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La Serbia in movimento

Da Collegamenti per l’organizzazione diretta di classe n. 9/Primavera 2025 riportiamo questa intervista a Jean-Arnault Dérens sulla vasta mobilitazione popolare in atto in Serbia (di cui i media mainstream parlano poco e in modo distorto)

Da diversi mesi la Serbia sta vivendo una potente mobilitazione sociale, che si sta gradualmente diffondendo in altri Paesi dei Balcani, ma che i media ignorano. Jean-Arnault Dérens, caporedattore del Courrier des Balkans (1), ne descrive e analizza le caratteristiche in questa versione condensata di un’intervista realizzata il 3 marzo per la trasmissione radio “Vive la sociale” (2).

Per cominciare, può farci una rapida sintesi di queste mobilitazioni?

La Serbia sta vivendo attualmente il più grande movimento sociale della sua storia recente, o almeno dalla caduta di Milosevic nell’ottobre 2000. È iniziato in modo quasi aneddotico, in reazione al crollo, il 1° novembre, della tettoia esterna della stazione ferroviaria di Novi Sad, la principale città del sud del Paese, che ha causato la morte di quindici persone. Questo disastro è stato subito percepito dalla popolazione locale come un simbolo della corruzione generalizzata delle autorità serbe, poiché la stazione, situata sulla linea ad alta velocità che dovrà collegare Belgrado a Budapest, era stata appena rifatta dalla società cinese che sta costruendo la linea, e quindi c’erano state delle malversazioni nell’appalto. Gli abitanti si sono subito mobilitati per denunciare la corruzione. Dopo le prime manifestazioni a Novi Sad nel mese di novembre, il movimento si è esteso ad alcune università e scuole superiori di Belgrado nelle settimane successive. Le violenze commesse da individui anonimi, senza dubbio sbirri del governo, hanno radicalizzato il movimento, spingendo altri studenti a muoversi, e dall’inizio di dicembre decine di facoltà e istituti superiori erano occupati – oggi sono circa una sessantina.

Questo movimento si è costruito a partire da queste facoltà occupate, la cui azione è diretta da plenum studenteschi, con una richiesta molto forte di democrazia diretta e di uguaglianza nella circolazione della parola. Non c’è un portavoce, non c’è un leader, è davvero un movimento che parte e si struttura dal basso, a partire da questi plenum studenteschi presenti in tutte le facoltà occupate. Allo stesso tempo, l’azione simbolica consiste nel riunirsi ogni giorno alle 11,52 per osservare quindici minuti di silenzio, talvolta bloccando strade e incroci in tutta la Serbia. Tutte le categorie sociali si riuniscono nelle principali città. È molto impressionante perché all’improvviso si fà il silenzio, le strade principali sono interrotte e centinaia o migliaia di persone, a seconda del luogo, rimangono immobili in silenzio per quindici minuti. Continued…

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La situazione negli Stati Uniti

Da Collegamenti per l’organizzazione diretta di classe n. 9 (primavera 2025) riportiamo queste considerazioni di Larry

Abbiamo ricevuto questi appunti sugli Stati Uniti da Larry, un compagno ben informato. Coprono i primi due mesi del mandato di Trump. Per l’importanza che attribuiscono alle reali contraddizioni del sistema americano, ma anche per il tono che adottano, lontano da ogni magniloquenza militante, ci sono sembrati meritevoli di essere pubblicati. Un testo più completo ed articolato, sarà pubblicato nel prossimo numero della rivista Temps Critiques.

[Ho deliberatamente omesso in questi appunti l’impatto di questa nuova presidenza sulla scena internazionale, un argomento vasto che meriterebbe un trattamento separato. – Ndr]

1) Gli Stati Uniti stanno vivendo una grande rivoluzione politica (non sociale o economica) , sicuramente la più importante almeno dai tempi del New Deal. Il sistema americano era già fortemente presidenziale, ma l’attuale concentrazione del potere nelle mani dell’esecutivo tende a ridurre gli altri organi – il Congresso, le corti, perfino la Corte Suprema – a un ruolo essenzialmente decorativo.

