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FRANCIA: Uno sciopero efficace ed inatteso (sia dalla SNCF che dai sindacati) 23-25 dicembre 2022

Da “Collegamenti” n. 5 un articolo di G. Soriano sulle lotte dei ferrovieri francesi

Il contesto

La fine del 2022 vede un contesto europeo di forte inflazione – intorno all’8% – ma meno pronunciata in Francia, dove per il momento ci troviamo in media – ufficialmente – intorno al 4,7% (5,2% secondo l’INSEE); la perdita di potere d’acquisto per i salariati si aggirerebbe per ora intorno al 2,7%. Gli ultimi dati di dicembre parlano di un’inflazione superiore al 6%. Chi frequenta i supermercati per la spesa settimanale, constata piuttosto aumenti che si aggirano intorno al 15%, come sarà confermato dalle trattative tra industrie agroalimentari fornitrici e grande distribuzione nei primi mesi del 2023.

Dopo l’estate abbiamo avuto vari scioperi settoriali sulla questione dei salari. Durante l’anno circa 700 000 salariati avevano avuto un bonus legato ai profitti dell’impresa, con una media di 710 euro.

Dopo l’estate c’è stata una infinità di piccoli scioperi, in particolare nel mondo della scuola, che ha subito attacchi feroci, tagli drastici e repressione. In ottobre sembrava che gli scioperi delle raffinerie, che hanno determinato una penuria generalizzata di carburante su scala nazionale, potessero estendersi ad altri settori che erano già in agitazione: centrali nucleari, distribuzione dell’elettricità e del gas, ospedali, ma il sufflè è ricaduto nel giro di una decina di giorni e tutto è rientrato sotto il controllo del governo, che ha ripreso l’iniziativa.

Negli ultimi mesi dell’anno è stata varata la riforma del trattamento della disoccupazione: il numero di mesi di lavoro indispensabili per ottenerla viene aumentato, i sussidi vengono ridotti ed in particolare vengono colpite le fasce più deboli. Contemporaneamente aumentano le radiazioni degli iscritti alla disoccupazione (Pôle Emploi). Basta non rispondere ad una chiamata, o aver mal riempito un formulario, per essere espulsi o sospesi. Sembra che tutto venga messo in atto per ridurre il numero ufficiale dei disoccupati. Sotto Natale viene a galla un nuovo codicillo del nuovo progetto di legge che entra in vigore dal 1° febbraio: oltre ad una riduzione del 25% della durata delle indennità di disoccupazione, se la disoccupazione scende sotto il 9%, si scopre che il governo ha previsto una ulteriore riduzione del 40% del sussidio se il livello della disoccupazione (attualmente al 7,3%) dovesse scendere sotto il 6%. Alcuni pensano che tutti si concentreranno sulla contestazione di quest’ultima misura e nessuno parlerà più del 25% già varato, ed è quello che avviene. Il 3 gennaio questa proposta sparisce dal progetto governativo di riforma, ma ha probabilmente raggiunto il suo scopo. Nei fatti il governo toglie soldi ai disoccupati per darli alle imprese che utilizzano lavoro precario a tempo parziale.

Il sistema ospedaliero pubblico è sull’orlo del baratro, a causa delle condizioni di lavoro particolarmente dure che sono state messe in luce dall’epidemia di Covid (la riduzione del numero dei letti disponibili è continuata anche durante l’epidemia), i salari sono bassi ed insoddisfacenti, il personale sempre più scarso, tra le infermiere che se ne vanno perché non reggono più i ritmi ed il personale sospeso perché ha rifiutato la vaccinazione obbligatoria. La logica del governo sembra essere quella di peggiorare la situazione perché in seguito i pazienti siano pronti ad accettare la privatizzazione della salute, presentata come la soluzione per ogni problema. I medici di base – anche loro in numero sempre più ridotto a causa del numero chiuso delle facoltà di medicina – entrano pure loro in sciopero chiedendo il raddoppio degli onorari pagati dalla Sécurité Sociale.

