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L’ORGANIZZAZIONE SPONTANEA DEI LAVORATORI NEGLI STATI UNITI

Un aggiornamento sulla situazione del movimento operaio USA in una ampia ricostruzione di Ezio Boero. Dal n. 7/autunno 2024 di “Collegamenti per l’organizzazione diretta di classe” .

Dopo anni di stagnazione dei salari, aumento dei ritmi e delle differenze contrattuali per i neoassunti e diminuzione della sicurezza del e sul lavoro, un “nuovo inizio” del movimento dei lavoratori statunitense è collocabile nell’anno 2021, durante il quale sono avvenuti due fatti collegati tra loro: la pandemia Covid e il Grande abbandono del lavoro (The Great Resignation). La perdurante insoddisfazione per il lavoro salariato, caratterizzato da retribuzioni, insufficienti ad affrontare il costo della vita, e da controlli asfissianti della prestazione, hanno indotto un esodo di massa, in gran parte maturato individualmente, ma anche condiviso pubblicamente in rete. Esso ha coinvolto nel 2021 ben 47 milioni di lavoratori, soprattutto nei settori della distribuzione, della sanità e dell’istruzione. Una sorta di sciopero generale, termine peraltro del tutto atipico negli USA.

Ovviamente, per poter sbarcare il lunario, moltissimi dei lavoratori che si erano dimessi, hanno cercato prima o dopo un altro lavoro. Ma con una determinazione e una forza contrattuale superiore. Anche perché, in costanza di pandemia, essi erano ancor più necessari, sebbene continuassero ad essere malpagati e con carichi e ritmi sempre più alti. Proprio nel 2021, nel mese di ottobre, col cosiddetto Striketober, caratterizzato dai suoi contemporanei 100.000 scioperanti o pronti a scioperare, inizia un ciclo di lotte e di vertenze che continua ancor oggi, riportando il Lavoro organizzato al centro del Paese.

Non si pensi che il numero di scioperi e di vittorie nelle elezioni sindacali oppure l’estensione dei contratti collettivi e i loro risultati siano dal 2021 poi tanto superiori a quelli degli anni precedenti. Anche perché, quando il Sindacato vince l’elezione per l’ingresso in un’azienda, continua ad essere difficile raggiungere un contratto, in quanto non ci sono sanzioni ai padroni che rifiutano di firmarlo: nel 2018, ad esempio, nel 43% dei casi, il contratto non è raggiunto nemmeno dopo due anni.

Poiché all’aumento di adesioni se n’è accompagnato uno superiore dell’occupazione, oggi la sindacalizzazione è ancora al minimo storico: solo il 10% è tesserato (6% nel settore privato, 33% in quello pubblico). Le roccaforti continuano ad essere il New England, le città automobilistiche attorno ai Grandi Laghi (seppur falcidiate dalle chiusure degli stabilimenti), Chicago e Milwaukee, la costa del Pacifico, e (con le vertenze della Confederazione UNITE HERE) Las Vegas e Phoenix. Il Sud degli Stati Uniti, invece, dove UAW sta tentando di sindacalizzare gli stabilimenti auto delle imprese asiatiche e europee, è ancor oggi una terra molto ostica per il Sindacato.

La forza lavoro statunitense è composta da 166 milioni di persone, distribuite in 131 milioni di famiglie. A metà del secolo scorso, un lavoratore statunitense su tre era sindacalizzato. Nel 2022, solo 14 milioni di lavoratori erano iscritti. La metà di loro lavora nel settore pubblico. Gli altri 7 milioni, soprattutto in posti di lavoro in cui la manodopera è tradizionalmente non sindacalizzata: se nei trasporti è iscritto ad un Sindacato il 23% degli addetti, tra gli edili lo è il 12%, nel settore manifatturiero il 7%, nella sanità il 6% e avanti così fino al 4% dei 15 milioni di addetti al dettaglio, al 2% dei 17 milioni di impiegati, a poco più dell’un per cento di sindacalizzati nei quasi 9 milioni di addetti alla ristorazione.

Ma allora, se non è la crescita di adesioni, da cosa è caratterizzata la ripresa della centralità del lavoro organizzato negli USA, che ha sviluppato nel 2023 i più grandi scioperi degli ultimi 40 anni? E’ la qualità delle mobilitazioni odierne che preoccupa il padronato e i suoi rappresentanti politici. “La forza lavoro di oggi è alla ricerca di una causa, e i Sindacati stanno intervenendo per cercare di riempire il vuoto”, così ha segnalato lo scorso novembre una relazione dello studio legale del lavoro Littler Mendelson, il più grande organizzatore mondiale di contrapposizione al Sindacato (Union busting), con più di 1.000 avvocati.

La società statunitense sta cambiando? Il Sindacato sta tornando ai suoi momenti migliori, contrastando una società fondata sull’individualismo? Indubbiamente, si sta (ri)creando a fatica (e col sacrificio di decine di licenziati tra i propri organizzatori) un’idea di classe, che avversa magari non il capitalismo ma la distribuzione fortemente diversificata della ricchezza, maggiore delle altre nazioni dell’Occidente. Nella riunione nazionale di maggio della Conferenza degli organizzatori sindacali neri (Coalition of Black Trade Unionists), il suo presidente, il Reverendo T.L.Melvin (un pastore battista, a testimonianza del rapporto fecondo di alcune Chiese statunitensi col Sindacato) ha dichiarato: Il movimento sindacale è in fiamme! È radicato nella nuova militanza dei lavoratori che stanno dicendo: -Non accettiamo più questa merda!-“.

