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Pietro Ferrero: un breve profilo biografico

Riportiamo, dal n. 6/2024 di “Collegamenti per l’organizzazione diretta di classe” un breve profilo biografico dell’anarchico Pietro Ferrero, trucidato a Torino dalle squadracce fasciste.

Nello stesso numero una articolata ricostruzione dell’assassinio scritta da Tobia Imperato e un inquadramento storico e bibliografico scritto da Franco Schirone.

Pietro Ferrero, busto alla Camera del lavoro di Torino

Pietro Ferrero (Grugliasco, 12 maggio 1892 – Torino, 18 dicembre 1922) aderisce giovanissimo al movimento anarchico, partecipa all’agitazione contro la condanna a morte del pedagogista libertario Francisco Ferrer a agli inizi del 1910 è, insieme a Maurizio Garino, tra i fondatori della “Scuola moderna”, un circolo culturale che promuove lezioni conferenze e dibattiti.
Nel gennaio 1912 FIOM e Consorzio automobilistico torinese sottoscrivono un accordo, duramente contestato dai non iscritti al sindacato, perché, in cambio del “sabato inglese” (sabato pomeriggio libero) introduce la trattenuta sindacale obbligatoria e altre norme peggiorative. Ferrero aderisce al Sindacato Unico Metallurgico, creato dai sindacalisti rivoluzionari, e partecipa allo sciopero durato oltre due mesi. L’agitazione però si conclude con una grave sconfitta e l’esperienza negativa convince Ferrero della necessità di adottare la linea dell’unità sindacale all’interno della FIOM, linea che, insieme a Garino, manterrà sempre ferma anche dopo la costituzione dell’Unione Sindacale Italiana nel novembre 1912.

Il 1913 segna il rientro di molti anarchici nell’organizzazione confederale torinese ed è coronato da una vertenza vittoriosa nel settore auto.
La guerra vede Ferrero (come molti altri operai considerati essenziali alla produzione non è stato chiamato alle armi) condurre una decisa propaganda contro la collaborazione del sindacato allo sforzo bellico che si sostanzia nel “Comitato di mobilitazione industriale”. Nel 1918 viene assunto come meccanico alla FIAT e l’anno successivo eletto segretario della sezione torinese della FIOM.

Nell’infuocato dopoguerra la FIAT torinese è al centro dell’esperienza dei “consigli di fabbrica”, le commissioni interne (appena costituite a livello nazionale sulla base dell’accordo del 19 febbraio 1919 tra FIOM e Confindustria) travalicano le loro competenze, che dovrebbero essere meramente sindacali, vengono eletti dei commissari di reparto e costituito un “Comissariato centrale dei Consigli” con il compito di coordinare le attività dei diversi consigli di fabbrica. Il 1° novembre 1919 la Sezione torinese della FIOM (ormai dominata da anarchici e socialisti massimalisti) adotta l’odg Boero-Garino, favorevole alla “costituzione dei Consigli operai di fabbrica, mediante l’elezione dei Commissari di reparto”. I rapporti di collaborazione con il gruppo gramsciano de “L’Ordine nuovo” (che in realtà mira a fagocitare gli anarchici) sono ottimi.

Come segretario della FIOM locale Ferrero ha un ruolo di primo piano in tutte le agitazioni del “biennio rosso” torinese, a livello nazionale conduce una strenua battaglia all’interno della FIOM, mettendo sotto accusa la direzione riformista del sindacato, chiaramente inadeguata di fronte alla sfida rivoluzionaria che si prospetta e dichiara: “La rivoluzione si fa dalle masse, che agiscono per istinto. Bisogna lasciarle tentare” (Convegno nazionale FIOM Genova, maggio 1920). Anche nell’ambito del movimento anarchico sostiene la necessità di mettere in primo piano i consigli di fabbrica e il congresso dell’Unione Anarchica Italia (Bologna, luglio 1920) sulla base di una mozione presentata da Garino riconosce i consigli di fabbrica come “organi atti a inquadrare, in vista della rivoluzione, tutti i produttori del braccio e del cervello sul luogo stesso del lavoro ed ai fini dei principi comunisti anarchici; assolutamente organi antistatali e possibili nuclei della futura gestione della produzione industriale ed agricola” pur evidenziando che “continuando ad esistere la società attuale subirebbero l’influenza moderatrice ed accomodante di questa” (“Umanità Nova”, 6 luglio 1920).

Ferrero è tra i sostenitori, a livello nazionale, della tattica dell’ostruzionismo per indurre gli industriali ad accogliere le rivendicazioni operaie e successivamente è instancabile animatore del movimento di occupazione delle fabbriche e del tentativo di trasformarlo in una spallata rivoluzionaria, opponendosi alla linea della dirigenza riformista desiderosa di mantenere la vertenza sul piano meramente sindacale.
Dopo il cedimento confederale che affossa il movimento in cambio di effimeri miglioramenti salariali e dell’illusorio “controllo operaio” promesso da Giolitti (19 settembre 1920) Ferrero combatte strenuamente contro il tentativo riformista di “normalizzare” la FIOM torinese considerata “in mano ai comunisti” (il 21 gennaio 1921 a Livorno il PSI si è spaccato ed è nato il Partito Comunista d’Italia). Nel frattempo cresce incontenibile in tutta Italia la violenza fascista, spalleggiata dall’azione repressiva della magistratura e delle forze dell’ordine.
Ferrero sarà tra le vittime della violenza fascista. Mussolini si è da poco insediato alla presidenza del consiglio quando, il 18 dicembre 1922, le squadre di Pietro Brandimarte conducono una feroce rappresaglia a Torino. Numerose sono le vittime. Pietro Ferrero viene sorpreso nei locali della Camera del Lavoro e percosso fino alla morte.
Il suo cadavere, completamente sfigurato e irriconoscibile, verrà abbandonato ai piedi della statua di Vittorio Emanuele II. I responsabili rimarranno impuniti.
Nell’articolo di Tobia Imperato vengono presentati documenti che gettano nuova luce sulle circostanze dell’omicidio del militante anarchico.

FONTI:

Maurizio Antonioli, Ferrero Pietro, Dizionario biografico degli anarchici italiani,

https://www.bfscollezionidigitali.org/entita/13386-ferrero-pietro?i=1

Giuseppe Sircana, Ferrero Pietro, Dizionario biografico degli italiani,

https://www.treccani.it/enciclopedia/pietro-ferrero_(Dizionario-Biografico)/?search=FERRERO%2C%20Pietro

 

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