La battaglia seguente riguarda una promessa della campagna elettorale di Macron: una riforma delle pensioni col passaggio dell’età pensionabile da 62 a 64 o 65 anni (1). Il progetto precedente – che il governo precedente, presieduto da Edouard Philippe, non era riuscito a portare a termine nel 2019-2020 – prevedeva una pensione a punti, e la soppressione di vari regimi speciali. La CGT e Sud erano contro, la CFDT favorevole. Il problema attuale del governo Borne è che tutti i sindacati sono uniti e contrari all’aumento dell’età pensionabile. La destra è disposta ad appoggiare il governo pur criticandolo perché non va abbastanza lontano. NUPES et RN si oppongono, ma se il governo utilizza l’articolo 49.3 – come l’ha fatto 10 volte di seguito negli ultimi mesi per far approvare il bilancio dello Stato e della Sécurité sociale – la riforma potrebbe passare in parlamento (2). Cosa che poi farà. Le direzioni sindacali pensano che molto dipenderà dal livello di mobilitazione nelle piazze e dall’appoggio dell’opinione pubblica, sono assai prudenti e sembrano riservare le loro forze per questa battaglia.

Sul terreno dei trasporti pubblici, c’è la prospettiva di apertura alla concorrenza alla RATP alla fine 2024-inizio 2025. Le condizioni di lavoro sono peggiorate in parte a causa dell’aumento delle dimissioni, ma i conducenti dicono che è la RATP che cerca di provocarle o di aumentare i licenziamenti per arrivare più leggera al momento della privatizzazione rendendo più appetibile il “lotto” privatizzato per le imprese che lo recuperano. La conseguenza pratica è che i conducenti sono sempre più stressati, le loro ore di lavoro aumentano mentre il loro numero diminuisce; i loro salari restano al palo, salvo alcuni bonus per le ore straordinarie. E ovviamente aumentano anche le ore di sciopero per chiedere condizioni di lavoro più accettabili.

Nell’attesa di una ulteriore tappa nella privatizzazione dei servizi, la SNCF è sempre più informatizzata: il controllore resta uno dei rari umani ad avere contatti con i passeggeri. È lui che annuncia i ritardi, che controlla i biglietti, che verifica che i gabinetti funzionino (o no), che si occupa di tutti i problemi di sicurezza durante il viaggio.

C’è un preavviso di sciopero che copre tutte le feste, anche se nessuno lo utilizza, e che copre legalmente eventuali scioperanti. Lunedì 19 dicembre Sud e CGT decidono di non indire lo sciopero, lasciando liberi i ferrovieri di scioperare se lo desiderano. Il collettivo dei controllori prende allora l’iniziativa e decide di organizzare realmente lo sciopero per i due fine-settimana di Natale e Capodanno.

Il ministro dei trasporti aveva promesso treni ed aerei per le feste. Viene contraddetto in pieno dagli scioperanti.

I controllori e la loro lotta autorganizzata

Il collettivo nasce nel giugno 2022 in maniera autonoma su Facebook, con due obiettivi principali: che il loro lavoro venga riconosciuto ed i loro salari migliorati, due questioni su cui non si sentono tutelati dai sindacati. Dopo alcuni mesi, riunisce circa 5.000 controllori su 10.000 (3).

Una foto storica: lo sciopero dei ferrovieri del 18 dicembre 1986

Dato che i ferrovieri sono obbligati ad annunciare in anticipo se si mettono in sciopero, la SNCF annuncia a sua volta la soppressione di un treno su due sull’asse nord della Francia, di due treni su tre sulle tratte verso l’Atlantico ed il Mediterraneo, di tre su quattro verso l’Est. Sugli 800.000 viaggiatori che hanno acquistato i loro biglietti, circa 200.000 resteranno senza treno. I giornali si consolano annunciando che questo sciopero dovrebbe avere un’ampiezza minore di quello del 2 dicembre, dove 6 TGV su 10 erano rimasti fermi, e cominciano a chiedersi come mai direzione e sindacati sono a questo punto incapaci di prevedere e rispondere alle rivendicazioni espresse da questo settore dei ferrovieri.

L’8 dicembre, ad una riunione tra direzione, collettivo e sindacati, la SNCF aveva proposto un bonus di 600 euro annuali (38,50 mensili), rifiutato seccamente dai controllori.

Si crea una situazione piuttosto complicata: la pagina Facebook del collettivo viene piratata con la creazione di falsi profili di aderenti e il voto viene falsato, i sindacati mantengono il loro preavviso, senza far niente perché venga messo in pratica, la direzione chiama quadri e capetti a sostituire gli scioperanti con lo scopo di limitare i danni e sono i controllori che – individualmente – decidono o no di mettersi in sciopero. Si profila un sondaggio a grandezza naturale.