2) Il famoso sistema di controlli ed equilibri di cui gli americani vanno tanto fieri non è scomparso, ma procede a rilento. Sono in corso alcuni procedimenti legali che hanno portato a sospensioni di breve durata di determinati licenziamenti, ma non si tratta di casi particolarmente significativi. Quanto al Congresso, benché dominato dai repubblicani, i suoi membri dovrebbero in teoria difendere le proprie prerogative (ad esempio, il diritto di determinare l’esistenza, il ruolo e la composizione dei dipartimenti e di altre agenzie federali), salvo poi restare passivi, o meglio complici. Ricordiamo inoltre che, contrariamente a quanto comunemente si dice, se i “padri fondatori” si dotarono di un simile sistema di dispersione/moltiplicazione delle istanze del potere, non fu in alcun modo per tutelare i diritti del popolo, ma al contrario per proteggere le istituzioni della giovane Repubblica dalle rivolte popolari.

3) Il matrimonio tra una frangia del settore tecnologico e la destra MAGA ( Make America Great Again ) può sembrare assurdo, ma non lo è.

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VERSO IL REGIME A COLPI DI DECRETI SICUREZZA

Dal n. 9 (primavera 2025) di “Collegamenti per l’organizzazione diretta di classe” un intervento di Mauro De Agostini

Stavamo già impaginando questo numero di “Collegamenti”[vedi versione precedente dell’articolo] quando è arrivata la notizia del colpo di mano del governo. Per superare l’impasse nell’iter legislativo del DDL cosiddetto “Sicurezza” (dovuto peraltro principalmente a svarioni nell’indicazione delle coperture finanziarie) buona parte del disegno di legge è stato tradotto in un Decreto legge, adottato in mezz’ora dal consiglio dei ministri la sera del 4 aprile, ed entra quindi immediatamente in vigore il giorno dopo la sua pubblicazione sulla “Gazzetta ufficiale”.

È vero che – in teoria – il decreto sarebbe incostituzionale, dato che non è possibile ravvisare il “caso straordinario di necessità e urgenza” (art. 77 Cost.) che possa giustificare l’adozione per decreto di un provvedimento da mesi all’esame del Parlamento, ma sappiamo bene che le Costituzioni sono il luogo delle belle declamazioni retoriche utili solo a nascondere gli interessi della classe dominante. D’altra parte questo non è che l’ultimo di una serie di Decreti legge (emanati da questo e da altri governi) firmati senza fiatare da un Presidente della Repubblica.

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Una MAGA sostiene la deregulation di Trump

Da Collegamenti per l’organizzazione diretta di classe” n. 9/Primavera 2025 riportiamo un articolo di Visconte Grisi che mette in luce le contraddizioni della “deregulation” trumpiana ma anche gli elementi di continuità con le politiche delle amministrazioni precedenti.

Sembra che i recenti sviluppi della politica statunitense successivi alla elezione di Trump abbiano colto impreparati moltissimi commentatori, anche “di sinistra”, mentre, al contrario questi sviluppi erano prevedibili per altri osservatori più attenti allo svolgersi degli eventi.

Tanto per cominciare la richiesta alle nazioni europee di aumento delle spese militari in ambito NATO era già stata fatta ai tempi della prima presidenza Trump, anzi ancora prima nel 2014 quando presidente era Obama. In tempi più recenti gli Stati Uniti, con la presidenza Biden, hanno approfittato dello scoppio della guerra in Ucraina per scaricare sugli “alleati” europei non solo i costi della guerra ma anche quelli delle forniture energetiche. Basta solo ricordare il sabotaggio del gasdotto Nord Stream, che trasportava il gas proveniente dalla Russia alla Germania, costringendo le nazioni europee a importare lo shale gas prodotto, soprattutto negli USA, con la tecnica del fracking che ha costi di produzione più elevati rispetto ai concorrenti , oltre a provocare enormi danni ambientali. Inoltre lo shale gas viene commercializzato in forma liquida, il che comporta ulteriori costi e problemi di logistica rispetto ai gasdotti e richiede la costruzione di rigassificatori. Conseguenza immediata di questo aumento dei costi energetici è stata la crisi del settore dell’automotive: in Germania la Volkswagen ha annunciato la chiusura di tre stabilimenti e una riduzione della capacità produttiva di oltre 700mila veicoli che comporterà il licenziamento di 35mila operai. In Italia Stellantis minaccia il licenziamento di 250 lavoratori alla Mirafiori di Torino invocando naturalmente nuovi ammortizzatori sociali da parte dello stato.