Quali sono dunque le caratteristiche positive, anche se non del tutto nuove, del movimento dei lavoratori statunitensi di questi ultimi anni? In ordine sparso:

– l’elezione dal basso di un nuovo vertice degli storici Sindacati dei camionisti e dell’auto, appoggiati da caucus (vedasi oltre) riformisti. Già inciampati in contraddizioni, di cui parleremo, essi hanno dovuto da subito dirigere il rinnovo di grandi contratti di lavoro. I Teamsters, quello di United Parcel Service (UPS); UAW quello delle 3 grandi imprese dell’auto statunitense. Vertenze diverse tra loro, perché quello UPS non ha messo in pratica lo sciopero preventivato, mentre in quello delle Big3 si è attivato uno sciopero progressivo dei 146.000 operai di General Motors, Ford e Stellantis (negli USA, ex Chrysler), coinvolgendone infine, alla firma dei tre contratti, circa il 30%.

– la comparsa di giovani organizzatori sindacali ad alta scolarizzazione, in genere collocati nella distribuzione o nelle aziende tecnologiche (come nei casi delle caffetterie Starbucks e di Google)

– l’aumento di iniziative spontanee, dal basso, come in alcuni stabilimenti di Amazon, le quali aggirano la farraginosa procedura che la legge impone per la costituzione del Sindacato in un’azienda

– la crescita di presenza sindacale in settori finora lontani dalle Union, come quello dei lavoratori universitari: 100.000 di loro sono ora iscritti all’ex esclusivo Sindacato dell’auto UAW (il quale nel 2023 conta solo più 370.000 lavoratori auto in produzione), 30.000 a United Electrical Workers (UE) ed altri alla confederazione UNITE HERE. Ci sono campus in cui si sono sindacalizzati un migliaio di lavoratori in un solo giorno e in poche settimane è stata raggiunta la maggioranza sulla petizione pro-Sindacato.

LICENZIAMENTI E SCIOPERI

Occorre precisare che la maggior parte dei lavoratori statunitensi non coperti da contratti sindacali sono considerati “dipendenti a volontà” (ad nutum in latino, at will in inglese), nel senso che possono essere licenziati in ogni momento senza motivo. E’ pur vero che è illegale licenziare qualcuno per motivi razzisti, sessisti o legati all’età ma non è facile dimostrare di entrare nella casistica “protetta”. Il diritto del lavoro vieta inoltre di licenziare i lavoratori impegnati in “attività concertate”, ovvero riunirsi con i colleghi per migliorare le condizioni di lavoro. Ma anche in questo caso è ovviamente impossibile che l’azienda licenzi esplicitandolo. Starbucks, ad esempio, ha licenziato 200 lavoratori nel corso dell’ondata organizzativa iniziata nel dicembre 2021 e, malgrado l’allontanamento di alcuni di loro sia stato annullato dal NLRB, i processi possono durare anni. L’agenzia federale National Labor Relations Board (NLRB), che sarà citata più volte in questo scritto, ha il compito di vigilare la libertà di associazione e di negoziazione dei lavoratori, e di pronunciarsi sui ricorsi per azioni illecite in materia di lavoro.

Solo nella città di New York sono previsti risarcimenti che compensano i danni indiretti subìti perdendo il lavoro; nel resto della Nazione al massimo le retribuzioni arretrate. Ancora solo a New York, dal 2021, sono vietati i licenziamenti immotivati dei dipendenti dei fast food; una norma che il Consiglio comunale sta valutando di estendere a tutti i lavoratori.

Negli USA un solo Sindacato può trattare il contratto di lavoro nell’unità di contrattazione, la quale spesso è il singolo stabilimento o negozio, qualche volta un comparto cittadino, raramente tutta l’azienda (come nelle 3 Grandi dell’auto), quasi mai una categoria nazionale.

Lo sciopero è quasi sempre vietato in costanza di contratto. Nato durante la Seconda Guerra Mondiale, tale vincolo è inserito oggi in più del 90% delle intese. Ma, poco praticato e quasi mai riconosciuto dai tribunali, il diritto del lavoro statunitense consente ai lavoratori di violare il divieto di sciopero per protestare contro condizioni di lavoro “anormalmente pericolose” o pratiche di lavoro gravemente sleali che “minano sostanzialmente” l’integrità del contratto. In sovrappiù, con una norma inserita negli anni Cinquanta del maccartismo, negli scioperi cosiddetti economici (quelli contrattuali) le aziende possono assoldare crumiri. Cosa che non è invece consentita se lo sciopero avviene contro una pratica aziendale illegale.

VARIE FORME DI AZIONE SINDACALE DAL BASSO

I CAUCUS

Si tratta di componenti o correnti, che dir si voglia, che nascono all’interno dei Sindacati per intervenire su problemi di democrazia interna oppure per agire sulla costruzione delle piattaforme per il rinnovo dei contratti di lavoro o sul voto delle intese raggiunte dalla dirigenza sindacale.

Molti caucus rimangono piccoli gruppi informali di iscritti che la pensano allo stesso modo e desiderano perseguire alcuni obiettivi comuni. La maggior parte sono indipendenti dal Sindacato né si registrano presso di esso. Se lo si fa, si ha diritto ad una certa agibilità interna nell’organizzazione e alla presentazione formale sia di candidati ai vari organismi sia di proposte in fase di discussione delle piattaforme.

