Sul n. 6/2024 di “Collegamenti per l’organizzazione diretta di classe” riportiamo un (profetico ?) articolo di Camillo Berneri (1929) sul problema dell’emigrazione ebraica in Palestina e del rapporto già all’epoca sempre più difficile tra ebrei e palestinesi.
L’articolo è tanto più interessante in quanto è di epoca molto antecedente all’avvento del nazismo al potere in Germania, alla Shoah, alla proclamazione dello Stato d’Israele. Il testo è preceduto da questo necessario inquadramento storico di G. Carrozza.
La questione della Palestina ha radici secolari, al punto che Camillo Berneri – nel 1929 – scrive un articolo che potremmo definire chiaroveggente. Vediamone il contesto.
Quella degli Ebrei e quella del movimento anarchico sono storie che si incrociano in varie occasioni.
Gli Ebrei subiscono durante più di un millennio le persecuzioni ad opera della Chiesa di Roma. La Rivoluzione francese riconosce il loro diritto di essere rispettati come qualsiasi altro cittadino e di praticare liberamente la loro religione. Ma questi diritti vengono calpestati dalla Restaurazione, ancora per molto tempo ed in molto paesi, come la Russia zarista ed i paesi dell’Europa Orientale dove vengono utilizzati come capro espiatorio nei momenti di più acuta tensione politica e sociale.
La vivacità culturale del mondo ebraico è pari alla varietà delle correnti politiche che lo attraversano: se la maggioranza desidera vivere in pace, praticando la sua religione ed integrandosi nei paesi dove risiede, molti di loro rifiutano la religione e danno vita ad un movimento operaio variegato e potente: anarchici, bundisti, socialisti, poi comunisti, sono accomunati dall’internazionalismo ed alimentano le lotte in tutte le zone di residenza e di emigrazione a partire dal 1880. Negli stessi anni emerge il movimento sionista che difende l’aspirazione ad una terra e ad uno Stato per il popolo ebreo, sulla base delle idee di Theodor Herzl (Der Judenstaat, 1896).
Nello stesso periodo, sulla pressione delle persecuzioni, comincia una prima ondata di emigrazione verso la Palestina (1881-1903). All’inizio soprattutto religiosa, diventa gradualmente più politica e viene influenzata dal sionismo, in particolare dalla Russia, in seguito ai pogrom legati all’assassinio dello zar Alessandro I.
Alla fine della Prima Guerra mondiale, viene smembrato l’impero Ottomano e le potenze coloniali vittoriose si spartiscono il Medio Oriente con gli accordi Sikes-Picot. La Palestina passa sotto mandato britannico dal 1920 al 1948. Il 9 novembre 1917, viene pubblicata la Dichiarazione Balfour, con cui la Gran Bretagna si dichiara favorevole alla creazione di un focolaio nazionale ebraico in Palestina. E’ un trampolino per il movimento sionista, assai minoritario fino ad allora.
La Gran Bretagna modifica i criteri di classificazione delle popolazioni e comincia a distinguerle secondo la loro religione e modifica il tessuto locale. In sostanza cerca di utilizzare gli ebrei per contrastare i fermenti nazionalisti arabi che cominciano a manifestarsi.
Gli anarchici hanno fin dall’inizio una grande simpatia per le popolazioni ebraiche, nonostante un certo antisemitismo di Proudhon o Bakunin, e la presenza di numerosi ebrei all’interno del movimento anarchico (Musham, Landauer, Berkman, Buber, Edelstat, Volin, Schwartzbard, Frager, Emma Goldman, Rose Witcop…) ne dà conferma. Il mito dell’ebreo errante, il cosmopolitismo, l’universalismo, il non-attaccamento al nazionalismo dei paesi che li ospitano, l’invenzione di una lingua a-nazionale come l’esperanto, i primi kibbutz visti come tentativi di comunità socialiste-libertarie, autogestionarie, fuori dal controllo statale, sono tutti elementi costitutivi di questa simpatia. Al momento dell’affaire Dreyfus, è l’anarchico Bernard Thomas che lancia la campagna in sua difesa e – nonostante le reticenze di alcuni che si sentono a disagio nel sostenere un militare – la stampa libertaria francese si trova in prima linea.
Nel 1929 la Palestina conta 150.000 Ebrei di origine europea ed 800.000 Arabi. Il 24 agosto a Hebron, città dove le due comunità vivevano da tempo immemorabile pacificamente fianco a fianco, si scatena un massacro. Vengono uccisi circa 70 ebrei mentre altri 435 vengono salvati da loro vicini arabi. Delle voci secondo cui gli ebrei stavano cercando di impadronirsi dei luoghi santi di Gerusalemme sono all’origine degli scontri in tutta la regione, in cui periscono 133 Ebrei e 116 Arabi.