Verrebbe da chiedersi come mai i governi europei abbiano accettato, senza fare una piega, di aderire a una tradizionale politica “atlantista” pur in palese contrasto con i loro interessi economici immediati. Sembra che uno degli obiettivi principali della guerra di Putin in Ucraina fosse quello di creare divisioni all’interno della UE ed, eventualmente, provocare un distacco dall’alleanza atlantica. Questo secondo obiettivo mi sembra difficile da realizzare mentre le divisioni all’interno della UE sono comunque rilevanti e di difficile soluzione, anche se si possono escludere decisamente ritorni a forme di autarchia fuori tempo. E’ necessario però aggiungere che le divisioni all’interno dell’UE possono essere gradite anche agli Stati Uniti, come dimostra la tendenza di Trump a escludere l’Unione Europea dalle trattative di pace e a intrattenere rapporti diretti con i singoli stati nazionali.

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DDL “SICUREZZA”, “ZONE ROSSE”, MILITARIZZAZIONE DEL TERRITORIO E “DIRITTO PENALE DEL NEMICO”

Dal n. 9 di “Collegamenti” (primavera 2025) in fase di stampa anticipiamo questo aggiornamento sul DDL “Sicurezza” la cui discussione è prevista in aula al Senato il 15-16 aprile. Notizie di oggi però danno per certo un nuovo colpo di scena: buona parte dei contenuti del DDL verrebbe anticipato in un Decreto Legge per bypassare la discussione parlamentare ma – soprattutto – l’opposizione sociale.

Mentre a livello di Unione Europea fervono i piani di riarmo, in Italia sta giungendo a conclusione l’iter legislativo del Disegno di Legge cosiddetto “Sicurezza” presentato dal ministro Piantedosi (di concerto coi ministri Crosetto e Nordio). Come scrivevamo sul n. 7 di “Collegamenti” queste norme costituiscono uno dei peggiori giri di vite securitari dagli “anni di piombo” ad oggi. L’obiettivo è quello di spazzare via buona parte delle conquiste ottenute a partire dalla Resistenza riguardo al diritto di manifestare.



Iter legislativo e opposizione sociale

Questo gravissimo provvedimento, presentato in Parlamento il 22 gennaio 2024, è stato approvato a tempo di record dalla Camera tra il 10 e il 18 settembre 2024 con una flebile opposizione parlamentare. Nel frattempo la stampa “democratica” faceva a gara nel distrarre l’opinione pubblica propinando gustose fesserie sulle vicende del ministro Sangiuliano o sul ruolo di Fitto in Europa. Anche la classe lavoratrice, i sindacati e i movimenti di base non hanno saputo cogliere in tempo il pericolo che si profilava.

Il merito di aver lanciato tra i primi l’allarme è stato della “Rete Liberi/e di lottare”(agosto 2024). Ne è seguita una certa mobilitazione di piazza (sicuramente insufficiente) e anche i i partiti di opposizione, CGIL e UIL si sono risvegliati dal coma con una manifestazione il 24 settembre.

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Modena: una economia di guerra ? incontro con la redazione di “Collegamenti” 23/2/2025

Organizzato dal Laboratorio libertario Ligéra, via della Pomposa 8 Modena

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Messico: a dieci anni dalla notte di Iguala

foto dalla manifestazione di Città del Messico (2024)

Un articolo di Claudio Albertani.

Sono passati dieci anni, dieci anni di menzogne e depistaggi dalla tragica notte del 26 settembre 2014 quando a Iguala (Messico) “scomparvero” 43 studenti. “Collegamenti per l’organizzazione diretta di classe” pubblica, nell’ultima newsletter, un ampio articolo sull’argomento di Claudio Albertani.

Sulla situazione in Messico “Collegamenti” ha ospitato anche la ricostruzione di Albertani e Fabiana Medina “In che momento si è fottuto il Messico” (quaderno luglio 2021), e, del solo Albertani, “Messico: viaggio al centro della Quarta trasformazione” (novembre 2023).
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Collegamenti: lettere alla redazione

Dal n. 7 (ottobre 2024) “Collegamenti per l’organizzazione diretta di classe” ha iniziato la pubblicazione di una rubrica di lettere alla redazione. Le riportiamo di seguito.

