Dal n. 9 di “Collegamenti per l’organizzazione diretta di classe” riportiamo questo articolo di Ezio Boero

festeggiamenti per il 500° negozio Starbucks sindacalizzato
Due immagini di una lotta sindacale sono ormai considerabili una pietra miliare della lunga e tortuosa strada del movimento sindacale statunitense: nella prima, ragazze e ragazzi festeggiano la loro vittoria di fronte ad una caffetteria; nella seconda, la delegazione di trattativa, ripresa dall’alto: una cinquantina di giovani votati dai loro colleghi per seguire la stipulazione del primo contratto collettivo in Starbucks.
Il Sindacato Starbucks Workers United (d’ora in poi SBWU) nasce nel 2021, è affiliato al Sindacato più grande Service Employees International Union (SEIU) ed è costituito per la maggior parte da giovani, molti/e ad alta scolarità, pagati con salari di poco superiori a quello minimo (che varia da Stato a Stato degli USA e per questo è oggetto dal 2012 di una campagna nazionale per aumentarlo almeno a 15 dollari in tutta la Nazione).
La multinazionale Starbucks ha 350.000 dipendenti (quasi quanti sono gli abitanti dell’Islanda) e 36.000 negozi in 83 Stati del mondo. Un posto di favola, secondo l’amministratore delegato, Howard Schultz, finché qualche suo dipendente (che lui chiama inopinatamente partner) s’è messo in testa di organizzare il Sindacato in una caffetteria per contestare le basse retribuzioni e gli alti carichi di lavoro, non accontentandosi delle regalie aziendali.

la squadra di contrattazione SWU
Vantando le sue origini popolari, Schultz si era da subito rivolto in modo accorato ai refrattari, pronunciando ad un gruppo di baristi la frase: “la coperta deve essere divisa tra tutti”. Nei fatti, però è lui che sta ben coperto; Schultz, infatti, secondo Forbes, detiene un patrimonio netto di quattro miliardi di dollari. E poteva permettersi anche una fama d’imprenditore progressista: la sua azienda pareva risolvere due problemi centrali dei lavoratori dipendenti USA che il Governo federale non affronta: la copertura sanitaria (pagata in parte da Starbucks, anche se riguarda solamente coloro per cui l’azienda certifica un impiego di più di 20 ore settimanali) ed anche un contributo alle tasse universitarie. Un cotanto progressista fece sì che Hillary Clinton pensò a lui come Segretario al Lavoro, se lei avesse vinto le presidenziali nel 2016. Schultz stesso pensò a candidarsi come Presidente degli USA (come indipendente o nel Partito Democratico).
Quando però, nel 2021, nasce il sindacato SBWU, e comincia ad ottenere, una caffetteria dopo l’altra, vittorie nelle elezioni (obbligatorie negli USA, per entrare in un posto di lavoro) la facciata liberale di Schultz comincia a sgretolarsi. Lui lo prende come un affronto personale: non pensava fossero così poco riconoscenti da voler trattare autonomamente da pari a pari le condizioni del proprio lavoro, senza sottomettersi alla sua totalizzante ideologia d’impresa. Quella ben descritta sul sito aziendale One.Starbucks, che “spiega” come votare nelle elezioni di sindacalizzazione: “Dai il tuo voto. Votare “Sì” significa che il sindacato parlerà per te. Votare “No” significa che continuerai a parlare per te stesso e a lavorare direttamente con la tua leadership di Starbucks”. Il sito è stato denunciato come antisindacale da parte del National Labor Relations Board (NLRB), l’Agenzia federale che dal 1935 si occupa dei diritti del Lavoro.
