombazza: il Senato fascista nell’anima. Un altra volta, il rifiuto di una casa editrice a pubblicare un giornale comunista viene denunciato: attacco fascista…In Francia, oggi, non esistono né il Bolscevismo né il Fascismo, non più del Kerenskismo. Liberté e l’Humanité si compiacciono dell’uso di questa parola; la congiura fascista che si appronta per noi non è ancora nata, le condizioni oggettive per la sua esistenza non si sono ancora realizzate…Non si può abbandonare il campo alla reazione- ma non è necessario battezzare questa reazione come fascismo per combatterla.”

In un tempo di inflazione verbale, “fascismo” è soltanto una parola d’ordine usata dalle sinistre per dimostrare il loro radicalismo, ma il suo utilizzo indica sia confusione che una concessione allo Stato e al Capitale: l’essenza dell’antifascismo consiste nella lotta contro il fascismo non in vista della distruzione del capitalismo, ma per forzare il capitalismo a rinunciare alla sua forma totalitaria. Il socialismo viene identificato con la democrazia assoluta, e il capitalismo con la crescita del fascismo, le antinomie proletariato/ Capitale, comunismo/lavoro salariato, proletariato/Stato, vengono messe da parte a favore dell’antinomia “Democrazia/Fascismo”, presentata come la quintessenza della prospettiva rivoluzionaria. L’antifascismo riesce soltanto a mescolare i due fenomeni: il “Fascismo” propriamente detto, e l’evoluzione del Capitale e dello stato attraverso il totalitarismo. Nel confondere questi due fenomeni, nel sostituire la parte con il tutto, la causa del Fascismo e del totalitarismo sono mistificate e si finisce per rinforzare ciò che si cerca di combattere.

Non possiamo affrontare l’evoluzione del capitale e le forme totalitarie denunciando il “Fascismo latente”; il Fascismo è stato un particolare episodio nell’evoluzione del Capitale attraverso il totalitarismo, un’evoluzione in cui la democrazia ha giocato e ancora gioca un ruolo controrivoluzionario tanto quanto il Fascismo. E’ incorretto parlare oggi di un fascismo non violento, “amichevole” che lascerebbe intatti gli organi tradizionali del movimento dei lavoratori. Il fascismo fu un movimento limitato nel tempo e nello spazio. La situazione in Europa dopo il 1918 era associata con l’unificazione economica e politica del Capitale, una tendenza che è divenuta generale a partire dal 1914. Il Fascismo fu un tipo particolare di realizzazione di tale obiettivo in certi paesi- Italia e Germania- dove lo Stato si era dimostrato inetto a stabilire l’ordine

(così come era inteso dalla borghesia), benché, dopotutto, perfino la rivoluzione fosse stata debellata. Il Fascismo ha le seguenti caratteristiche: 1) nasce nelle strade 2) crea disordine mentre predica l’ordine 3) è un movimento della classe media obsoleta che si compie con la loro distruzione più o meno violenta 4) rigenera dall’esterno lo Stato tradizionale che è incapace di risolvere la crisi capitalista.

Il Fascismo fu una soluzione alla crisi dello Stato durante la transizione verso il dominio totale del Capitale sulla società. Le organizzazioni dei lavoratori di un certo tipo furono necessarie per soggiogare la rivoluzione, ulteriore fascismo veniva richiesto per porre una fine al conseguente disordine. La crisi non fu mai davvero superata dal fascismo: lo Stato fascista era efficiente soltanto in maniera superficiale, in quanto si basava sull’esclusione sistematica delle classi lavoratrici dalla vita sociale.

Questa crisi venne superata con maggiore successo dallo Stato di oggi. Lo Stato democratico usa tutti gli strumenti del fascismo- in realtà, li utilizza in misura maggiore, poiché integra le organizzazioni dei lavoratori senza annichilirle. L’unificazione sociale oltrepassa quella introdotta dal fascismo, ma il fascismo, come movimento particolare, è scomparso: corrispondeva alla disciplina forzata della borghesia sotto la pressione dello Stato in una situazione veramente unica.

