Riportiamo alcune riflessioni sul tema di Cosimo Scarinzi
La considerazione da cui partire è il fatto che NON siamo difronte al classico sciopero indetto dall’assieme o da parte dell’universo del sindacalismo di base ma a un’iniziativa che si colloca in un quadro, per molti versi, nuovo e a fronte di possibilità tutte da verificare.
Abbiamo infatti alle spalle lo sciopero del 3 ottobre che ha visto assieme nell’indizione e in piazza il sindacalismo di base e la CGIL e, prima, lo sciopero a sostegno della popolazione di Gaza del 22 settembre indetto da CUB, USB e da altri sindacati.
Una novità, non l’unica né la principale ma da tenere presente, di quanto è avvenuto tra settembre e ottobre è la dialettica fra sindacalismo di base e la CGIL.A settembre, infatti, la CGIL aveva scelto di andare in solitaria indicendo uno sciopero il 19 che, a causa della legislazione sullo sciopero, era solo per le categorie del settore privato con l’effetto di determinare tensioni interne e di assistere dall’esterno a una mobilitazione di straordinaria e imprevista ampiezza il 22 settembre.
Preso atto della situazione, la stessa CGIL ha accettato un indizione unitaria dello sciopero del 3 ottobre indetto, di fronte al blocco della Global Sumud Flotilla, con CUB e USB e con la Confederazione Cobas che si era aggiunto nel frattempo, un’obiettiva novità.
Ovviamente, chi scrive per triste privilegio dell’età e dell’esperienza non si caratterizza per eccessivo stupore ed entusiasmo di fronte alle svolte a sinistra della CGIL, che spiega, come è già avvenuto in passato, col fatto che, di fronte a un governo di destra, CGIL e CISL si collocano su posizioni opposte e la CGIL indurisce la sua posizione mentre la CISL si prosterna con la UIL che oscilla fra le due. Quanto questa deriva sia contingente o strutturale lo verificheremo col tempo, per ora questo è un dato di fatto da cui prendere le mosse.
Ma la vera novità è la straordinaria riuscita della mobilitazione con centinaia di migliaia di persone in piazza, un universo complesso e interessante: settori di lavoratrici e lavoratori che in categorie come quelle della scuola e dei trasporti, ma non solo, hanno scioperato in buon numero, studenti e studentesse, cittadine e cittadini.
Per di più è stata evidente la simpatia che circondava la mobilitazione, una simpatia determinata dalla consapevolezza che a Gaza si era di fronte a una strage di civili molti dei quali bambini.
Questo senza dimenticare il fatto che lo sciopero del 3 ottobre forza per la prima volta da anni in misura massiccia la situazione rispetto alla legislazione antisciopero, un passaggio politico del quale non va sottovalutata la rilevanza. A questo proposito vale la pena di leggere quanto scrive Sergio Fontegher Bologna, studioso del movimento operaio, su “Il Manifesto” del 20 ottobre 2025 nell’articolo “Per un futuro del movimento pro Palestina”.
“L’energia accumulata nelle manifestazioni per la Palestina deve tradursi nel rimettere in discussione i rapporti di potere nei paesi capitalistici e in particolare nell’Italia di Meloni. Che sia questa la nostra maggiore preoccupazione. Per ottenere migliori condizioni di vita e di lavoro dei giovani intrappolati nella gig economy, dei freelance, dei precari della scuola e della sanità, dei salariati dell’industria, degli schiavi della raccolta pomodori o della logistica. Perché questo e non altro significa cambiare i rapporti di potere…..Se persino il presidente della Repubblica si è deciso finalmente a dire una parolina sulla questione salariale, vuol dire che nelle alte sfere qualcuno ha capito che la situazione sociale in Italia ha toccato un punto critico. E qualora le energie di liberazione e di rivolta sprigionatesi nelle manifestazioni per la Palestina dovessero prendere la strada giusta, le cose potrebbero cambiare. Ma sul serio.