Per fermare la spinta collettiva, Starbucks fa entrare subito in campo a Buffalo (la prima crepa del Sistema) alcuni dirigenti aziendali per tallonare i lavoratori e costringerli (cosa consueta negli USA) a frequentare riunioni di ideologia antisindacale. Poi chiude alcuni negozi sindacalizzati e ne riempie altri di fedeli per creare maggioranze lealiste. Quando l’iniziativa si diffonde nel Paese, inizia i licenziamenti di organizzatori sindacali, tutti contestati dal Sindacato al NLRB come chiare ritorsioni di attività sindacali legalmente protette: come i tre a Overland Park, Kansas (dove i lavoratori rimasti hanno fatto sciopero), una barista di Phoenix, Arizona (caso limite, perché le precedenti accuse sindacali all’azienda, di ritorsione per l’impegno sindacale, erano state confermate dal NLRB poche settimane prima) e i quattro promotori sindacali di un grande negozio di Los Angeles (buttati fuori proprio nella settimana delle votazioni per la sindacalizzazione). O ancora, proprio a Buffalo, il licenziamento ad agosto 2022 del rappresentante sindacale, con motivazioni artificiose (il cui filmato “in diretta” ha fatto il giro del mondo su YouTube ed è stato seguito dall’uscita immediata di tutti i suoi colleghi di lavoro che sono entrati in sciopero).
Ma soprattutto il licenziamento dei Memphis Seven, i 7 baristi/e licenziati/e nel 2022 per aver parlato coi media durante la campagna di sindacalizzazione. Memphis è la città del Tennessee dove nel 1968 fu assassinato Martin Luther King che era lì per appoggiare uno sciopero dei lavoratori dei servizi igienico-sanitari. L’ingiunzione a riassumere i 7 licenziati, emessa da un giudice distrettuale di Memphis e confermata l’anno scorso da una Corte d’Appello di Cincinnati (Ohio), è stata portata in appello da Starbucks alla Corte Suprema, spendendo migliaia di dollari per un caso che potrebbe rappresentare, se prevedibilmente risolto a favore dell’azienda, vista la maggioranza reazionaria della Corte, un precedente negativo per tutti i lavoratori degli Stati Uniti. SBWU ha dichiarato che Starbucks “ha appena esteso la guerra ai propri dipendenti a tutti i lavoratori statunitensi”. Mentre l’azienda ha candidamente dichiarato che non esistono motivazioni ragionevoli che il licenziamento dei sette, ormai famoso negli USA, sia dovuto alla sindacalizzazione, ma sarebbe la conseguenza del fatto che hanno “aperto” il negozio senza consenso a giornalisti che hanno poi scritto della vertenza.
In questi 4 anni, Schultz intendeva anche aumentare i salari e i benefici solamente ai baristi dei negozi non sindacalizzati, fregandosene della possibilità di essere rimproverato dal NLRB per un’azione con tutta evidenza tesa a contrastare la legittima iniziativa sindacale. Aveva infatti annunciato uno stanziamento di quasi un miliardo di dollari a favore dei baristi dei negozi non sindacalizzati, dichiarando: “Il contratto sindacale non si avvicinerà nemmeno lontanamente a quello che Starbucks offre”. Cioè: provate voi, negozio per negozio, a ottenere quello io ho magnanimamente concesso a tutti i lavoratori fedeli.
Le multinazionali statunitensi contrastano il Sindacato anche utilizzando ditte esterne per attività di union busting -contrasto del Sindacato- che utilizzano spesso la motivazione che esso è un fattore esterno che turba la felice quiete del rapporto individuale tra padrone e lavoratore, che hanno gli stessi diritti: il primo può licenziare senza giusta causa, il secondo può licenziarsi quando vuole.

La “marcia contro il capo” forma di protesta collettiva tipica degli USA
Ma le varie forme di intimidazione dei promotori del Sindacato sono più difficili da applicare in Starbucks a causa delle caratteristiche “di base” del Sindacato, che è “sfornato” sul posto di lavoro e “non arriva dall’esterno”. Ed anche perché, in attesa di un “contratto quadro” nazionale di Starbucks (ipotesi, per ora, remota perché, come vedremo, le trattative, infine concesse, sono arenate), se non altro l’utilizzo di riunioni obbligatorie per diffondere la “linea aziendale” (previste dalla famigerata legge antisindacale legge Taft-Hartley del 1947) si sta rivelando meno efficace, in quanto i giovani dipendenti ad alta scolarizzazione sono spesso in grado di controbatterla.