Albert Londres – giornalista già famoso – si mette in viaggio per la Palestina. Passa per Tel Aviv, Gerusalemme e si ferma a Hebron. E’ sorpreso dalle buone relazioni esistenti tra Arabi ed Ebrei. Se a prima vista le due comunità convivono, nota che è proprio qui che i massacri sono stati più atroci. Oggi è impossibile non pensare a quello che è successo nell’ex-Yugoslavia, dove i massacri sono stati più aspri proprio fra vicini di casa o al genocidio dei Tutsi eseguito dai loro connazionali Hutu.
Il giornalista rileva i fatti e mette in luce la crudeltà dei massacri. Parla del “dramma della razza ebraica”. La stampa europea – francese in particolare – dà largo spazio ai suoi reportages che colpiscono l’opinione pubblica europea.
Ed è a partire da questi articoli che Berneri scrive il suo “La Palestina insanguinata”. Anche lui utilizza il termine “razza” corrente all’epoca per designare una popolazione o un’etnia.
Claudio Strambi ha ripubblicato nel 2014 l’articolo di Berneri (1), con un’introduzione che lo rimette nel contesto della sua epoca. Ne approfitta per citare la conclusione del volumetto berneriano L’ebreo antisemita che ancora una volta ci fornisce la misura della sua simpatia nei confronti di questo popolo perseguitato :
“L’ebreo ha contro di sé il complesso di inferiorità e il rifiuto di una civiltà cristiana sull’orlo del fallimento. Il problema si pone per lui in questi termini: assimilarsi e sparire o chiudersi nella tradizione religiosa, nel mito razziale o nel colonialismo sionista. Tra la protesta nazionalista, tradizionalista e la protesta anti-ebraica non c’è da scegliere. Ma al di sopra di queste due posizioni estreme ne esiste una terza: quella di un universalismo ebraico, in grado di compiere una missione, capace di costituire il tessuto connettivo, il sistema capillare dei popoli. Sono i senza patria i più adatti a fondare le basi della grande famiglia umana. Allora l’ebreo errante di ieri e di oggi sarà nella Terra Promessa; promessa all’uomo dalla sua volontà di storia, di libertà e di giustizia. Non è Dio ad esortare “Ascolta Israele”. E’ il dolore universale. E’ il mondo del lavoro che procede, malgrado i fili spinati dei pregiudizi nazionali e di casta, verso un avvenire migliore” (p. 95-96). (2)
A questa citazione vorrei aggiungerne un’altra che dà un’idea ancora più chiara del punto di vista di Berneri:
“Per evitare errori, che condurrebbero a polemiche ingiuste e a discussioni oziose, ritengo necessario premettere che, non credendo all’esistenza di una razza ebraica, sono ben lontano dal considerare l’antisemitismo degli ebrei come un fenomeno obiettivamente razziale.
L’ebreo non esiste. Voglio dire: non esiste un tipo razziale costante che si possa chiamare razza ebraica. Ma gli ebrei sono là. Esistono come entità sociale storica, che non è completamente etnica e psicologia collettiva, ma tuttavia è una collettività cosciente di sé. Schopenhauer lo ha detto molto bene: “La patria dell’ebreo sono gli altri ebrei”, e Renan, liberatosi dai miti razzisti, è arrivato ad opporre la tradizione ebraica alla razza ebraica” (p. 37.)
E prima che cominci lo sterminio degli Ebrei – già profondamente scandalizzato dalle angherie di cui sono vittime – nel 1935 pubblica in Argentina El delirio racista (3), mettendo in luce le assurdità della “scienza razziale” che si era affermata in Europa prima del nazismo ed in cui questo aveva attinto a piene mani.
L’interesse di Berneri per la sorte degli Ebrei non è data soltanto dalle persecuzioni di cui sono l’oggetto, ma anche dalle “soluzioni” che il sionisme pretende di apportare alle loro sofferenze e che – come possiamo constatare nell’articolo che segue – non può che essere foriero di nuovi drammi e sofferenze, per loro e per altri popoli.
4 marzo 2024 – Gianni Carrozza
NOTE
(1) Kronstadt, Foglio Anarchico e Libertario del gruppo Kronstadt Toscano, novembre 2014, p. 22-23
(2) Camillo Berneri, L‘ebreo antisemita, a cura di Alberto Cavaglion, Roma, Carucci, 1984 (il testo originale è in francese, Le Juif antisémite, Ed. ” Vita‘, Paris, s.d.,[1935]).
(3) Mussolini “normalizzatore“ e Il delirio razzista, Pistoia, Ed. Archivio Famiglia Berneri, 1986 (l‘edizione originale era in spagnolo, El delirio racista, Buenos Aires 1935).
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