Il caso più conosciuto dei caucus, anche per le sue vicende drammatiche, è quello dei minatori. Nel dicembre 1972, Miners for Democracy (MFD) elesse tre “riformatori” nella direzione del Sindacato Mine Workers (UMWA), che all’epoca vantava 200.000 membri e una grandissima storia di lotte. Quelle elezioni, supervisionate, come accade negli USA nei casi di leadership controverse, dal Dipartimento federale del Lavoro, incrinarono il potere della vecchia guardia corrotta e violenta che aveva gestito UMWA in modo antidemocratico per 40 anni, ed ebbero un tragico epilogo: l’uccisione del candidato della base alla presidenza Joseph Yablonski, della moglie e della figlia. Una nuova elezione gestita dal Governo federale e la condanna del segretario del Sindacato per l’omicidio di Yablowski, e per l’appropriazione di fondi sindacali, cambiò la dirigenza di UAWA. Questa vicenda scosse l’intero movimento sindacale degli USA (pertanto solo il tradizionalmente progressista United Electrical Workers sostenne la battaglia dei riformatori). La raccontò il bellissimo docufilm Harlan County USA, della regista Barbara Kopple, girato rischiosamente sul campo, in un contesto di scontri anche armati. La vicenda dimostrò anche le difficoltà di sconfiggere la parte marcia del Sindacato se non si riesce a mantenere un ampio appoggio continuativo della base, quella che negli USA è definita rank and file. E di doverlo fare in una fase di grandi ristrutturazioni produttive che hanno in gran parte smantellato (anche per ragioni vere: l’abbandono del carbone inquinante e dei pericolosi scavi sotto terra) le miniere e le comunità da esse dipendenti.

Di tutti i movimenti di opposizione influenzati dal suddetto caucus dei minatori MFD, quasi solamente Teamsters for a Democratic Union (TDU) ha ottenuto un successo similare. Costituito negli anni ’70 all’interno del grande Sindacato dei Teamsters da camionisti di convinzioni socialiste e da altri militanti che si erano organizzati contro le concessioni contrattuali, TDU ha conseguito risultati nell’aprire il Sindacato ad un maggior potere della base e ha concorso nel 2023 all’elezione di una nuova dirigenza sindacale, alla cui testa c’è Sean O’Brien. Il primo contratto che essa ha dovuto affrontare, quello del vettore United Parcel Service (UPS), il più grande del settore privato degli USA, ha evidenziato però la difficoltà di mettere in pratica le istanze di base che avevano portato ad un cambio di dirigenza: l’intesa è stata firmata senza scioperi, precedentemente votati dagli iscritti e messi a disposizione della commissione di trattativa (com’è pratica consueta negli USA). E in seguito, UPS ha annunciato l’intenzione di chiudere più di 200 strutture (attuando 12.000 licenziamenti) e di procedere coll’automatizzazione di molte attività. Contro cui, secondo lo UPS Workers Rank-and-File Committee, un raggruppamento di base degli autisti, mancherebbe un intervento forte del Sindacato. Critiche interne al presidente dei Teamsters, O’Brien, sono giunte anche per la sua equidistanza tra i due maggiori candidati presidenziali e la partecipazione a luglio alla Convention del Partito Repubblicano. Ratificando così lo sdoganamento di Trump come candidato di una parte dei lavoratori e prefigurando una (assai difficile) vicinanza di quel Partito ai lavoratori che si organizzano sindacalmente. Anche a causa di ciò, il vice presidente dei Teamsters, John Palmer, ha preannunciato la nascita di una lista di opposizione che si opporrà nel 2026 al rinnovo del mandato di O’Brien. L’appoggio o meno dei Teamsters ai candidati alla presidenza degli USA sarà deciso con un referendum, i cui risultati a fine agosto non erano stati ancora diffusi. En passant, la gran parte dei Sindacati degli USA ha dato appoggio (endorsement) alla candidatura presidenziale del Partito Democratico. Se pur sono presenti ampi dissensi sulla politica di Biden che ha tollerato il massacro della popolazione palestinese con l’uso delle armi fornite dagli USA; dissensi del movimento sindacale che si sono espressi con la richiesta generalizzata del “cessate il fuoco” a Gaza e, da parte di alcuni Sindacati, con quella dell’embargo di armi a Israele

Di contro, non giova certamente al proposito di Trump di aumentare il proprio consenso nel mondo del Lavoro organizzato la sua promessa di ridimensionare/smantellare il ruolo del NLRB (che, con la dirigenza nominata da Biden, ha quasi sempre dato ragione ai lavoratori nelle contese col padronato), nell’ambito di una riduzione del ruolo delle agenzie federali, che attentano, secondo Trump, al ruolo del potere presidenziale. Su questa strada si è portata avanti la Corte Suprema, ormai a maggioranza reazionaria, mettendo in discussione la possibilità del NLRB di richiedere ad un tribunale un’ingiunzione ad applicare i dettami del NLRB a favore dei lavoratori, quando ripetuti richiami all’azienda (ripristino dei licenziati illegali, pubblicizzazione di un impegno a non rifare attività antisindacali, ecc.) non siano messi in pratica.