I TER (treni regionali) possono viaggiare senza controllore, dato che utilizzano le telecamere per verificare la chiusura delle porte, ma non i TGV, dove la presenza del controllore è indispensabile e sono quindi le tratte più lunghe che vengono più colpite dallo sciopero.

Molti passeggeri continuano a sognare il “natale con i tuoi”, mentre la SNCF promette di rimborsare al 200% i biglietti dei treni soppressi.

La CFDT e Sud continuano a coprire il collettivo dei controllori, non foss’altro che per non perdere il contatto con la base, permettere la loro partecipazione alle trattative e favorire il rientro dello sciopero. Si rendono conto che l’indebolimento dei sindacati produce scioperi “di mestiere” che fino ad allora venivano integrati e controllati all’interno di rivendicazioni più generali. Questo rigurgito di autonomia non viene visto come un fenomeno positivo.

La maggior parte dei media si scatena parlando di viaggiatori “presi in ostaggio” e denunciando gli spaventosi privilegi dei ferrovieri in generale e dei controllori in particolare. Se guardiamo un po’ più da vicino scopriamo che di privilegi ce ne sono assai pochi.

mobilitazione contro la riforma delle pensioni

Salario: intorno ai 2000 euro netti, inferiore al salario mediano francese. Arriva fino a 3000 lordi aggiungendo le indennità per i fine settimana, 40 fine settimana lavorati, le notti, l’impossibilità di dormire a casa, e questi straordinari non vengono contabilizzati per la pensione.

Ferie: 28 giorni, come la maggior parte degli altri salariati francesi, più 22-23 giorni di RTT (réduction du temps de travail); in altri termini, dato che lavorano 39 ore alla settimana e che gli orari di lavoro sono ufficialmente per tutti di 35 ore, ne recuperano una piccola parte sotto forma di giorni aggiuntivi (come tutti gli altri salariati).

Pensione: per conduttori e controllori (viaggianti) l’età pensionabile passa da 50 a 52 anni, mentre per i sedentari passa da 50 a 57, ma occorrono 27 anni di servizio per poterlo fare e ovviamente non si tratta di pensioni complete. In realtà, fino ad ora, secondo la cassa pensioni della SNCF, la pensione viene presa mediamente a 54 anni e 4 mesi per i viaggianti e 59 anni e 5 mesi per i sedentari, restando un po’ più vantaggiosa dell’età prevista dalla riforma come pure di quella della maggior parte dei salariati.

Va detto infine che lo statuto dei ferrovieri (che li proteggeva dalle angherie della loro gerarchia) è stato soppresso per tutti gli assunti a partire dal 1° gennaio 2020.

Vale la pena di spendere qualche parola su questa riforma che modifica in profondità la situazione dei ferrovieri (4). Arrivata dopo tre mesi di scioperi, viene approvata definitivamente in senato il 14 giugno 2018; prevede – oltre alla soppressione dello statuto per i nuovi assunti – la trasformazione della SNCF in società anonima a capitale pubblico, l’apertura alla concorrenza per i treni regionali e per i TGV (alta velocità); lo Stato recupera inoltre il grosso debito delle società ferroviarie (7,9 miliardi per la SNCF e 46,6 per le infrastrutture). Il capitale della società resta nelle mani dello Stato, ma niente indica che non sarà mai privatizzata.

Gli annullamenti di treni si susseguono il 23, 24 e 25 dicembre. I viaggiatori che speravano di passare il Natale a casa dei parenti sono furiosi, costretti a rinunciare o a trovare soluzioni di ripiego con Bla-bla-car, servizi di co-voiturage, autobus, taxi. Gli ingorghi si moltiplicano su strade ed autostrade. Se la prendono con i ferrovieri, ma anche con i sindacati, la SNCF ed il governo, che sono stati incapaci di prevedere gli scioperi. I media ed i partiti di destra si scatenano, lanciando false informazioni sui privilegi di cui godrebbero i ferrovieri, l’irresponsabilità e l’egoismo dei sindacati (che sono imbarazzati visto che non possono sconfessare la loro base ma che non condividono la scelta di scioperare), l’incompetenza del governo e chiedono ulteriori leggi restrittive dello sciopero, precettazioni, multe, repressione.

