Dal n. 7 di “Collegamenti per l’organizzazione diretta di classe” (autunno 2024) riportiamo questa intervista a TWC Italia a cura di MDA
Tech Workers Coalition è un’organizzazione che si rivolge a lavoratori e lavoratrici che operano nel settore delle tecnologie digitali (intesi in senso lato: programmatrici, rider, magazzinieri, ingegneri, sistemiste, grafici, copywriter, personale di servizio e di cucina), nata a San Francisco nel 2014 a seguito di uno sciopero congiunto di programmatori e personale di servizio per far assumere il personale della mensa di Google a tempo indeterminato, ha in seguito aperto sedi in vari Paesi tra cui l’Italia.
“Collegamenti” ha rivolto alcune domande al gruppo degli organizzatori di TWC Italia.
Come e quando è nata TWC Italia ?
Il nucleo fondativo di TWC Italia si è formato nel 2020 partendo dalle esperienze estere di uno dei membri che ha voluto replicare il modello organizzativo anche nel nostro paese. Siamo partiti, quindi, in piena era COVID, e questo ha significato che la prima fase dell’organizzazione è stata per lo più online Questo ha portato perciò ad avviare l’esperienza italiana con una sezione nazionale, al contrario dell’estero dove solitamente vengono messe in piedi prima le sezioni locali che si coordinano a livello nazionale in un secondo momento.
Dopo una prima fase votata alle campagne di sensibilizzazione dedicate ai tech workers nel senso più ampio (Campagna Alziamo la testa)(1) e agli studenti universitari (Campagna Apriamo gli occhi) (2), con l’allentarsi delle restrizioni dovute alla pandemia ci si è spostati anche verso gli eventi in presenza come i Logout, serate di conoscenza e scambio con altri tech worker in posti conviviali ed eventi di studio e approfondimento che coinvolgono realtà interessate a portare avanti discorsi comuni sul lavoro, ambiente e futuro.
Attualmente manteniamo quindi una duplice anima, online e offline: mentre la parte online è coordinata a livello nazionale per quanto riguarda gruppi di studio e attività quotidiane di sportello sindacale, per la parte offline siamo soliti lasciare ampia libertà ai singoli gruppi presenti nelle varie città come Roma, Bologna e Milano, facendo creare sinergie locali centrate sul luogo di residenza e lavoro dei tech worker.
TWC si presenta come una organizzazione internazionale. In Europa risulta presente anche nei Paesi Bassi, a Berlino e a Dublino. In che misura le sezioni dei diversi Paesi interloquiscono effettivamente fra di loro ? Esiste a livello di Unione europea il tentativo di delineare una strategia unitaria ?
Esiste un coordinamento globale delle varie sezioni di TWC. Attualmente in Europa le sezioni più attive e stabili sono quella di Berlino e quella italiana. Alcuni dei nostri organizzatori stanno lavorando duramente per arrivare a un coordinamento strategico unitario fra le varie sezioni: tuttavia a causa della differenza delle condizioni di lavoro, delle normative in materia e anche delle esperienze personali dei vari membri non è un’attività semplice. Ci si sta quindi concentrando sul trovare nuovi paradigmi di analisi e azione che affianchino e a volte superino le strategie e le tattiche di rivendicazione che storicamente vengono utilizzate nelle battaglie per i diritti dei lavoratori.
Quali differenze significative ci sono tra le attività svolte da TWC in Italia e negli Stati Uniti ? (eventualmente anche paragonando con altre sezioni)
Il mondo del lavoro e sindacale è completamente diverso sulle due sponde dell’Oceano. In Italia, al contrario degli Stati Uniti, il compito di TWC non è quello di convogliare le energie presenti all’interno di un movimento, come quello dei tech worker, per poterle incanalare nel miglior modo possibile ed ottenere degli avanzamenti concreti nelle condizioni lavorative di tutti poichè semplicemente non esiste nel nostro paese un movimento del genere, che invece oltroceano è strutturato ed ha legami molto forti e trasversali con altri movimenti che si battono per i diritti LGBTQ+, ambientali e antirazzisti. Compito di TWC Italia è quello di creare questo movimento, di risvegliare le energie sopite di lavoratori, di essere anche a supporto del sindacalismo tradizionale per far si che un movimento che nasce dal basso possa poi avere rappresentanza all’interno delle istanze aziendali e nazionali.