ALTRI CAUCUS

Altrettanto rilevante del caso succitato dei Teamsters è stato il cambiamento di leadership nello storico Sindacato United Auto Workers, la cui dirigenza, dagli anni ’40, è sempre stata detenuta, con modalità anche repressive dei dissensi, dall’Administration Caucus, fondato dallo storico leader Walter Reuther. Nel 2019 un piccolo gruppo di attivisti fondò un caucus di riforma, Unite All Workers for Democracy (UAWD), il cui principale obiettivo era di votare direttamente i componenti della dirigenza nazionale. Alcuni dei fondatori della UAWD facevano parte di Autoworker Caravan, un gruppo fondato nel 2008 per rispondere alla bancarotta di Chrysler e cercare d’intervenire nella discussione, molto ossificata, del Sindacato. Essi facevano parte dei gruppi socialisti negli anni ’70 oppure del New Directions Movement degli anni ’80, un gruppo di operai che aveva per un breve periodo operato in alcuni stabilimenti auto del centro-sud degli USA. Quando il governo federale indagò UAW per corruzione, e l’intera sua dirigenza finì in galera nel 2021 per aver ricevuto, attraverso un Ente bilaterale, tangenti dalla Chrysler di Marchionne (con ripetute violazioni delle leggi federali sul lavoro, furto di fondi sindacali e ricezione di tangenti e benefici illegali da appaltatori e dirigenti di imprese auto), il Dipartimento di Giustizia indicò la modalità del voto della dirigenza, effettuato all’interno dei soli organismi, come un fattore antidemocratico e indusse una votazione tra gli iscritti per passare ad una votazione un-membro-un-voto. Pur tenendo conto che i votanti furono veramente pochi (solo il 14% dei 400.000 membri e dei 600.000 pensionati), segnalando la sfiducia o il disinteresse al rinnovamento, il 64% scelse la nuova modalità. Nell’autunno 2022, ancora con un’affluenza molto bassa, furono votati i dirigenti nazionali col nuovo metodo e i candidati della lista UAWD, ne conquistarono sia la maggioranza che il presidente, Shawn Fain. Il compito della nuova dirigenza UAW, e l’applicazione di nuove forme di lotta e di rapporto con la base, non è stato facile. Essa ha dovuto immediatamente confrontarsi col rinnovo dei contratti delle Big 3, mentre molti organismi locali del Sindacato permanevano in mano alla leadership esautorata dal voto. Sebbene gli scioperi in tutte le 3 imprese, progressivi e a sorpresa, e i resoconti settimanali dell’andamento delle trattative, rappresentassero senz’altro un grande cambiamento rispetto alla gestione precedente, il risultato del contratto è stato ambivalente (lo scrivevamo su Collegamenti numero 5) e ha indotto UAWD, nei fatti la componente ora di maggioranza di UAW, a non dare indicazione di voto sulla sua conclusione. Lasciando Shawn Fain, che ha acquistato popolarità del Paese ed anche uno stretto legame con la presidenza Biden (che lo ha nominato ad inizio giugno in un comitato consultivo della Casa Bianca), molto esposto come figura leaderistica. Tanto che, d’autorità, ha ridotto il ruolo della tesoriera Margareth Mock (che lo ha denunciato per accuse infondate) ed esautorato il vice presidente Rick Boyer dalla sua responsabilità del dipartimento di UAW per Stellantis. Azienda che ha proceduto a 4.700 licenziamenti di part-time e lavoratori temporanei e ritarda l’impegno alla riapertura dello stabilimento di Belvidere (Illinois), in contrasto con gli affidamenti presi col contratto siglato in autunno. Anche Ford ne ha licenziati, ben 14.300, e GM 1.500, evidenziando che le imprese hanno scaricato il costo del rinnovo contrattuale sul risparmio di un totale di 20.000 lavoratori temporanei. Fain è ora pure sotto inchiesta di un tribunale federale per abuso di potere proprio in relazione alla sua gestione accentratrice. Dove si evidenzia il permanere del controllo federale, per 6 anni, della dirigenza di UAW a seguito della suddetta vicenda tangentizia; controllo da parte di un monitor, un avvocato privato, che sta assumendo anche compiti “impropri”, contestando anche l’appoggio di UAW al cessate il fuoco a Gaza.

La spinta dei caucus riformatori vincenti nei Teamsters e in UAW non ha quindi ottenuto risultati contrattuali trionfalmente condivisi dai lavoratori e/o permanenti. Ha difficoltà a governare le ritorsioni di aziende come UPS, Stellantis e Ford su alcuni impegni presi nei contratti e ha confermato il tradizionale leaderismo personale, peraltro assai apprezzato negli USA, che può comportare dissensi e rottura della solidarietà interna.

Dopo i grandi scioperi di sceneggiatori e attori, durati quattro mesi lo scorso anno, organizzati rispettivamente da Writers Guild e da Screen Actors Guild, un altro contratto nel settore degli studios, quello dei 168.000 lavoratori cinematografici della Theatrical and Stage Employees (IATSE) è stato rinnovato. Hollywood è ancor oggi assai sindacalizzata, sebbene lontana dall’adesione vicina al 100% degli anni Quaranta e Cinquanta, contro cui si accanì il maccartismo. Memore di precedenti accordi insoddisfacenti dei tecnici e dello strascico di alcuni dissensi, soprattutto sull’impiego padronale dell’intelligenza artificiale dei due suddetti contratti di sceneggiatori e attori, dal novembre 2023 si è organizzato il caucus Rank-and-File Entertainment Workers (CREW). Anche qui, una delle sue richieste è che la dirigenza sindacale sia votata da tutti gli iscritti. Un’altra, che la scadenza del futuro contratto sia fissata il primo maggio 2028, come proposto dal presidente di UAW, per cercare di unificare la data del rinnovo dei contratti di vari comparti nell’ottica di scioperi contemporanei dei lavoratori.

Anche i “riformatori” del Sindacato dei macchinisti ferroviari, che rappresenta 8.000 macchinisti del Distretto 19 che riparano locomotive e attrezzature pesanti per i vettori ferroviari merci tra cui CSX, BNSF e Union Pacific, hanno estromesso nelle elezioni del maggio 2024 i dirigenti in carica, in un’elezione anche qui supervisionata dal Dipartimento del Lavoro. I “riformatori” hanno condotto una campagna, con lo slogan “mai più trattative a porte chiuse”, su una piattaforma di maggior trasparenza e per un atteggiamento più militante nei confronti delle compagnie ferroviarie.