La mancata vittoria contro l’Argentina ai mondiali non contribuisce a calmare gli spiriti.

Ministri e parlamentari mettono la pressione su Jean-Pierre Farandou, PDG della SNCF. La direzione riceve i sindacati il 22 dicembre. È troppo tardi per evitare la soppressione dei treni a Natale, ma hanno qualche giorno per evitarla per capodanno. Sud Rail comincia dicendo che non bisogna stupirsi se spuntano collettivi come quello dei controllori, visto che le ordinanze di Macron hanno eliminato il 70% dei delegati sindacali, sopprimendo i vecchi comitati d’impresa, quelli di igiene e sicurezza, e riunendo i restanti in un solo ed unico “comitato sociale ed economico”. Non ha torto, dato che uno degli effetti di questo restringersi del numero dei delegati è la riduzione della capacità di comprensione – e soprattutto di controllo – dei sindacati rispetto alle tensioni che maturano alla base.

Il fatto che il tasso di sindacalizzazione francese sia il più basso d’Europa non migliora il clima delle imprese: 7-8%, finanziato soprattutto da Stato, parastato ed imprese (5), fa sì che la loro capacità di prevenire e controllare i conflitti sia in effetti ridotta e che più di una volta debbano saltare sul treno in corsa di lotte iniziate alla base. Che queste vadano fuori dai binari sindacali, dalla loro ideologia o dai loro calcoli strategici, è un effetto di cui questi ultimi devono tener conto.

I controllori vogliono un miglioramento del loro statuto e delle loro condizioni di lavoro. Vogliono che sia riconosciuto il loro carattere di personale viaggiante, come i conduttori, e che almeno una parte degli straordinari che debbono fare per i fine settimana o le assenze da casa vengano riconosciute nel conto dei giorni di ferie e delle pensioni. Chiedono un avanzamento di carriera automatico che gli permetta di andare in pensione al livello più alto, che viene ancora calcolata sulla base degli ultimi 6 mesi di salario. Nel 2005 una donna controllore era stata violentata e i tre quarti dei controllori aveva firmato una petizione, fuori dai sindacati, chiedendo un miglioramento del loro statuto ed una maggiore tutela. Inascoltati, avevano fatto uno sciopero assai riuscito nel 2006, ma la CGT era contraria ed aveva organizzato dei picchetti anti-sciopero nelle stazioni di Parigi. Questa opposizione non è stata dimenticata da molti salariati. Alcuni ferrovieri più anziani si ricordano ancora dello sciopero del 1986, in cui i controllori avevano lasciato salire gratis i viaggiatori ed avevano subito delle sanzioni a causa dell’illegalità di questa pratica, e soprattutto del fatto che si erano organizzati autonomamente, dando vita a due coordinamenti extra sindacali.

La direzione propone di creare un “direttore del personale di bordo” a cui i controllori possano rivolgersi, il riconoscimento delle specificità del loro lavoro, delle assicurazioni sulle possibilità di carriera e 160 posti supplementari che si aggiungono alle 350 assunzioni previste per il 2023. Le indennità passerebbero da 600 a 720 euro annui. L’UNSA accetta immediatamente, firma l’accordo e ritira il suo preavviso di sciopero. La CFDT considera lo sciopero come ingiustificato. CGT e Sud Rail si fanno discreti: non proclamano lo sciopero, ma coprono gli scioperanti ed accompagnano le loro rivendicazioni di fronte alla direzione. Alla fine, si allineano anche loro e tolgono i preavvisi di sciopero già depositati per Capodanno.

Il 24 i media annunciano che un accordo è stato trovato tra direzione SNCF e sindacati, che dicono di aver negoziato con la benedizione del collettivo dei controllori: verrà creata una direzione nazionale, mettendo fine alla frammentazione locale attuale, viene accordata un’indennità pensionabile di 720 euro, e saranno assunti 200 controllori supplementari.

Un delegato nazionale di Sud Rail dirà :”Quel che è stato ottenuto avrebbero potuto darlo a novembre e non ci sarebbero stati questi scioperi”.