Sono centinaia i casi di comportamento antisindacale di Starbucks negli USA, tanto che il NLRB ha imposto persino un, raramente usato, ordine di contrattazione, anch’esso poi non praticato dall’azienda, in un negozio in cui il Sindacato aveva perso, perché un’elezione equa era impossibile a causa delle continui ostacoli padronali. Lo stesso NLRB, infastidito dalla quantità di ripetute violazioni delle leggi federali e dall’intasamento dei processi del lavoro a seguito di continui ricorsi aziendali, ha chiesto alla dirigenza di Starbucks di registrare e diffondere ai dipendenti un messaggio in cui spiega al personale che ha il diritto di formare un Sindacato (sic). Cosa che l’azienda ha dovuto infine praticare, in tutti i 2.500 negozi degli USA, solo nel marzo 2023, a seguito di un nuovo pronunciamento di un giudice NLRB.
Starbucks ha inanellato una sequenza di illegalità di ritorsione che l’ha fatta diventare uno dei peggiori trasgressori del diritto del lavoro nella storia degli Stati Uniti: il New York Times del 23 febbraio 2024 si è chiesto se Starbucks, sorpassando Amazon, fosse ormai negli USA alla testa dei “Villain of Big Labor”, le canaglie contro il lavoro organizzato. Sono ormai 130 in 3 anni le citazioni legali rivolte dal Sindacato al NLRB e un migliaio le varie violazioni delle leggi sul lavoro, tra cui le decine di licenziamenti di organizzatori e la chiusura dei negozi sindacalizzati, anche se redditizi (il NLRB ne ha individuate 23 a livello nazionale). Il NLRB ha pure “ricordato” all’azienda che non può vietare agli addetti di apporsi sul bavero dell’indumento di lavoro spille del Sindacato.
Purtroppo l’azienda non corre grandi rischi perché per i casi di attività illegale antisindacale non è prevista alcuna sanzione monetaria ma solo un’intimazione del NLRB di contrattare in “buona fede”. Al massimo, il dover riassumere, dopo mesi di diatribe giudiziarie, i lavoratori licenziati. Uno dei giudici l’ha motivata col fatto che Starbucks ha mostrato “un generale disprezzo per i diritti fondamentali dei dipendenti”.
Per le norme vigenti negli USA, il contratto deve essere siglato entro un anno dall’approvazione del Sindacato da parte della maggioranza dei lavoratori della singola unità produttiva. Alle istanze dei lavoratori Starbucks, l’azienda ha finora contrapposto una sistematica campagna dilatoria e denigratoria, che si stima sia costata 240 milioni di dollari nel solo 2023, rifiutandosi di aprire delle vere trattative per la stipula di un contratto, che non è stato finora possibile firmare in nessuna delle sedi sindacalizzate.
E quando Schultz era già transitato dal ruolo di Amministratore Delegato a quello di Presidente onorario, ha ricevuto ancora una (ennesima) diffida per avere infranto nel 2022 la legge federale sul lavoro, dicendo irritato ad un barista della California, che auspicava il Sindacato, che “se non sei felice di Starbucks, puoi andare a lavorare per un’altra azienda”. La dichiarazione pubblica di Schultz è stata giudicata dal NLRB una minaccia illegale e coercitiva.
Come si vede, il ruolo dell’agenzia federale NLRB, con la nuova dirigenza nominata da Biden nel 2020 nella persona dell’ex sindacalista Jennifer Abruzzo, ora destituita da Trump, è stata assai utile in molti casi alla difesa delle legittime azioni di costituzione del Sindacato, che devono transitare attraverso una farraginosa procedura che favorisce l’intervento ostativo delle immense risorse delle aziende che utilizzano forme, assai ben retribuite, di antisindacalismo professionale.