La local (sezione) 3000 del Sindacato Food and Commercial Workers (UFCW), che organizza le rivendicazioni nello stato di Washington dei lavoratori di Macy’s, una catena alimentare che paga bassi salari, sostiene la campagna del caucus nazionale Essential Workers for Democracy (EW4D). Le cui rivendicazioni, rivolte alla dirigenza sindacale di UFCW (che ha 1,2 milioni di iscritti), sono l’elezione diretta dei dirigenti e un aumento del “rimborso spese” tradizionalmente pagato dai Sindacati in caso di scioperi prolungati, tipici degli USA. E anche la sua corresponsione dal primo giorno e non dal quindicesimo.

Anche qui, oltre all’elezione dal basso del vertice, l’utilizzo delle risorse sindacali è centrale nelle rivendicazioni della base, in un contesto che storicamente ha visto numerose vicende di malversazioni ed anche oggi una prassi di stipendi dei dirigenti sindacali esorbitanti rispetto a quelli dei loro rappresentati. E’ sempre in ballo durante gli scioperi prolungati la questione di quanto, e da quando, viene versato il contributo sindacale a chi resta senza retribuzione. Ma anche più in generale quante risorse vengono stanziate per le campagne di scioperi per renderli più efficaci (come, in effetti, sta facendo UAW che ha indirizzato 40 milioni di dollari per la campagna triennale iniziata nelle fabbriche auto del Sud degli USA). Si stima che i Sindacati statunitensi, in considerazione delle quote di adesione assai alte, detengano circa 32 miliardi di dollari parcheggiati in investimenti di borsa presso Wall Street, i quali dovrebbero essere maggiormente messi in circolo per sostenere le lotte.

LA VITA DIFFICILE DEI NUOVI SINDACATI

Mentre i cinque precedenti casi di caucus non esauriscono la notevole loro presenza nel movimento sindacale statunitense, nascono Sindacati del tutto nuovi, costituiti da lavoratori che non intendono condurre un’attività di riforma interna ad un Sindacato esistente ma ne costituiscono un altro, scegliendo poi se appoggiarlo o meno, per le questioni legali ad esempio, ad una delle due grandi Federazioni esistenti. Ciò che è successo con Starbucks Workers United (SWU) e con Amazon Labor Union (ALU).

SWU ha vinto la prima elezione sindacale in un negozio a Buffalo, New York, nel 2021, ed è arrivato oggi a sindacalizzare 480 caffetterie degli USA con 10.500 addetti. Mentre nelle grandi città e nel Nord degli USA, i suoi organizzatori sono spesso giovani ad alta scolarità, nel resto del Paese gli addetti, sottopagati e ad alti carichi di lavoro, sono di consueto donne, neri, giovani o una combinazione di queste caratteristiche. Essi hanno prodotto a livello nazionale continue iniziative di lotta, ampiamente pubblicizzate, anche in rapporto con la clientela. Iniziative contrastate da una delle più squallide e massicce campagne padronali di ostacolo alla formazione del Sindacato, corredata di licenziamenti e da rifiuti di trattare il contratto di singola sede sindacalizzata, come prevede la normativa. Recentemente la situazione sembra essersi sbloccata per la presa che la sindacalizzazione sta progressivamente avendo con le sue fantasiose iniziative di lotta (tra cui almeno due scioperi, un pullman che gira per gli Stati Uniti e si ferma di fronte ai negozi non sindacalizzati invitando i clienti a sostenere la lotta e anche, l’ultimo fine settimana di luglio 2024, il “Red for Bread”, l’invito a supportare la lotta frequentando le caffetterie vestiti di rosso e ordinando una bevanda, o l’acqua gratis, Union Strong, “Per un Sindacato forte”). E anche per uno scontro col padronato che origina dall’esterno del posto di lavoro: l’appoggio di SWU alla lotta palestinese. Ciò ha portato la dirigenza aziendale a sferrare un attacco ulteriore al Sindacato che ha avuto un effetto opposto al previsto: iniziative di boicottaggio del marchio sono in corso in 25 campus universitari degli USA e in molti paesi arabi e/o musulmani, con relativa notevole perdita di introiti. Anche per questo, la nuova dirigenza di Starbucks (una tattica, quella di cambiare il vertice delle aziende oggetto di agitazioni sindacali, per dimostrare un approccio nuovo ai dipendenti, cosa che poi raramente accade) si è detta disponibile ad un’apertura di trattative. Che stanno avvenendo alla presenza delle strutture sindacali “superiori” (la dirigenza di Starbucks ha per mesi pesantemente attaccato SWU come organizzazione estremista). Il Sindacato SWU riuscirà a stipulare un contratto delle caffetterie dov’è presente (per meglio dire, un quadro contrattuale che sarà di base per la trattativa nei singoli negozi)? O le trattative, condotte col Sindacato SEIU a cui SWU aderisce, sotto l’ombrello della federazione Strategic Organizing Center (SOC), si concluderanno, malgrado una delegazione di un centinaio di lavoratori eletti dal basso, al prezzo di un accentramento che esautorerà la voce della base militante, quella che chiedeva che il negoziato avvenisse in diretta tramite Zoom?