Vari media attribuiscono l’organizzazione autonoma dei controllori all’esempio dei gilets jaunes (ed in questo non hanno torto, anche perché molti di loro hanno partecipato al movimento) ed all’utilizzo dei social, come la creazione di un gruppo Facebook, che gli avrebbe permesso di organizzarsi per conto loro senza passare attraverso i sindacati.

Qualcuno ha parlato di “uberizzazione” degli scioperi.

Ovviamente dimenticano – come pure vari specialisti che vengono chiamati a discettare su questi “preneurs d’otages” – che gli scioperi ancora più lunghi e più duri del 1986 (6) hanno avuto luogo non solo contro un accordo sindacale sulla griglia dei salari firmato dalla CGT ed un aumento della pressione sui conduttori dei treni (ufficialmente un esame per garantire maggiore sicurezza), ma in assenza di social, utilizzando il telefono ed i mezzi di comunicazione allora esistenti, e soprattutto i contatti diretti.

La relazione con i sindacati non è semplice: i controllori hanno lasciato passare le elezioni sindacali di fine novembre, dove il livello di partecipazione è stato piuttosto alto (circa i tre quarti, a differenza della funzione pubblica dove ha votato solo il 40%); hanno utilizzato i preavvisi di sciopero dei sindacati, che generalmente restano sulla carta, e più generalmente non si riconoscono nelle differenze tra un sindacato ed un altro, che risalgono spesso ad un’epoca in cui esisteva l’Unione Sovietica.

L’esempio dei controllori della SNCF ha rischiato di estendersi ad altri settori, come la RATP (trasporti urbani della regione parigina), dove in gennaio veniva segnalata l’attività di un collettivo di “regolatori” degli autobus, che organizzava degli scioperi su rivendicazioni specifiche del loro mestiere, contabilizzando adesioni che arrivavano quasi al 100%.

L’attività di questi collettivi spontanei, di mestiere, è stata oscurata dagli scioperi di intere categorie contro la riforma delle pensioni, ma tutto lascia pensare che – se questa lotta più larga dovesse registrare una sconfitta – organizzazioni più spontanee, alla base, con forme di azione più dure sul posto di lavoro, rischiano di mordere fortemente su una base sindacale che crede sempre meno alle forme tradizionali d’azione.

Dato che il diritto di sciopero è garantito dalla costituzione, la regolamentazione degli scioperi nei servizi pubblici lascia alcune faglie in cui i salariati possono incunearsi. Nelle ferrovie c’è una procedura di “raffreddamento” dei conflitti che devono essere annunciati con largo anticipo, segue una decina di giorni di trattative prima che un vero preavviso di sciopero venga depositato ed i ferrovieri devono pronunciarsi individualmente sulla loro partecipazione o meno almeno 4-5 giorni prima, per dare il tempo all’impresa di organizzarsi. Ma le precettazioni sono relativamente rare. È piuttosto nelle raffinerie, dove lo sciopero di poche persone rischia di bloccare veramente tutto il paese e di infliggere danni strutturali alle istallazioni, che le precettazioni vengono utilizzate, ma in misura numericamente ridotta, come si è visto durante gli scioperi nel mese di ottobre.

Il governo ha dunque approfittato dell’impopolarità di questo sciopero tra la popolazione per cominciare a riflettere sulla possibilità di riformare la legge del 2007 sui servizi minimi che devono essere garantiti, pur sapendo che non ha soluzioni a breve termine. E’ probabile che la sua azione si concretizzi sotto la forma di un ulteriore allungamento dei termini di preannuncio degli scioperi, ma rischia di scontrarsi con una azione sindacale più dura, influenzata dall’opposizione alla riforma delle pensioni, che implica – tra le altre cose – la soppressione del regime speciale dei ferrovieri.

Un’ultima considerazione che ha giocato sulla determinazione degli scioperanti a Natale, anche se l’informazione completa è arrivata due mesi dopo (ma le primizie cominciavano già a circolare): nel 2022 la SNCF ha realizzato un profitto netto di 2,2 miliardi euro, che secondo la direzione, dovrebbero contribuire ai lavori di ammodernamento della rete ed al pagamento della bolletta della corrente elettrica. E’ quindi normale che dei lavoratori abbiano pensato ad una migliore distribuzione di questi profitti che non dovevano andare esclusivamente nelle tasche dello Stato azionista.

