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Il riso il pianto le lotte. Anarchismo nel Molinellese 1870-1950

Dal n. 5 di “Collegamenti”, novembre 2023 una recensione di Tobia Imperato al libro “Il riso il pianto le lotte. Anarchismo nel Molinellese 1870-1950” di Tomaso Marabini e Alessia Bruni Cavallazzi, Edizione Archivio Storico Popolare, Medicina (BO), 2022, Euro 20. (archiviostoricopopolare@gmail.com).

In questo corposo volume di circa 400 pagine gli autori ripercorrono la storia delle lotte che animano il territorio di Molinella dagli albori del movimento socialista fino agli anni del secondo dopoguerra, passando attraverso la dura repressione subita nel periodo fascista e, come dal titolo, ponendo l’accento sull’azione degli anarchici che, seppur minoritari rispetto alla componente socialista, svolgono un ruolo importante e, per la prima volta, studiato ed esplorato.

Ė la storia di un movimento contadino, sviluppatosi nella bassa bolognese al confine fra le province di Bologna e Ferrara (nel triangolo tra Molinella Budrio e Argenta), che con le sue leghe cerca di opporsi allo strapotere dei proprietari in maniera decisa e determinata e che, negli anni dello squadrismo, si trova a fronteggiare questi nuovi feroci alleati del padronato senza cedere mai e pagando un alto prezzo in morti e persecuzioni.

In questo pezzo di Emilia la tradizione socialista è quella predominante, ma si tratta di un socialismo con qualità e spirito combattivi, di tradizioni rivoluzionarie e libertarie, che deriva dall’azione di Andrea Costa e del suo Partito Socialista Rivoluzionario di Romagna, il quale – nonostante la scelta elettorale – conserva ancora velleità rivoluzionarie, di fatto un socialismo sostanzialmente diverso da quello turatiano che privilegia l’azione parlamentare rispetto alla lotta e all’azione diretta.

Il libro inizia con le lotte contro l’iniqua tassa sul macinato che fu una vera propria tassa sul pane, cioè l’alimento principale delle classi più povere, per proseguire con la battaglia per le otto ore lavorative fino agli inizi del Novecento, dove le lotte verranno in larga misura influenzate sia dagli anarchici che dai sindacalisti rivoluzionari, entrambi ben presenti nell’area molinellese, dove circola abbondantemente la loro stampa.

Abbiamo quindi “la conferma che nell’Italia tra Otto e Novecento le campagne furono tutt’altro che un contesto sociale politicamente più arretrato rispetto a quello urbano e industriale […]; d’altronde così era stato sin dal sorgere delle prime sezioni dell’Internazionale, col prevalere in Italia della tendenza bakuniniana rispetto a quella marxista, divise proprio sulla diversa valutazione delle potenzialità rivoluzionarie del proletariato rurale. […] Il quadro che emerge a Molinella e in altre località della provincia bolognese contraddice radicalmente il paradigma delle ‘classi subalterne’, evidenziandone invece una diffusa non-sottomissione. Lo testimoniano le percentuali di adesione al socialismo – ancora molto massimalista – sovente superiori a quelle dei centri operai, nonché diffuse forme di antagonismo e pratiche di resistenza che uscivano dal quadro della legalità borghese e del moralismo clericale, ma anche dalla mentalità riformista, incontrando invece su tale terreno il sindacalismo rivoluzionario e l’anarchismo”.

Tutte le lotte, gli scioperi, le manifestazioni sono sempre accompagnate dalla durissima repressione governativa che, causando morti e feriti, porta il movimento locale ad assumere – sulla stampa socialista e anarchica nazionale – un ruolo di punta per la determinazione e la radicalità espresse.

Un altro aspetto, forse ancora più dirompente rispetto a pregiudizi e sottovalutazioni storiografiche, è l’insorgere del protagonismo femminile negli scioperi e in ogni agitazione, anche estrema, specialmente contro le guerre e le imprese coloniali”.

Lo stesso Malatesta, su L’Agitazione, elogia la tenacia delle donne proletarie di Molinella che escono vittoriose da una vertenza con il padronato:

Le scioperanti di Molinella hanno vinto grazie alla loro ammirevole fermezza ed alla solidarietà delle popolazioni circonvicine, e malgrado che il governo avesse messo tutte le sue forze al servizio dei padroni”.

Il movimento molinellese è sempre in prima linea durante le agitazioni a carattere antimilitarista che attraversano la penisola nel periodo che va dalla guerra di Libia alla prima guerra mondiale: dalla campagna pro Masetti (il soldato anarchico che aveva sparato al proprio colonnello, poi rinchiuso in manicomio) alla settimana rossa, fino all’opposizione all’entrata in guerra dell’Italia. Questo, senza mai rinunciare contemporaneamente alla lotta contro i proprietari terrieri e i crumiri ingaggiati per stroncare la resistenza contadina e contro gli escomi, cioè lo sfratto dei coloni e delle loro famiglie che si erano macchiati del delitto di resistenza ai padroni.

Il primo dopoguerra coincide con il periodo più nero, che porterà alla disfatta e alla distruzione del movimento, come avverrà del resto in tutta Italia con l’affermarsi del fascismo, ma il prezzo che paga il proletariato di Molinella è altissimo. Si sa che gli agrari furono i più generosi a sovvenzionare lo squadrismo in funzione antisciopero e che, in tutte le località dove i contadini erano organizzati, le leghe (persino le cattoliche leghe bianche) subirono un feroce attacco da parte degli sgherri in camicia nera.