Starbucks non può essere estranea alle istanze di “decertificazione”, di abiura del Sindacato, che un’organizzazione di destra, la Work Foundation’s Legal Defense Team, ha avviato, con l’aiuto di dipendenti filopadronali, in una quindicina di negozi che avevano votato per l’ingresso del Sindacato. Già sconfitta nel tentativo di raccogliere il necessario 30% delle firme dei dipendenti per annullare il Sindacato nel primo negozio sindacalizzato, a Buffalo, questa associazione reazionaria persegue il suo scopo in altri negozi sindacalizzati, utilizzando dipendenti filopadronali. Ma ha fallito nuovamente, sia a New York City che nel Mall of America a Bloomington (Minnesota): non solo il NLRB non ha accettato i suoi ricorsi, che chiedevano di rifare le elezioni per procurarsi una nuova maggioranza antisindacale, ma, preso atto che Starbucks ha illegalmente rifiutato finora di contrattare nei tempi previsti nelle prime sedi sindacalizzate, ha prolungato di un ulteriore anno la possibilità di firmare il contratto di lavoro in quelle caffetterie.
UNA SERIE DI VARIEGATE LOTTE
“Persone e non macchine da profitto”, così una barista della Louisiana, Lizzie Harlow, ha auspicato su HuffPost possano essere i lavoratori di Starbucks. Con questo intendimento, fin dalla prima sindacalizzazione, è iniziata una “guerra di logoramento”, che riprende da dove precedenti iniziative di altri Sindacati avevano fallito in Starbucks prima del 2021 o i risultati raggiunti erano durati poco tempo.
Dal 2021, SBWU ha vinto ad oggi in più 550 negozi, sindacalizzando 12.000 lavoratori che hanno votato sede per sede (così come impone la legge del lavoro degli USA). Nella sola giornata del 20 febbraio 2024 sono state presentate istanze di sindacalizzazione in 21 caffetterie di tutta la Nazione, da cui è stata inviata una lettera congiunta all’Amministratore Delegato dell’azienda che rivendica “salari più alti, orari equi e coerenti, benefici migliori e un posto di lavoro sicuro e dignitoso”.
SBWU lo ha fatto attraverso iniziative le più varie, sul posto di lavoro e anche sul territorio, indicendo finora scioperi in oltre 190 punti vendita per oltre 450 giorni in totale. Il più lungo, nel settembre 2022, di 64 giorni, a Brookline (Massachusetts), ha portato infine alla sindacalizzazione dei dipendenti.
Due bus sindacali verdi e neri con l’emblema del Sindacato, partiti da Minneapolis / St. Paul, hanno girato gli USA, nel luglio 2023, per pubblicizzare la lotta. Lo slogan, scritto sulla fiancata dei bus, è “The Union is calling” (il Sindacato chiama / ti sta chiamando). Precisato con “Quest’estate ci stiamo mobilitando per mostrare a Starbucks com’è veramente il potere dei lavoratori”. L’idea di pubblicizzare le proprie istanze con un mezzo visibile in giro per il Paese non è nuova negli USA: nel 1908 Eugene Debs, segretario del Partito Socialista (incarcerato nel 1918 per 3 anni per una difesa pubblica degli obiettori di coscienza alla prima guerra mondiale), fece comizi a 50.000 persone in varie città, raggiunte coast-to-coast col treno elettorale “Red Special”.
SBWU ha anche organizzato importanti azioni di sciopero a livello nazionale. Il 17 novembre 2022 è stata praticata in 105 sedi la “Red Cup Rebellion” per interrompere il lavoro durante il grande evento di vendita di Starbucks, il “Red Cup Day”, il giorno più stressante per i lavoratori nelle caffetterie, quello in cui Starbucks regala una tazza rossa e degli sconti a chi ordina una bevanda speciale di tipo vacanziero, SBWU ha chiesto la solidarietà delle comunità attorno alle caffetterie e sul sito sindacale si poteva firmare il #NoContractNoCoffee Pledge, per impegnarsi a sostenere le lotte dei baristi nella loro lotta per un contratto equo, ricevendo avvisi su raduni, picchetti e altri eventi dove solidarizzare.