G. Soriano Marzo 2023

Le informazioni su cui si basa questo articolo sono estratte dai principali media francesi (Le Monde, Libération, L’Humanité, Le Figaro, Mediapart, France Inter, France Info, France Culture), da siti militanti, o raccolte direttamente sul campo. Ho cercato ogni volta che era possibile di incrociarle e verificarle, ma non sempre mi è stato possibile e non mi stupirei se imprecisioni e contraddizioni fossero rimaste. Me ne scuso con i lettori.

Sigle

CFDT – Conféderation Démocratique du Travail. È diventata il primo sindacato dopo le ultime elezioni sindacali. Un po’ l’equivalente della CISL.

CGT – Conféderation Générale du Travail. È un po’ l’equivalente della CGIL.

INSEE – Institut National de la Statistique et des Etudes Economiques. Come l’ISTAT.

NUPES – Nouvelle Union Populaire Ecologique et Sociale. Alleanza parlamentare dei partiti di sinistra.

PDG – Président Directeur Général. Amministratore delegato.

RATP – Reseau Autonome des Transports Parisiens. Trasporti urbani a Parigi: metro, bus, tram.

RN – Rassemblement National. Partito di estrema destra. Il Front National che ha cambiato nome.

RTT – Réduction du temps de travail. È il recupero attribuito ai salariati dopo il passaggio dell’orario legale a 35 ore.

SNCF – Sociéte National des Chemins de Fer. Equivalente delle FS.

Sud – Solidaires, Unitaires, Démocratiques. È l’equivalente del sindacalismo alternativo, riunito in un solo sindacato.

TER – Train Express Régional (Treno regionale).

TGV – Train à Grande Vitesse (Alta velocità).

UNSA – Union Nationale des Syndicats Autonomes. Equivalente della UIL.

NOTE

(1) Negli ultimi 35 anni ci sono state 6 “riforme” delle pensioni, senza contare i tentativi non riusciti:

1987: la legge Seguin indicizza le pensioni sui prezzi e non più sul salario medio, con una secca riduzione.
1993: riforma Balladur, passaggio da 37,5 a 40 anni di contributi per il settore privato. La pensione sarà calcolata non più su 10, ma sui 25 migliori anni.
1995: riforma Juppé contro lo statuto dei dipendenti pubblici e dei regimi speciali. Respinta in gran parte dal movimento.
2003: riforma Fillon: allungamento progressivo dei contributi fino a 41,5 anni. Applicazione delle regole del regime generale alla funzione pubblica.
2010: riforma Woerth : porta l’età pensionabile da 60 a 62 anni, e fino a 67 per chi non ha 41,5 anni di contributi.
2013: riforma Hollande : aumento dei contributi fino a 43 anni per i nati a partire dal 1973.

(2) L’articolo 49.3 permette al governo di far passare una legge senza che venga discussa in parlamento. L’uso di questa procedura permette poi alle opposizioni di presentare una mozione di censura e togliere, eventualmente, la fiducia al governo in carica. Il che non è mai successo.

(3) Nell’articolo di H.S., “Une grève sauvage à la SNCF”, Echanges, n° 181, inverno 2022-2023, p.12, si parla di 7500 su 10000, alla fine di dicembre.

(4) Una buona sintesi dei contenuti della riforma si può trovare sul sito di Le Monde : https://www.lemonde.fr/les-decodeurs/article/2018/06/05/ou-en-est-la-reforme-de-la-sncf_5309990_4355770.html

(5) Il rapporto Perruchot, dal nome del senatore che lo aveva presentato nel 2009, mostra lo stato di dipendenza dei sindacati dal benvolere delle imprese e dai finanziamenti pubblici e privati, ed il peso ridotto dei soldi delle tessere. La pubblicazione di questo rapporto è stata vietata fino al 2012, quando il settimanale Le Point ne ha pubblicato il testo integrale : https://www.lepoint.fr/html/media/pdf/rapport-perruchot.pdf

(6) G. Soriano, “Lo sciopero corre sul treno più veloce d’Europa”, in : Collegamenti/Wobbly, n° 16, autunno-inverno 1985, p. 43-44, e Giovanni Maruzzelli, “Fermo calmo duro: lo sciopero dei ferrovieri”, in Collegamenti/Wobbly, n° 19, primavera 1987, p. 54-60.

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