La borghesia oggi ha preso in prestito il termine “fascismo” dalle organizzazioni dei lavoratori italiane che spesso si chiamavano “fasci”. E’ significativo che il fascismo si definisce innanzitutto una forma di organizzazione e non un programma; il suo solo programma era unire ogni persona ai fasci, costringere insieme tutti gli elementi costituenti la società: “Il Fascismo sottrae al proletariato il suo segreto: l’organizzazione. (…) Il Liberalismo è mera ideologia senza organizzazione; il Fascismo è organizzazione, senza ideologia.” (Bordiga). La dittatura non è uno strumento del Capitale, ma piuttosto una tendenza del Capitale che si concretizza quando necessario. Tornare alla democrazia parlamentare dopo un periodo di dittatura, come in Germania dopo il 1945, significa soltanto che la dittatura è inutile (fino alla prossima volta) per integrare le masse nello Stato. Non stiamo negando che la democrazia assicuri uno sfruttamento più gradevole che non la dittatura: chiunque preferirebbe essere sfruttato come uno svizzero, piuttosto che come un Brasiliano. Ma possiamo SCEGLIERE? La democrazia si trasformerà in dittatura non appena sarà necessario. Lo Stato ha un’unica funzione che può soddisfare in maniera democratica o dittatoriale; si può preferire la prima modalità alla seconda, ma non si può porre dei paletti allo Stato per forzarlo a rimanere democratico. Le forme politiche che il capitale si dà non dipendono dalle azioni della classe lavoratrice più di quanto non dipenda dai propositi della borghesia. La Repubblica di Weimar capitolò prima di Hitler- infatti lo accolse a braccia aperte. E il fronte Popolare in Francia non “prevenne il fascismo” perché la Francia, nel 1936, non aveva bisogno di unificare il suo Capitale o di sottomettere le sue classi medie. Simili trasformazioni non richiedono alcuna scelta politica da parte del proletariato.

Hitler viene criticato per aver preso dalla socialdemocrazia viennese della sua giovinezza soltanto i suoi metodi di propaganda. E con ciò? L’essenza del socialismo si può trovare più nei suoi metodi che non negli insigni scritti del Marxismo austriaco. Il problema comune della socialdemocrazia e del Nazismo fu come organizzare le masse e, se necessario, reprimerle. Furono i socialisti, e non i nazisti, a schiacciare le insurrezioni proletarie. (Questo non ingenera alcun pudore al moderno SPD, di nuovo al potere come nel 1919, nello stampare un francobollo in onore di Rosa Luxembourg- uccisa dal partito nel 1919). La dittatura sopraggiunge sempre dopo che i proletari sono stati sconfitti dalla democrazia con l’aiuto dei sindacati e dei partiti di sinistra. D’altro canto, sia il socialismo che il nazismo hanno contribuito al miglioramento (temporaneo) degli standard di vita. Come l’SPD, Hitler divenne lo strumento di un movimento sociale il cui contenuto gli sfuggì. Come l’SPD, lottò per il potere, per il diritto a mediare fra i lavoratori e il Capitale. E sia Hitler che l’SPD divennero gli strumenti del Capitale e furono accantonati una volta che i loro rispettivi compiti erano stati portati a termine.

 

ANTIFASCISMO – IL PEGGIOR PRODOTTO DEL FASCISMO

Dal periodo fra le due guerre, il termine “fascismo” è rimasto in voga. Quale gruppo politico non ha accusato i suoi avversari di utilizzare “metodi fascisti”? La Sinistra non cessa mai di denunciare un fascismo risorto, la Destra non si astiene dall’etichettare il PCF come “partito fascista”. Incarnando tutto e niente, la parola ha perduto il suo significato, da quando il punto di vista liberale internazionale descrive ogni stato forte come “fascista”; perciò le illusioni dei fascisti degli anni Trenta vengono riportate alla vita e presentate come realtà contemporanee. Franco proclamava il suo essere un fascista alla pari dei suoi mentori, Hitler e Mussolini, ma non c’è mai stata nessuna Internazionale fascista.

Se oggi i colonnelli greci e i generali cileni sono chiamati fascisti dell’ideologia dominante, tuttavia essi rappresentano varianti dello STATO capitalista. Applicare l’etichetta “fascista” allo Stato equivale a denunciare i partiti a capo di quello Stato; in tal modo si evita la critica dello Stato attraverso la denuncia di coloro che lo reggono. La sinistra cerca di rendere più genuino il proprio estremismo coi loro “dagli” al fascismo, mentre trascurano la critica dello Stato. In pratica stanno proponendo un’altra forma dello Stato (democratico o popolare) al posto della forma esistente.

Il termine “fascista” è ancora più irrilevante nei paesi capitalisti avanzati, dove i partiti Comunisti e Socialisti avranno un ruolo centrale in ogni futuro stato “fascista” che viene eretto contro un movimento rivoluzionario. In questo caso è molto più esatto parlare dello Stato puro e semplice, e lasciarne fuori il fascismo. Il Fascismo ha trionfato perché i suoi principi erano generalizzati: l’unificazione del Capitale e lo Stato efficiente- ma ai nostri tempi questo fascismo è scomparso, sia come movimento politico che come forma statale. Nonostante alcune rassomiglianze, i partiti considerati fascisti a partire dal 1945 (in Francia, per esempio, il RPF, il Poujadismo, per alcuni versi oggi il RPR) non avevano come obiettivo la conquista dall’esterno di uno Stato impotente.