SBWU ha anche organizzato uno sciopero di tre giorni nel fine settimana prima delle vacanze di Natale del 2022 in 100 punti vendita, soprannominato il “Double Down Strike” ed un altro sciopero il 22 marzo 2023, quando 117 sedi sindacali hanno partecipato ad un “One Day Longer, One Day Stronger” in occasione delle dimissioni dell’amministratore delegato ad interim Schultz, prima della sua audizione alla commissione per salute, istruzione, lavoro e pensioni del Senato, presieduta da Bernie Sanders. Richiesto di comparirvi di fronte per rispondere dei diritti dei lavoratori, Schultz si è fatto attendere per mesi fino all’intimazione a comparire, quando ha fatto una figura barbina di fronte alle domande incalzanti dei suoi interlocutori. Forse messo in difficoltà perché non poteva licenziarli, così come ha fatto con decine di organizzatori sindacali. E come ha rifatto, pochi giorni dopo l’udienza, allontanando Alexis Rizzo, una barista organizzatrice della prima campagna sindacale a Buffalo.
Per visualizzare l’appoggio delle comunità, in cui la caffetteria è spesso luogo di aggregazione, il 7 agosto e il 14 settembre 2023, è stato organizzato il National Day of Action, la “Giornata nazionale di azione” (con lo slogan “Customers, Join the Fight!”, Clienti, unitevi alla lotta!) che chiede alla clientela di “adottare un negozio” finora non sindacalizzato. Nei quasi 250 appuntamenti a livello nazionale di fronte ai negozi erano presenti singoli simpatizzanti dell’iniziativa (famosa la foto di una 104enne che comizia con un megafono di fronte ad un negozio in lotta) ed anche varie associazioni e sezioni locali di altri Sindacati.
Immortalate talvolta da riprese postate su YouTube, si svolgono anche le cosiddette marce contro il capo, dei cortei interni nei singoli negozi, ammessi dalla normativa, per consegnare richieste collettive.
L’appoggio alle lotte nei negozi Starbucks è sfociato anche in iniziative di boicottaggio. Nell’agosto 2023, gli studenti della Cornell University di Ithaca, nello Stato di New York, hanno ottenuto che la loro Università tagliasse i ponti con Starbucks, dopo la chiusura di tutti e tre i negozi della città, che avevano aderito a SBWU. Nel novembre scorso, anche gli universitari californiani di UCLA e UC Riverside hanno presentato una petizione all’amministrazione scolastica per rescindere i legami con Starbucks fino a quando non bloccherà la repressione delle iniziative sindacali dei baristi. Ad oggi sono già 25 le Università dove sono state presentate simili petizioni alle amministrazioni scolastiche.
Tali iniziative di boicottaggio, come vedremo, sono stati grandemente diffuse anche nel Medio Oriente. Nel marzo 2024 Alshaya Group (il gestore in franchising delle sedi Starbucks nel Medio Oriente e in Nord Africa) ha licenziato 2.000 dipendenti per la diminuzione delle vendite.
IN CAMPO ANCHE “I PIU’ GRANDI”
Non solo SBWU ma anche SEIU, il Sindacato dei servizi di cui SBWU è affiliato, è entrato in campo, richiedendo al Dipartimento del Lavoro di costringere Starbucks a pubblicizzare il costo della campagna che contrasta il Sindacato, affidata allo studio legale Littler Mendelson, specializzato in union busting (repressione dell’attività sindacale).
E Strategic Organizing Center (SOC), una delle due grandi confederazioni statunitensi, a cui aderisce SEIU, aveva presentato una lista di candidati all’elezione del Consiglio di Amministrazione (d’ora in poi CdA) di Starbucks del marzo 2024. Utilizzando una norma introdotta dal 2021 dal Securities and Exchange Commission (la CONSOB statunitense) e una minuscola quota di azioni rappresentata (16.000 dollari su 100 miliardi di capitalizzazione di mercato di Starbucks), l’idea ha preso provocatoriamente spunto della farsesca, e assai propagandata dall’azienda, iniziativa di Starbucks, proposta dall’ormai ex amministratore delegato Schultz, di lasciare una sedia vuota nelle riunioni del proprio CdA per rappresentare gli interessi dei dipendenti. Per la prima volta un Sindacato ha usato gli strumenti tradizionalmente impiegati dai fondi speculativi (gli hedge fund) per cercare di entrare nel CdA di una società. Una lista di tre autorevoli persone (Wilma Liebman, ex presidente del NLRB, Maria Echaveste, ex funzionario del Dipartimento del Lavoro nell’amministrazione Obama; Josh Gotbaum, un ex alto funzionario in diverse agenzie federali), sulla base dell’interesse degli iscritti a SOC, il cui fondo pensione detiene azioni di Starbucks, intendeva contestare la repressione sindacale in corso ed inserire un’agenda sociale negli scopi dell’impresa. “Brew a Better Starbucks” (questo è il titolo dell’iniziativa) sosteneva la tesi che l’antisindacalismo aziendale stava danneggiando, oltre i lavoratori, anche l’immagine, gli incassi, i profitti, il valore delle azioni di Starbucks e la sua credibilità sul mercato.