Inoltre, c’è un’altra considerazione da fare. La situazione a Gaza è complessa, la spinta ad appoggiare la causa palestinese può frammentarsi e dividersi. Potrebbe succedere il peggio del peggio e cioè che di tutta questa energia accumulata rimangano soltanto dei residui focalizzati sulla contrapposizione fisica. Mentre la sua grande forza è stata quella di essere un movimento pacifico e di massa. Perché sia di massa un movimento non può che essere pacifico, pur nella sua intransigenza. Così può contare sul piano dei rapporti di potere e non ridursi a pura testimonianza.”In queste note, a mio avviso, si coglie il problema e la scommessa che abbiamo di fronte e che inizieremo a verificare col prossimo sciopero:
“E qualora le energie di liberazione e di rivolta sprigionatesi nelle manifestazioni per la Palestina dovessero prendere la strada giusta, le cose potrebbero cambiare. Ma sul serio.”.
Veniamo all’oggi, mentre stendo questo articolo arriva la notizia che la CGIL intende indire uno sciopero il 12 dicembre. Non è necessaria un’intelligenza politica fuor di misura per capire che non intende accettare una data già proposta e che il giro di valzer del 3 ottobre non è detto che si ripeta. Evidentemente settori importanti dell’apparato della CGIL non ritengono utile un asse col sindacalismo di base anche perché il clima, l’entusiasmo, la mobilitazione che c’erano all’inizio di ottobre oggi non sembrano darsi e molti apparatnik evidentemente ritengono che si può tornare all’ordinaria amministrazione.
D’altro canto l’approccio “unitario” della CGIL era più funzionale a presentarsi come democratici, pluralisti e, appunto, “unitari al movimento nella sua fase di massima estensione e vivacità che a rinsaldare i rapporti con organizzazioni sindacali inevitabilmente percepite come concorrenti e con le quali i rapporti non sono, nella quotidianità, sereni.
Esaminiamo la situazione, al momento lo sciopero del 28 novembre vede l’indizione o l’adesione allo sciopero, a quanto risulta dal sito della Commissione di Garanzia dell’esercizio del diritto di sciopero, di ADL Cobas, CLAP, Confederazione Cobas, CUB, Sbm, Sgb, Si Cobas, SIAL Cobas, Usb, USI 1912, USI CIT .
Il 5 novembre i Cobas Scuola hanno pubblicato un appello a cercare un accordo sulla data fra sindacati di base e CGIL e a ritirare entrambe le indizioni per concordarne una nuova e comune, appello, lo dico senza sottovalutare la questione di merito, coerente con loro posizioni storiche basate sulla ricerca indefessa di una relazione con la CGIL.
In realtà si tratta di una proposta di non semplice realizzazione e da parte dei Cobas sembra volta più che altro a conquistare il ruolo di “federatori”.
Circolano anche appelli ampiamente condivisibili ma che vedono difficoltà evidenti di militanti della CGIL e del sindacalismo di base per una soluzione unitaria e, nel concreto, per stare sulla data del 28.In ogni caso, nei prossimi giorni, la situazione per quel che riguarda la data dello sciopero e il giro di valzer fra sindacalismo di base e CGIL troverà un qualche chiarimento.
Vale ora però la penna di concentrarsi sulla piattaforma di sciopero sulla base dei documenti originali.
Utilizzo, ma non è l’unico in circolazione, estratti di un documento della CUB del 23 ottobre che ha, a mio avviso, il pregio della sintesi..
“SCIOPERO GENERALE DEL 28 NOVEMBRE: MOBILITAZIONE AL SERVIZIODI LAVORATORI E MOVIMENTI
Le ragioni per un altro SCIOPERO GENERALE E GENERALIZZATO sono tante, in continuità con le mobilitazioni delle ultime settimane e le proclamazioni degli scorsi 22 settembre e 3 ottobre.