Insistere su questa ricorrente minaccia del fascismo significa ignorare il fatto che il vero fascismo era ben poco adatto ai compiti che si era assunto e fallì: piuttosto che rafforzare il Capitale nazionale tedesco, il Nazismo finì a dividerlo in due. Oggi altre forme dello Stato sono venute alla luce, assai lontane dal Fascismo e da quella democrazia che sentiamo costantemente elogiare.

Con la Seconda Guerra Mondiale, la mitologia del Fascismo venne arricchita da un nuovo elemento. Questo conflitto fu la soluzione necessaria ai problemi economici (crisi del ’29) e sociali (classe lavoratrice riottosa che, anche se non rivoluzionaria, andava disciplinata). La Seconda Guerra Mondiale potrebbe essere descritta come una guerra contro il totalitarismo nella forma del fascismo.

Questa interpretazione non è mai stata accantonata, e la costante rievocazione da parte dei vincitori del ‘45 delle atrocità naziste serve a giustificare la guerra dandole il carattere di una crociata umanitaria. Tutto, perfino la bomba atomica, può essere giustificato contro un simile barbaro nemico; questa giustificazione è, ad ogni modo, non più credibile della demagogia nazista, che sosteneva di lottare contro il capitalismo e le plutocrazie occidentali.

Le forze “democratiche” racchiudevano fra le proprie file uno Stato che era totalitario e macchiato di sangue quanto al Germania di Hitler: L’Unione Sovietica di Stalin, con il suo codice penale che prescriveva la pena di morte dall’età di dodici anni. Chiunque sa altrettanto bene che gli Alleati ricorsero a simili metodi di terrore e di sterminio quando ne supposero il bisogno (bombardamenti strategici, ecc.). L’Occidente attese fino alla Guerra Fredda per denunciare i campi sovietici. Ma ogni paese capitalista deve affrontare i suoi problemi specifici- la Gran Bretagna non ha alcuna Algeria con cui venire a patti, ma la divisione dell’India ha preteso milioni di vittime. Gli USA non hanno mai messo in piedi campi di concentramento per mettere a tacere i propri lavoratori e sistemare l’eccesso della piccolissima borghesia, ma ha trovato la propria guerra coloniale nel Vietnam: così come per l’Unione Sovietica, con i suoi gulag che vengono oggi denunciati in tutto il mondo, sono stati paghi di concentrare in pochi decenni gli orrori disseminati nei secoli dai paesi capitalisti più antichi, come è chiaro dai milioni di vittime solamente fra i Neri.

Lo sviluppo del Capitale porta con sè determinate conseguenze, di cui le maggiori sono: 1) dominio sulla classe lavoratrice, dominio che comprende la distruzione, garbata- o meno- del movimento rivoluzionario; 2) competizione con altri Capitali, che si concretizza nella guerra.

Quando il potere è nelle mani dei partiti “dei lavoratori”, muta solo una cosa: la demagogia operaista sarà più abbondante, ma al lavoratore non sarà risparmiata la più severa repressione quando sarà necessario. Il trionfo del Capitale non è mai totale come quando i lavoratori si mobilitano in sua vece alla ricerca di una “vita migliore”. Per proteggerci dagli eccessi del Capitale, l’antifascismo invoca, nell’ambito della condotta da seguire, l’intervento dello Stato. Paradossalmente, l’antifascismo diventa il campione di uno Stato forte.

Ad esempio, il PCF ci chiede: “Che genere di Stato è necessario in Francia oggi?…Il nostro Stato è stabile e forte, così come sostiene il Presidente della Repubblica? No, è debole, impotente a condurre la nazione al di fuori della crisi politica e sociale in cui è impantanata. In effetti, incoraggia il disordine.”

Sia la dittatura che la democrazia propongono un rafforzamento dello Stato: la prima la invoca come una questione di principio, la seconda per proteggerci – arrivando allo stesso risultato.

In entrambi i casi la questione è far partecipare ogni individuo alla società: “ dall’alto verso il basso” per i dittatori, “dal basso verso l’alto” per i democratici.