“Collegamenti contiene sempre contributi interessanti e pure questo numero [6] non fa eccezione.

L’articolo di Cosimo Scarinzi e quello di Federico Giusti, peraltro, offrono molti spunti critici, stimolanti e condivisibili: dall’entrismo nei sindacati confederali al ruolo delle Rsu, ma anche la ritualità degli scioperi “di base” che proclamiamo ad ogni autunno, con infinite liste di pro e contro destinati a rimanere buone intenzioni.

In base alle dinamiche della Rsu in Comune a Livorno (sempre più a maggioranza Cgil), avrei diversi argomenti in più, dalla sostanziale connivenza con l’amministrazione “amica” (ben oltre la decenza) al disimpegno e alla delega che ha incentivato fra i/le dipendenti comunali. Continued…

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IL MAGISTER LUDI LUIGI FABBRI

dal n. 7 (autunno 2024) di “Collegamenti” appena pubblicato riportiamo questa recensione di Lorenzo Gregori

Il libro di Lilith Verdini – Luigi Fabbri. Un maestro anarchico (1877-1935), Edizioni Malamente, 2024 – ha l’obiettivo di dare risalto all’attività e al pensiero educativo di Luigi Fabbri, restituendo al lettore un’immagine più completa dell’anarchico marchigiano. Se, infatti, la storia militante e il pensiero politico sono stati ampiamente rappresentati dai suoi scritti apparsi sui diversi giornali anarchici o negli opuscoli divulgativi, oltreché dalle biografie a lui dedicate – prima fra tutte quella della figlia Luce – l’attività di maestro e il pensiero pedagogico hanno decisamente avuto meno risalto. È molto probabile che il “Fabbri educatore”, che tanto spazio ha occupato nella breve vita dell’anarchico fabrianese, sia stato oscurato dalla risonanza conseguente all’attività militante – con vicende biografiche che, come è noto, lo hanno condotto ad affrontare il carcere e l’esilio – ma anche da un pensiero educativo fortemente influenzato dalla cultura positivista dell’epoca e, più in specifico in ambito pedagogico, dall’opera del principale esponente anarchico dell’educazione libertaria di quegli anni: Francisco Ferrer y Guardia, fondatore nel 1901 della Escuela Moderna, del quale Fabbri è considerato in Italia il suo principale divulgatore.

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Genny la carogna, una vicenda che , dopo il carnevale estivo, merita qualche informazione

E’ stato il tormentone dell’estate. Dopo il clamore mediatico questo articolo di Annibale Romeo da “Collegamenti per l’organizzazione diretta di classe” n. 7 (autunno 2024) ci permette di fre il punto sul livello culturale di taluni esponenti politici

La pretesa egemonia culturale della sinistra in Italia è una costante ossessione della destra più o meno radicale che da oltre 30 anni appare inconsapevole della scomparsa dal panorama politico del partito “comunista” più grande dell’Europa occidentale. La cosa che più tormenta gli elementi rampanti fra la schiera dei chierici della “destra di governo”, è un senso di inadeguatezza alla quale qualcuno ha cercato di rabberciare un rimedio facendo appello alle risorse del più intemerato volontarismo. Il mito quasi impossibile da raggiungere, almeno per i meno sprovveduti in termini di conoscenze storiche, è quello del Pci togliattiano che fu capace di attrarre “irresistibilmente” tutti i “migliori cervelli” della Nazione. In un certo senso si può dire che in questo modo i destri aspiranti egemoni culturali siano alla ricerca della parodia di una parodia di “egemonia culturale”, intrecciata di sciovinismo patrio già nella sua forma originale.

Non si può dire che nella destra siano del tutto assenti persone colte e dotate anche di una certa intelligenza politica. Evocando quest’ultima vaga categoria, la mente non può non andare a posarsi sulla premier Meloni, la quale tutto appare fuorché un’intellettuale. Eppure ella riesce ad arrivare laddove fior di intellettuali non saprebbero neanche da dove cominciare. Continued…

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