Dinamiche diverse ha la vittoria sindacale del 2022 del nuovo Sindacato indipendente Amazon Labor Union (ALU) nel gigantesco centro logistico di Staten Island (New York) con 8.000 dipendenti. Tale vicenda pareva rappresentare un varco in Amazon, che pochi mesi prima aveva sconfitto un tentativo di sindacalizzazione a Bessemer in Alabama da parte di un Sindacato consolidato e appoggiato da uno spettro di forze che andavano dal presidente Biden (espostosi con una dichiarazione) a Bernie Sanders, a Black Lives Matter (che era ai cancelli). Anche a Staten Island, però, la contrattazione, seppur garantita dalla vittoria sindacale, è ancora bloccata dalla melina aziendale che ha finito per logorare ALU. Che dapprima ha perso una successiva elezione in uno stabilimento newyorkese poco distante dal primo sindacalizzato, poi ha visto crescere una spaccatura interna con la creazione dell’ALU Democratic Reform Caucus, che rivendica, anche qui, democrazia interna e un ritorno di radicalità. Questo caucus ha presentato una denuncia al tribunale federale, sostenendo che la struttura organizzativa di ALU era antidemocratica ed illegale, in quanto il presidente di ALU, Chris Smalls, si rifiutava di tenere elezioni per il rinnovo dei dirigenti sindacali. Le elezioni, svoltesi a luglio 2024, hanno visto la sconfitta della vecchia dirigenza, che aveva conquistato un grande spazio mediatico al tempo dell’imprevedibile vittoria in quello stabilimento di Amazon. Dove peraltro sono rimasti gli annosi problemi di lesioni sul lavoro, bassi salari, alti carichi, accesso regolamentato ai gabinetti, lavori pesanti, malgrado il parere medico che le esenta, anche delle lavoratrici incinte, ecc.

Dal marzo 2023, ad ALU sono associati i lavoratori del più grande hub aereo americano di Amazon, un immenso magazzino, pesantemente robotizzato, collocato presso l’aeroporto internazionale di Cincinnati-Northern Kentucky. Oltre alle “marce contro il capo”, di cui oltre parleremo, sono presenti legami con la comunità circostante (soprattutto congolese, in questo caso) attraverso riunioni periodiche in chiese e moschee e l’appoggio reciproco con Sindacati locali nei casi di scioperi o manifestazioni. Ad aprile 2024 la suddetta local ALU del hub aereo si è affiliata ai Teamsters, seguita a giugno dall’intero Sindacato ALU, che perde così la sua caratteristica di Sindacato completamente indipendente ma s’inserisce nella campagna di sindacalizzazione lanciata dalla nuova direzione dei Teamsters nell’ottica di creare un movimento nazionale dei lavoratori Amazon.

E’ da segnalare anche il tentativo di sindacalizzare lo stabilimento Amazon di Raleigh (North Carolina), promosso da una ex pastore battista e da una militante settantenne (malata di cancro e sostenuta da una raccolta fondi per curarsi). Veri e propri working class heroes, che affrontano la repressione aziendale di coloro che contestano gli alti carichi e le paghe da fame aziendali, che impongono ad alcuni di dormire in auto.

Vedremo oltre che, in altri magazzini di Amazon, agiscono anche forme di attivismo fuori dalla forma Sindacato.

Trader Joe’s, filiale della società tedesca Aldi, ha negli USA 500 grandi negozi di alimentari con 50.000 dipendenti. In quattro sedi il Sindacato indipendente, Trader Joe’s United (TJU), che non ha dirigenza a tempo pieno né appoggi esterni se non i sempre necessari avvocati, si trova di fronte a uno dei più famigerati studi legali antisindacali degli Stati Uniti, Morgan Lewis. Malgrado i rappresentanti aziendali si presentino alle trattative, i risultati finora sono stati nulli. E altrettanto lo sono stati in altre sedi, organizzate dal Sindacato strutturato Retail, Wholesale and Department Store Union (RWDSU) che rappresenta più di ottocentomila lavoratori del settore alimentare negli Stati Uniti e in Canada. Di fronte a episodi ripetuti di antisindacalismo, TJU ha presentato diverse accuse di pratiche di lavoro sleali al NLRB e il 15 agosto del 2023 ha indetto una manifestazione di fronte alla sede centrale di Trader Joe’s a Boston, chiedendo la fine della campagna contro i Sindacati e la reintegrazione di un dipendente licenziato, richiesta da una petizione firmata da 22.000 membri della comunità. Quest’anno, l’azienda Trader Joe’s, assieme a Elon Musk di Tesla, ha promosso una causa per far considerare incostituzionale il NLRB, che evidentemente disturba l’arroganza delle loro gestioni.

ORGANIZZAZIONI DI BASE

Esistono nel mondo del lavoro statunitense forme di organizzazione di base che non agiscono attraverso Sindacati esistenti o neonati ma utilizzano le possibilità di organizzazione dal basso data delle leggi vigenti.

Confrontando le normative sindacali italiana e statunitense si potrebbe infatti considerare che lo Statuto dei Lavoratori italiano del 1970 favorisce la presenza nei posti di lavoro delle tre grandi organizzazioni sindacali, sia nella loro costituzione che nei diritti che sono loro riservati. E limita / impedisce l’attività in azienda di forme sindacali di base autorganizzate. La libertà di opinione sancita dall’articolo 1 dello Statuto è ricondotta ad una generica possibilità di esprimere le proprie opinioni “in forme che non rechino intralcio allo svolgimento dell’attività aziendali”.