Quello che caratterizza Molinella, a differenza d’altre parti d’Italia, è la perfetta sintonia d’intenti tra tutte le forze della sinistra (i socialisti, guidati da Giuseppe Massarenti, e gli anarchici) sull’uso dell’azione diretta.

Massarenti, organizzatore sindacale, fondatore di cooperative e sindaco di Molinella, si muove verso la realizzazione pratica del socialismo a livello locale proprio attraverso questo trinomio: cooperative comune e sindacato, tanto da creare nel territorio di Molinella “un’oasi di socialismo”. Lo stesso Borghi, segretario dell’USI, sindacato che non gode di grande rappresentatività in zona, non esita ad affermare su Guerra di Classe:

Giuseppe Massarenti

Noi siamo di quelli che non hanno mai diminuito la propria stima a Giuseppe Massarenti, per le canagliate che contro lui dicevano i moralisti della stampa borghese. Siamo di quelli anche che non hanno mai fatto le smorfie per i sistemi forti e anche violenti che si usavano a Molinella nelle agitazioni operaie. Siamo invece sempre solidali con tali sistemi”.

Appare quindi evidente come il totale radicamento nel territorio, l’unità di classe e la determinazione nel perseguire i propri obiettivi del movimento molinellese fossero una spina nel fianco per gli agrari, che usarono lo squadrismo fascista come un ariete per scompaginarlo.

Lo studio di Massarenti viene incendiato e devastato mentre lui riesce a stento a sfuggire all’aggressione nell’estate 1921, proprio nei giorni in cui i dirigenti del PSI firmano con i fascisti lo scellerato Patto di pacificazione. L’accordo, come del resto avviene in ogni parte d’Italia, è rispettato solo dai socialisti mentre gli attacchi alle sedi e le aggressioni ai militanti si susseguono incessantemente.

Le aggressioni in grande stile proseguono anche dopo la marcia su Roma. Il fascismo, ormai al governo, pretende ora di fascistizzare le campagne, cercando in tutti i modi di allontanare i contadini dalle proprie leghe di resistenza per farli aderire alle leghe fasciste. E per questo non cessano gli assalti e le aggressioni.

In questo periodo (1926) il neonato Partito Comunista, non riuscendo ad attecchire nel Molinellese, su L’Unità attacca il movimento con futili pretesti accusandolo di essere sotto la direzione riformista. Oltre a Massarenti gli rispondono i lavoratori stessi, con una lettera sottoscritta da ben 764 molinellesi:

Gli operai di Molinella sanno così ben scegliere i loro dirigenti da non aver bisogno di consigli né da destra né da sinistra […] e non hanno mai chiesto ad essi a quale partito appartenessero, tant’è vero che alcuni furono e sono anarchici. Ad essi si è chiesto e si chiede capacità onestà e dirittura politica”.

Senza dubbio un bell’esempio di unità proletaria contro padroni e fascisti.

Gli anarchici, pur mantenendo la loro specificità sul piano politico sono altresì pienamente inseriti nella realtà locale sul piano sindacale. Scrive la Federazione Anarchica Molinellese in un comunicato di risposta ad alcuni giornali socialisti che insinuavano la presenza di ex anarchici nelle file fasciste:

Ad onor del vero teniamo a dichiarare quanto segue: nessun anarchico appartenente all’UAM è passato ai fasci. Benché non vi fosse nulla di straordinario anche se ve ne fossero passati, perché ai fasci ci sono passati degli anarchici, dei socialisti, dei comunisti, ecc. In Molinella è tutto il contrario. Gli anarchici vivono in mezzo all’organizzazione, e danno tutto per essa, ed ogni volta che i fascisti attaccano restano in gran parte coinvolti nelle retate […]. Gli organizzatori di Molinella che vivono a contatto con degli anarchici possono dire chi sono e che cosa fanno”.

Nella parte finale del libro vi si trova un’interessante rassegna di articoli tratti dai giornali anarchici del dopoguerra in difesa di Massarenti. L’apostolo del socialismo molinellese, perseguitato dal fascismo ormai divenuto regime, dopo 5 anni di confino, ridottosi in miseria e a dormire per strada, nel 1937 venne dichiarato pazzo da medici compiacenti il nuovo potere e rinchiuso in manicomio. Dopo la liberazione gli fu proposto di essere dimesso come ormai “guarito”, cosa che egli rifiutò, pretendendo gli fosse riconosciuto il torto fattogli dal regime con l’internamento. I partiti di sinistra si disinteressarono del suo caso che fu sostenuto solo dagli anarchici e da altri gruppi minoritari. Trasferito dall’ospedale psichiatrico in un ospedale ordinario, muore nel 1950 senza che gli venga mai riconosciuto Il fatto di essere stato non un malato mentale ma un perseguitato dal fascismo.

Per concludere il testo è corredato di un corposo e prezioso dizionario biografico (circa 300 schede) su numerosi militanti locali (diversi di loro saranno poi protagonisti di successive lotte contro il fascismo: dalla guerra di Spagna alla resistenza), appendice che sottolinea ulteriormente l’enorme lavoro di ricerca, su moltissime e svariate fonti, compiuto dagli autori.

Un libro veramente interessante, che ci permette di capire una realtà poco conosciuta ma di foriera di grandi insegnamenti, anche per le lotte di oggi.

 

 

 

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