In quali settori siete particolarmente presenti in Italia ?
In Italia siamo attivi per lo più nelle realtà che si occupano di produzione di software, di integrazione, di assistenza informatica. Ci teniamo a sottolineare che per noi il concetto di tech worker non include soltanto chi è impiegato nel settore IT (Information technology) ma anche chi in qualche modo subisce la tecnologia quotidianamente all’interno del proprio lavoro come per esempio i rider o i lavoratori delle piattaforme. Perciò la nostra visione è molto ampia e mira ad una sindacalizzazione trasversale sia rispetto alle competenze lavorative e relative retribuzioni sia ai diversi contratti nazionali applicati: è una visione del tutto nuova nel panorama italiano che si è vista in passato solo timidamente espressa in alcune esperienze di base.
Dal vostro sito emerge che TWC non intende essere un “sindacato” in senso stretto. Che cosa vi proponete esattamente ? Avete rapporti di collaborazione con altri sindacati ?
Riteniamo che per ogni lavoratore sia una buona idea quella di entrare nel mondo sindacale, possibilmente con un ruolo attivo e non come semplice fruitore. TWC rientra in quello che viene definito alt-labor, nuove forme di organizzazione dei lavoratori che non rientrano nelle tradizionali strutture sindacali ma che cercano di affrontare le sfide poste dai cambiamenti delle politiche economiche contemporanee da nuovi punti di vista e con nuove strategie. Come TWC Italia abbiamo da subito ritenuto essenziale instaurare un rapporto di scambio proficuo con i sindacati che si è concretizzato nel percorso che abbiamo chiamato Union Pathfinding (3): un percorso di avvicinamento sindacale, che convoglia le richieste dei lavoratori che ci contattano verso il sindacato che più si adatta alle problematiche e alle rivendicazioni personali. Attualmente abbiamo proficue collaborazioni a livello nazionale e locale con CGIL, UIL, IWW
In Italia si è sviluppato un attivo movimento (sia pure frammentato in una miriade di collettivi) tra i “rider”, anche TWC è presente in questo comparto ? Avete rapporti con alcuni di questi organismi ?
In Italia gran parte delle rivendicazioni di migliaia di rider sono state accolte grazie al lavoro di collettivi come Deliverance e Riders Union che a volte hanno coinvolto anche realtà sindacali tradizionali. TWC si rivolge certamente anche ai rider, ma la politica che abbiamo adottato è quella di rendere più forti le rivendicazioni di questi collettivi instradando verso di loro le richieste che ci raggiungevano per quel settore. Sono realtà che sosteniamo apertamente, rilanciando le loro richieste e i loro comunicati e cercando di supportare le loro iniziative.
Quali difficoltà incontrate particolarmente nella vostra attività ?
Le difficoltà maggiori nel portare avanti il nostro lavoro sono essenzialmente due:il clima di individualismo diffuso nel mondo tech, figlio diretto della cosiddetta ideologia californiana e una diffusa sfiducia verso i sindacati tradizionali, dovuta più al sentito dire che ad una conoscenza diretta.
Quotidianamente ci impegniamo, per lo più sui nostri canali online ma anche di persona, nella decostruzione del mito del „sindacato che non fa nulla“ o del sindacato come mero fornitore di servizi: la nostra idea è che un sindacato è in salute ed efficace se ogni singolo iscritto è partecipe, nelle sue possibilità, alle attività dello stesso.