Mentre la normativa statunitense dà un maggior spazio alle iniziative di base. La norma di riferimento negli USA, sulla cui applicazione deve vigilare il NLRB, è ancora la famosa “sezione 7 A” del National Industrial Recovery Act (NIRA) del 1933, confermata nel 1935 dal cosiddetto Wagner Act (e ridimensionata dal Taft-Hartley Act del 1947). Ricollegandosi alla tradizione politica maggioritaria anglosassone, essa prevede la majority rule, l’elezione nel collegio elettorale stabilito di un unico Sindacato delegato alle trattative con la proprietà aziendale. Il quale cerca di stipulare un contratto, valido per tutti i lavoratori di quell’azienda, che sono obbligati all’iscrizione quando è raggiunta nelle elezioni a voto segreto la prevista soglia del 50%. Una normativa che finisce per negare il diritto d’essere rappresentati dal Sindacato a molti che vorrebbero esserlo, viste le forti pressioni padronali in fase di votazione che spesso dissuadono molti che avevano preventivamente dato il loro assenso firmando la richiesta d’iscrizione.

Perciò alcuni lavoratori utilizzano uno spiraglio della legge che consente di non passare attraverso una votazione. Tale strategia alternativa è detta unionismo “pre-maggioranza”: i lavoratori si organizzano e si comportano come un Sindacato non ponendosi, per lo meno inizialmente, l’obiettivo di ottenere un contratto. In altre parole, si tratta di agire da Sindacato indipendentemente dal fatto che il padrone lo riconosca o meno come entità legale con cui è tenuto (coi limiti anzidetti, dato che non ci sono conseguenze se non lo fa) a contrattare. A volte i sostenitori di questo unionismo sono contrari ai contratti sindacali in linea di principio, sulla base della convinzione che la firma di un contratto, che contiene quasi sempre una clausola di non sciopero durante la sua vigenza, inibisce la capacità dei lavoratori di lottare.

Iniziative di questo tipo sono promosse o consigliate da varie istanza: la rivista Labor Notes, ad esempio, che organizza anche ogni due anni un assai partecipato incontro nazionale dei militanti sindacali radicali e dei Sindacati non concertativi. Oppure progetti come Emergency Workplace Organizing Committee (EWOC), organizzato congiuntamente agli United Electrical Workers e ai Democratic Socialists of America (DSA). Vere e proprie “scuole di organizzazione collettiva” che insegnano i diritti da utilizzare sul posto di lavoro, le modalità per organizzare petizioni alla direzione e pubblicizzarle all’esterno del posto di lavoro onde raccogliere consensi anche nelle comunità. Tali progetti valorizzano da un lato l’ “orgoglio sindacale”, dall’altro la creazione di leader che abbiano seguito tra i lavoratori, non solamente nei posti di lavoro ma anche nelle comunità che li attorniano, sociali ma anche religiose.

Nel febbraio di quest’anno gli aderenti alla Union of Southern Service Workers (USSW) si sono riuniti presso la New Light Missionary Baptist Church di Greensboro (North Carolina) con lo slogan “ORGANIZZARE IL SUD!”, in una zona, quella meridionale del Paese, notoriamente tossica per i diritti collettivi, civili e sindacali. Erano, tra l’altro, previste quattro “lezioni”: “Conosci i tuoi diritti”, “Come amplificare la lotta”, “Come combattiamo” e “L’anima e il nostro movimento”: lezioni di ABC sindacale per azioni dirette tramite petizioni e anche scioperi per ottenere risultati immediati, prescindendo dalla contrattazione che può avvenire solo ogni tre o più anni alla scadenza del contratto.

Nel settembre 2023 i lavoratori di Amazon presso il centro logistico STL8 di St. Peters, Missouri, hanno presentato un reclamo contro l’azienda all’agenzia federale OSHA (Occupational Safety and Health Administration) per violazioni della salute e della sicurezza nel loro magazzino, sostenendo che lo staff medico interno di Amazon respingeva ripetutamente i reclami medici per infortunio (distorsioni, legamenti strappati, ernie discali, nervi schiacciati e anche casi di commozioni cerebrali) e manteneva i lavoratori sul posto.

Sempre in Amazon, un gruppo di addetti della struttura KSBD di San Bernardino (California), denominato Inland Empire Amazon Workers United, ha presentato un reclamo a OSHA nell’agosto 2023 per il caldo estremo dentro i capannoni. E anche i lavoratori Amazon di Chicago sono protagonisti di spontanei walkout (abbandoni del lavoro) e marce sul capo nell’ambito di un tentativo di ampliare ad altre sedi la loro rete di Amazonians United.

La “marcia al capo” (march on the boss) è svolta da un gruppo di lavoratori che si dà appuntamento di fronte all’ufficio del responsabile di reparto, consegna petizioni o solleva reclami o problematiche che reputa urgenti, relative magari alla salute e alla sicurezza. E’ un’azione diretta, condotta in tempi brevi, senza dar tempo a contraddittorii, che mette il potere sindacale nelle mani dei lavoratori, scompaginando, con l’elemento sorpresa, la tradizionale situazione nelle aziende in cui la comunicazione avviene sempre dall’alto verso il basso (ed è pure obbligatorio parteciparvi: nei captive audience meetings, prezzolati specialisti in contrapposizione al Sindacato spiegano perché è una brutta cosa aderirvi). Le marce contro il capo dei lavoratori del settore privato sono protette dalla legge federale sul lavoro, che le include nelle “attività concordate ai fini della contrattazione collettiva o di altro aiuto o protezione reciproca”. Negli USA cioè un gruppo che affronta insieme il capo, evidentemente senza violenze o intimidazioni, ha una maggiore protezione legale rispetto a chi agisce da solo, anche se è un rappresentante sindacale. In rete ci sono parecchi video registrati durante queste iniziative, come quello dell’agosto 2023 dei baristi di Farmingville Starbucks a Long Island in risposta al licenziamento di un collega.