Considerando dittatura e democrazia, si può parlare di una lotta fra due frazioni del Capitale sociologicamente differenziate? Piuttosto, stiamo considerando due metodi differenti di irreggimentare il proletariato, integrandolo con la forza, o riunendolo attraverso la mediazione delle “sue” organizzazioni. Il Capitale predilige l’una o l’altra di tali soluzioni a seconda del bisogno del momento: in Germania, dopo il 1918, la socialdemocrazia e i sindacati erano indispensabili per controllare i lavoratori e isolare i rivoluzionari; d’altra parte, dopo il 1929, la Germania dovette concentrare la sua industria, eliminare una sezione della classe media, e disciplinare la borghesia; lo stesso movimento tradizionale dei lavoratori, che difendeva il pluralismo politico e gli interessi immediati dei lavoratori, era divenuto un impedimento ad uno sviluppo ulteriore. Le organizzazioni “dei lavoratori” appoggiarono il capitalismo lealmente, ma avevano mantenuto la loro autonomia: in quanto organizzazioni, aspiravano innanzitutto a perpetuare se stesse. Ciò fece sì che giocassero un ruolo effettivamente antirivoluzionario nel 1918-1931, come dimostra il fallimento della rivoluzione tedesca. Nel 1920 le organizzazioni socialdemocratiche presentano il primo esempio di un antifascismo antirivoluzionario

(prima che il fascismo esistesse col suo nome). Di conseguenza, il peso acquistato da queste organizzazioni, all’interno della società quanto dello Stato, fece sì che incarnassero un conservatorismo sociale di Malthusianesimo economico- dovevano essere eliminate. Avevano adempito una funzione anticomunista nel 1918-1921 in quanto espressione della difesa del lavoro salariato: ma questa stessa logica impose loro di continuare a rappresentare gli interessi immediati dei salariati, a detrimento della riorganizzazione del Capitale nella sua totalità.

Si comprendere perché il Nazismo avesse come obiettivo la distruzione violenta del movimento dei lavoratori, al contrario dei cosiddetti partiti fascisti odierni- questa è la differenza cruciale; la socialdemocrazia aveva compiuto la sua missione di addomesticare i lavoratori a puntino, fin troppo. la socialdemocrazie aveva occupato un’importante posizione nello Stato, ma non era in grado di unificare l’intera Germania alle sue spalle: questo è stato il compito del Nazismo, che sapeva bene come trascinare con sè tutte le classi, dai disoccupati ai monopolisti.

Allo stesso modo, l’Unidad Popular in Cile era in grado di controllare i lavoratori, ma senza riuscire a unire l’intera nazione attorno a sè; per questo fu necessario rovesciarla con la forza. Al contrario, non c’è (ancora?) stato alcuna repressione di massa in Portogallo dal Novembre del 1975, e se il regime proclama di stare proseguendo la “rivoluzione degli ufficiali”, non è perché il potere della classe lavoratrice e le organizzazioni democratiche hanno impedito un colpo di stato da parte della Destra. I partiti di sinistra e i sindacati non hanno mai fatto nulla di simile, tranne quando il colpo di stato era prematura, per esempio nel 1920, colla sommossa di Kapp. Non c’è un Terrore Bianco in Portogallo perché non è necessario: il Partito Socialista, fino ad oggi, ha successo nell’unificare l’interezza della società alle sue spalle.

Che lo si ammetta o meno, l’antifascismo è divenuto la forma necessaria del riformismo operaio quanto capitalista: unisce i due proclamandosi io rappresentante del vero ideale della rivoluzione borghese, tradita dal Capitale. La democrazia viene concepita come un elemento del socialismo, un elemento già presente nella nostra società; il Socialismo è immaginato come totale democrazia. La lotta per il socialismo consisterebbe nel conquistare sempre maggiori diritti democratici all’interno della cornice del capitalismo;

con l’aiuto del capro espiatorio del fascismo, il gradualismo democratico viene portato a nuova vita. Fascismo e antifascismo condividono la medesima origine e il medesimo programma, ma laddove il primo proclama di trascendere il Capitale e le classi, il secondo si vanta di pervenire alla “vera” democrazia borghese che è infinitamente perfettibile mediante l’aggiunta di dosi sempre più massicce di democrazia. In realtà, la democrazia borghese è uno stadio nella presa del potere da parte del Capitale, e il suo prolungamento all’interno del XX secolo ha portato come risultato il crescente isolamento degli individui. Nata come l’illusoria soluzione al problema della separazione fra società e attività umane, la democrazia non sarà mai in grado di risolvere il problema della società più frammentata dell’intera storia, l’antifascismo terminerà sempre con l’incremento del totalitarismo; la sua lotta per uno Stato “democratico” si concluderà con un rafforzamento dello Stato.

(Jean Barrot, 1979 – Trad. di Nora)