Per quanto riguarda l’iper individualismo diffuso, ci sono varie cause che cerchiamo di aggredire in maniera più o meno diretta. Le università tecniche sono, per esempio, diventate delle appendici più o meno velate, dell’industria IT. Si inizia quindi fin dai corsi universitari ad esaltare la competizione come sana ed utile per se stessi e l’intera società. Abbiamo in passato lavorato con delle campagne universitarie, che abbiamo in mente di riprendere, proprio per iniziare a scardinare tali narrazioni che, facendo priming (4) nella mente di studenti che non hanno ancora approcciato al mondo del lavoro, vengono viste come verità immutabili. D’altro canto, una volta entrati in azienda, il continuo ricorso ai superminimi e benefit individuali, su cui viene richiesto il massimo riserbo, fa si che fra colleghi non si condividano dati ed esperienze che potrebbero far risaltare problemi comuni che potrebbero essere affrontati congiuntamente anzichè andando in ordine sparso. È una precisa strategia delle aziende che favorisce il job hopping, lo spostamento dopo pochi anni o addirittura mesi tra aziende concorrenti, come risoluzione dei propri problemi salariali o di ambiente di lavoro. Ma ora che il mercato sta andando verso una stasi e che la moblitià anche nel campo IT si sta fermando, sono tanti i lavoratori che si rendono conto che l’unico vero modo di risolvere problematiche è unirsi, condividere le lotte e scegliere come alleati i proprio colleghi e non i dipartimenti di risorse umane. E di questo iniziale cambio di passo ci sentiamo un po‘ responsabili anche noi.
Abbiamo visto che siete particolarmente attivi nella lotta contro il “body rental”. Potete spiegarci meglio in che cosa consiste questo problema ? In quale modo questo fenomeno di sfruttamento lavorativo potrebbe essere superato ?
Il body rental non è altro che il caporalato spostato nelle aziende tech. Parliamo infatti di intermediazione illecita di manodopera che viene però tollerata e diventa anzi lo standard in alcuni contesti. Grosse realtà nazionali ed internazionali vincono infatti appalti pubblici o grossi progetti privati senza avere competenze e personale per poter portare a termine tali lavori: per poter quindi chiudere gli appalti si inizia a cercare manodopera in altre aziende, che a loro volta ripetono l’iter verso altre aziende, generando un gioco di scatole cinesi in cui ci guadagnano solo gli intermediari e le conseguenze sono scaricate sempre sul lavoratore che viene sotto pagato, si trova a lavorare in contesti poco chiari dove il potere direttivo è esercitato da più attori, portando spesso a prodotti finali pessimi e situazioni di disagio e burnout per i lavoratori.
È evidente che non c’è la volontà politica di superare il problema, poichè la situazione è nota da decenni e basterebbe vigilare sugli appalti, mettere un limite ai subappalti ed applicare norme che sono già nell’ordinamento per evitare tutto ciò.
Dal nostro canto abbiamo notato che, formando e informando correttamente i lavoratori, essi diventano consapevoli che quello che per anni hanno ritenuto una prassi normale è invece un abuso a cui possono ribellarsi: per questo insistiamo molto sul fatto che bisogna lavorare costantemente sul demistificare alcune vulgate che purtroppo sono diffuse anche da università e mezzi di informazione di massa che tendono a normalizzare queste politiche di sfruttamento.
NOTE REDAZIONALI
“Collegamenti“ si è occupata del tema dei lavoratori digitali (“platform worker“) e dei rider nei precedenti numeri 3/2022, 5/2023 e 6/2024.
i siti di TWC sono:
https://techworkerscoalition.org/
(1) https://alziamolatesta.twc-italia.org/
(2) https://twc-italia.org/news/2021-05-03-apriamo-gli-occhi/
(3) “TWC Italia sta lavorando ad un modello che abbiamo battezzato “Union Pathfinding”.
L’idea è semplice: costruire una rete di sindacati di tipo diverso interessati ad organizzare i tech worker,
standardizzare le richieste di supporto che ci arrivano o che arrivano ad altre organizzazioni di tech worker,
▶️creare regole precise e semplici per inoltrare queste richieste di aiuto al sindacato più adatto a supportarle oppure ad altre realtà se necessario,
L’obiettivo è far diventare TWC un punto di accesso per tutti quei/quelle tech worker che vogliono prendere l’iniziativa e acquisire le conoscenze necessarie ad organizzarsi nella propria azienda col supporto dei sindacati.“, 16 marzo 2022 https://mastodon.bida.im/@twcitalia/107965684920008060
(4) Il Priming è un concetto che proviene dalla psicologia cognitiva e può essere descritto come quel meccanismo di regolazione in base al quale l’elaborazione precedente delle informazioni influenza l’elaborazione delle informazioni successive.
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