Sarebbe stato interessante vedere se questi interessi sociali, attaccati dalla campagna antisindacale in corso, sarebbero stati considerati importanti dagli azionisti di Starbucks per la tenuta del valore di borsa delle proprie azioni, appoggiando l’ingresso nel CdA di rappresentanti dei lavoratori. E se altri Sindacati, Associazioni e Città governate da progressisti, avrebbero schierato le azioni di loro proprietà, centinaia di miliardi di dollari investiti in piani pensionistici con sostanziali partecipazioni azionarie di Starbucks, a favore dei candidati di SOC. Ma SOC ha ritirato i candidati in cambio dell’apertura di un trattativa, avvenuta nel febbraio 2024, proprio prima dell’assemblea degli azionisti che aveva portato alla nomina di alcuni nuovi membri del CdA, col compito di dimostrare il grande impegno sociale della società di Starbucks USA e l’impegno nei confronti della contrattazione collettiva. La possibilità, abbastanza remota, che rappresentanti del Sindacato fossero eletti nel CdA aziendale difficilmente avrebbe potuto portare risultati concreti per i lavoratori ma comunque l’iniziativa di “assalto al CdA” ha provocato notevole irritazione nel management.
STARBUCKS FA FINTA DI PENTIRSI?
L’azienda, infatti, trovatasi così di fronte ad una progressione di iniziative (alcune indette da SBWU e gestite in modo articolato dal basso; altre, più formali, “dall’alto”, attivate da SEIU e SOC) ma soprattutto a una perdita d’immagine (e anche di vendite), il 27 febbraio 2024 ha improvvisamente comunicato di aver raggiunto col Sindacato una dichiarazione d’intenti, un accordo propedeutico (a foundational framework) all’apertura di negoziati e alla risoluzione delle controversie in sospeso. Dichiarazione, peraltro risalente al dicembre 2023, che esclude trattative videoregistrate, come voleva la base di SBWU, quella che l’azienda ha per mesi pesantemente attaccato come organizzazione estremista ed ha pure denunciato alla magistratura per violazione del marchio, che compare anche nel logo del Sindacato, in occasione della pubblicazione sul sito sindacale, nell’ottobre 2023, di un post, poi rimosso, di solidarietà con la Palestina, dove compariva un bulldozer che abbatteva una recinzione del confine tra Israele e striscia di Gaza.
Qualunque cosa significhi, l’intesa propedeutica del febbraio 2024, che risulta ancora da pubblicizzare nei dettagli, i colloqui sono ancora in corso e la conclusione di un contratto pare lontana. Per il momento, l’azienda ha esteso ai lavoratori sindacalizzati la possibilità di aggiungere, come finora concesso solo ai lavoratori dei negozi non sindacalizzati, una mancia ai pagamenti ricevuti con carta di credito (un’importante integrazione dei bassi salari di chi negli USA lavora nei negozi, anche se svilente ai nostri occhi). Saranno probabilmente pagati anche agli iscritti al Sindacato gli aumenti di paga finora loro negati.
Anche se la disponibilità dell’azienda a trattare non significa allo stato attuale l’accettazione delle richieste dei lavoratori, può comunque diminuire la paura che aveva bloccato molti dall’aderire al Sindacato.