PER LA PALESTINA E I PALESTINESI
Mentre si avvicina la “Giornata internazionale della solidarietà con il popolo palestinese” del 29 novembre, data in cui in tutta Europa si terranno numerose manifestazioni, tutti ormai sanno che in Palestina non esiste alcun accordo di pace ma solo una tregua, peraltro ignorata da Israele che continua a massacrare i civili Palestinesi….. Come non bastasse, Israele, con l’avallo di Trump, inseguendo l’inaccettabile disegno della Grande Israele ha ripreso i bombardamenti in Libano.
CONTRO LA GUERRA E L’ECONOMIA DI GUERRA
I venti di guerra spirano sempre più forti, non solo in Medio Oriente ma anche in Europa, ben oltre i confini dell’Ucraina e nel mondo….. L’economia di guerra sta rendendo estremamente critiche le condizioni materiali delle masse popolari e dei lavoratori in Italia, alle prese con i tagli allo stato sociale e ai servizi pubblici.
PER I SALARI E I DIRITTI DEI LAVORATORI, LA SANITÀ, LA SCUOLA E I TRASPORTI
La Legge di Bilancio 2026 non prevede alcun serio intervento per aumentare concretamente i salari dei lavoratori in Italia mentre si allunga l’età per andare in quiescenza e le pensioni più basse restano inchiodate alla povertà. L’aumento del costo della vita costituisce una piaga che assilla l’economia di milioni di persone in Italia, ormai alle prese con uno scivolamento costante in una condizione di povertà profonda.
Nel frattempo, mentre Meloni&Co prevedono di spendere fino al 5% del Pil in spese militari (22 miliardi di euro in 3 anni!), nulla viene fatto per garantire un adeguato ed efficiente Servizio Sanitario pubblico e universale, né si progetta l’auspicato risanamento della Scuola e dell’Università, né si vara un piano per una concreta ristrutturazione del servizio di trasporto pubblico, tale da favorire la mobilità nelle grandi città e la connessione da e per l’Italia.
Niente neppure per quanto riguarda un intervento a tutela delle condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro mentre lo stillicidio di morti e incidenti sul lavoro continua senza sosta.
PER IL RILANCIO DI UN PIANO DI EDILIZIA POPOLARE
L’assenza di un Piano di edilizia popolare è ormai una piaga che neppure il Governo Meloni vuole risolvere mentre il caro affitti sta diventando un problema che non conosce eguali nella storia recente in Italia.
CONTRO LO SFRUTTAMENTO DELL’AMBIENTE CHE IPOTECA IL FUTURO
Per non parlare della mancanza di veri interventi per un progetto di tutela e risanamento ambientale in grado di garantire alle future generazioni l’adeguata vivibilità delle città e non solo.
È importante sottolineare il fatto che la Cub ha indetto lo sciopero generale del 28.11.2025, individuando una data in cui tutte le categorie dei lavoratori, anche quelle dei servizi essenziali, possono astenersi dal lavoro, evitando il liberticida intervento della Commissione di Garanzia: si conferma la disponibilità di rendere disponibile la proclamazione alle altre oo.ss. E di valutare eventuali riprogrammazioni che collettivamente decideremo.”
Ora è evidente che vi è fra il prossimo sciopero e quelli del 22 settembre e del 3 ottobre una continuità per quel che riguarda la mobilitazione su quanto avviene a Gaza e, parallelamente, un’accentuazione del peso che si da al fronte interno e allo scontro capitale – lavoro ed è proprio questo il passaggio centrale che dovremo verificare sul campo.
Senza sottovalutare le mobilitazioni, ovviamente positive, degli studenti e della società civile è proprio sulla rilevanza e radicalità della mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori che si gioca la partita.
NOTA
· Questo testo sconta il fatto che la costruzione dello sciopero del 28 novembre è un work in progress e che per molti versi la situazione potrebbe cambiare. D’altro canto la seguiremo con attenzione.

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