Dal n. 6/2024 di “Collegamenti per l’organizzazione diretta di classe” pubblichiamo questo articolo di Stefano Borroni Barale con importanti proposte di lotta per il mondo della scuola.
Rifiutare la formazione obbligatoria è un poderoso primo passo. Siamo pronti per il successivo?
“Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria.” – Filippo Tommaso Marinetti, “Manifesto del Futurismo”, 1909
La transizione digitale (1) a marce forzate, iniziata con lo stanziamento l’anno scorso di 2,1 Miliardi di euro per l’acquisto di laboratori e aule “digitali” entra ora nel vivo, con un programma di formazione dei docenti mastodontico. È la fase che l’ex Ministro Bianchi aveva definito “riaddestramento” del corpo docente (2). Per fortuna questo passaggio sembra risvegliare almeno una minoranza di docenti dal loro torpore: giungono echi di ribellione da alcuni collegi docenti (quello del Liceo Socrate, così come dell’IIS Di Vittorio Lattanzio, a Roma), che fortunatamente hanno rigettato il programma di formazione al digitale previsto dal D.M. 66.
L’impressione, però, è che manchi ancora una visione d’insieme, anche tra queste minoranze critiche. Certo, abbiamo compreso che i piani di formazione ministeriali (Piano Nazionale Scuola Digitale – PNSD e Piano Scuola 4.0, per citare solo gli ultimi) hanno dell’innovazione tecnologica un’idea talmente antidiluviana che vi si possono scorgere elementi di una retorica “neo-coloniale”, quella che poneva al centro l’uomo bianco, maschio e cristiano pronto a salpare per conquistare e sottomettere la natura selvaggia e incolta grazie alla forza della tecnologia, portando –grazie a questa– la civiltà “in salsa digitale”. Manca però, da parte nostra, una pars construens solida abbastanza da riuscire a imporre narrazioni e percorsi alternativi verso il futuro.
Certamente la cultura non procede con i tempi della tecnologia, sarebbe folle aspettarselo. Quello che sostengo, però, è che alcuni strumenti di analisi hanno visto la luce quasi un secolo fa, per essere poi abbandonati, in parte perché troppo avanzati per l’epoca, in parte per colpa dell’azione nel tempo degli inventori del termine “intelligenza artificiale” e della visione del mondo brutalmente riduzionista ad essa collegata. Il problema dell’impatto sociale della tecnologia dell’informazione e della comunicazione, è stato infatti oggetto dell’analisi di veri e propri giganti del pensiero: Norbert Wiener con la sua Cibernetica, Marshall McLuhan e Lewis Mumford con le loro teorie sociologiche, solo in apparenza opposte, del villaggio globale e della megamacchina (3).
I tempi sono maturi per riscoprire la lezione contenuta nei lavori di questi pensatori, iniziati negli anni trenta del novecento, alla luce dell’evoluzione di Internet e della terza ondata della cosiddetta “intelligenza artificiale” (che altro non è se il frutto degli studi dello stesso Wiener sulla Cibernetica) per provare a tracciare una linea d’azione differente, liberandoci tanto del mito dell’età dell’oro della scuola che da un tecno-entusiasmo talmente ridicolo da richiamare alla memoria il Manifesto del Futurismo.
1. Rifiutare la formazione all’uso dei prodotti di Big Tech
Come detto poc’anzi la mia prima reazione di fronte alla notizia del rifiuto della formazione obbligatoria4 ex D.M. 66 espresso dai CD del Di Vittorio Lattanzio e del Socrate è stata un’immediata sensazione di sollievo. Piuttosto che accettare acriticamente la “soluzione unica” rappresentata dai prodotti delle poche mega-imprese americane (i cosidetti GAFAM)(5), che rappresentano tra l’altro l’oggetto della stragrande maggioranza dei corsi presenti sul portale “Scuola Futura” del Ministero dell’Istruzione e del Merito, sicuramente era meglio sottrarsi. Ma subito dopo, ecco riemergere il dubbio: per quanto tempo sarà possibile sottrarsi? Davvero è possibile “stare fuori dai giochi”, soprattutto sapendo che l’età dell’oro della “bella scuola di una volta” non è altro che un mito, una leggenda? Continued…
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