In genere queste forme di sindacalismo “pre-maggioranza”, che escludono cioè la ricerca, prevista dalla normativa, di un consenso maggioritario alla presenza del Sindacato, è attuata negli Stati che vietano la contrattazione collettiva nel settore pubblico o in quelli, di nuovo solitamente nel Sud degli Stati Uniti, dove le Istituzioni e il padronato sono assai militanti per respingere il Sindacato (lo si è visto nella recente sconfitta del Sindacato UAW nell’elezione presso Mercedes-Benz in Alabama). O anche in grandi multinazionali con immense risorse per contrastare ed intimidire esplicite azioni sindacali oppure ancora nelle imprese che trascinano a lungo la dovuta trattativa, pur ottenuta con elezioni verificate dal NLRB.

I lavoratori delle aggregazioni “pre-maggioranza” hanno molti degli stessi diritti organizzativi di quelli dei Sindacati certificati. Nel settore privato essi sono protetti, come già accennato, dal NLRB ed includono il diritto di sciopero e altre forme di azione collettiva, come la petizione o una visita di gruppo al capo. Nel settore pubblico i lavoratori sono tutelati dal loro diritto costituzionale alla libertà di parola e di associazione. Ciò ovviamente non esclude, anzi corre il pericolo, di risposte padronali che vanno dall’intimidazione, alla multa al licenziamento.

Il verso della medaglia di questo tipo di organizzazione di base, è la difficoltà di raccogliere in modo continuativo le quote per le spese di funzionamento del Sindacato ed anche di proteggere i lavoratori attivi, che non hanno un Sindacato potente alle spalle, dalle ritorsioni. L’aspetto positivo è che essa dà modo ai lavoratori di costruire, coi propri tempi, una forza duratura necessaria per procedere nel coinvolgimento dei colleghi di lavoro, ottenendo magari risultati significativi senza essere soggetti a clausole contrattuali restrittive.

Il Sindacato “pre-maggioranza” più longevo nel settore privato è The Carolina Auto Aerospace and Machine Workers Union (CAAMWU-UE), in North Carolina, esistente da oltre 30 anni. I cui lavoratori hanno deciso di perseguire il sindacalismo “pre-maggioranza” dopo aver subìto alcune sconfitte, seppur risicate, nelle elezioni ai sensi del NLRB.

La più grande campagna “pre-maggioranza” attiva nazionalmente è quella di Communications Workers’ United Campus Workers, con migliaia di aderenti nelle università pubbliche in una dozzina di Stati che vietano la contrattazione collettiva del settore pubblico. Il Sindacato ha ottenuto vittorie in molti campus, tra cui l’interruzione della privatizzazione del lavoro e l’aumento dei salari.

Abbiamo cercato di fare un quadro delle forme con cui oggi i lavoratori statunitensi si organizzano per far valere i propri diritti. Caucus dentro Sindacati storici, fondazione di nuovi Sindacati più o meno legati a Sindacati esistenti oppure azioni dal basso senza transitare nella farraginosa procedura di riconoscimento che attira un impiego avverso di specialisti di antisindacalismo lautamente retribuiti con le immense risorse dell’avversario. Quest’ultima ipotesi, il sindacalismo “pre-maggioranza”, preferisce la libertà di azione sui problemi che via via si presentano invece del raggiungimento di un contratto di lavoro. Sono ovviamente i lavoratori a scegliere tra le varie ipotesi organizzative sulla base di una valutazione delle potenzialità collettive del proprio posto di lavoro. Ma tutte rappresentano un tentativo, altalenante nei risultati, di rendere il Sindacato statunitense più democratico e più radicale e di rafforzare i diritti collettivi e il potere dei lavoratori.

31 agosto 2024

Fonti principali:

J.C.Eliott, March on the boss, Industrial Worker, 18.11.2022

S.Early, What Today’s Union Reformers Can Learn from Miners for Democracy, Labor Notes, 6.1.2023

C.Perold – E.Dirnbach, Union from The Start (You Don’t Have to Wait), Labor Notes, 30.1.2023

R.Schwartz, No-Strike Clauses: Tips for First-Contract Bargainers, Labor Notes, 27.2.2023

A.N.Press, Trader Joe’s Workers Are Carrying Out an Experiment in Independent Unionism, Jacobin, 22.8.2023

J.Slaughter, We Can Thank a Union Reform Caucus for the Militant UAW Strike, Jacobin, 24.9.2023

J.Crowell – T.Dowell, Amazon Goes into Union-Busting Overdrive to Fight Campaign at KCVG Air Hub, Labor Notes, 20.12.2023

J.DeManuelle-Hall, Rail Machinists Rerun Contested Election, Labor Notes, 4.3.2024

J.Gantz, Two Years In, These “Progressive” Companies Still Haven’t Negotiated First Union Contracts, In This Times, 12.4.2024

Open letter to Teamsters General President O’Brien: We demand answers on layoffs!, World Socialist Web Site, 21.4.2024

V.Luketa, How Tens of Thousands of Grad Workers Are Organizing Themselves, Labor Notes, 29.5.2024

C.Harrison – D.Hill, Reform slate wins leadership elections of Amazon Labor Union, People’s World, 2.8.2024

O.Starn, Inside Amazon’s Union Busting Tactics, Sapiens, 29.8

https://www.ew4d.org/

https://www.tdu.org/

https://uawd.org/

https://indypendent.org/2023/08/long-island-starbucks-workers-march-on-boss-who-fired-one-of-their-own/

 

 

 

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