Il rischio latente è che tale fase di centralizzazione delle trattative avrà difficoltà a conciliarsi con l’organizzazione “frizzante” delle bariste e dei baristi di Starbucks, diventata un simbolo di come ci si possa mobilitare dal basso per i propri diritti, inventandosi continue forme di attivismo che coinvolgono anche i clienti delle caffetterie. In quasi tutti i contratti collettivi stipulati dal Sindacato negli Usa è apposta infatti una clausola di non-sciopero durante la vigenza del contratto, che si può infrangere solamente nel caso di chiare e documentabili violazioni contrattuali da parte dell’azienda. Lo dimostra il recente caso di Stellantis negli USA, quando il sindacato UAW non ha dichiarato lo sciopero contro le politiche aziendali, contrarie agli impegni firmati nell’autunno del 2022, anche a causa di una minaccia di grandi risarcimenti richiesti dall’azienda.
Tornando a Starbucks, il Sindacato SBWU sarà infine riconosciuto come controparte e raggiungerà l’obiettivo di fissare una base per i contratti collettivi che dovrebbero poi essere stipulati in sede di singolo negozio?
Nel frattempo, il Sindacato ha annunciato la creazione di un fondo di un milione di dollari per coprire le retribuzioni perse dai baristi che scioperano. Una prassi consueta in un Paese in cui gli scioperi sono stati, e possono essere, molto lunghi e le quote sindacali servono anche a mantenere le famiglie degli scioperanti nel caso di lunghi scioperi continuativi, oltre che a gestire iniziative le più varie e costose per pubblicizzare le vertenze e contrapporre le ragioni del Lavoro a quelle del padronato.
All’orizzonte si presenta un’altra minaccia: il giudizio della Corte Suprema, a maggioranza reazionaria e antisindacale, come nominata da Trump, sulle denunce presentate da Musk e altri capitalisti per dichiarare illegale l’ente federale NLRB. Ciò che potrebbe prefigurare un futuro in cui le attività sindacali non saranno protette dalla legge. Le forti critiche da parte del padronato sul ruolo assunto dal NLRB, che poi sarebbe quello per cui è stato istituito nel 1935 durante il New Deal, sono state accentuate da Trump nell’ambito di una sua promessa, che sta praticando, di ridurre o eliminare il ruolo di tutte le agenzie federali che limitano in parte il ruolo del Presidente e il potere assoluto delle imprese. Sull’argomento, è stato istituito il “Ministero dell’Efficienza” dell’amministrazione trumpiana, affidato a Elon Musk, la persona più ricca del mondo, proprietario di Tesla, X (ex Twitter) e SpaceX. Con preveggenza, Jennifer Abruzzo, attuale dirigente del NLRB, ha dichiarato a Bloomberg che “se il governo federale si allontanerà dalla protezione del diritto di organizzarsi, i lavoratori prenderanno in mano la situazione”.
Per intanto, la foto di baristi neo-arrivati nel Sindacato che issano 3 palloncini formanti la cifra 500 (caffetterie sindacalizzate) è stata accompagnata dalle congratulazioni delle due grandi Confederazioni degli USA (AFL-CIO e Strategic Organizing Center), dalla Federazione del Lavoro di Chicago, dal Consiglio comunale del Lavoro di New York, da molte sezioni locali di vari Sindacati. Un portavoce di Starbucks ha, forse per la prima volta, affermato che “rispettiamo i diritti dei nostri partner di avere una scelta sul tema dei sindacati” e “siamo orgogliosi dei progressi che abbiamo fatto sulla contrattazione e ci impegniamo a continuare a lavorare insieme per raggiungere i nostri obiettivi condivisi”.
Purtroppo l’ennesimo nuovo amministratore delegato, Brian Niccol, fautore nel febbraio 2025 del licenziamento, comminato con email, di 1.100 dipendenti non a contatto con la clientela (con la motivazione che l’azienda ha “troppi livelli, manager di piccoli team e ruoli focalizzati principalmente sul coordinamento del lavoro”), sta abbandonando una trattativa seria: nell’ultima sessione di incontri col Sindacato, l’aumento infine proposto dall’azienda è stato un misero 1,5%, pari a meno di 50 centesimi all’ora, mentre il capo di Starbucks incassa 57.000 dollari all’ora. Niccol, oltre a incamerare bonus e stock option. guadagna infatti un centinaio di milioni di dollari, 10.000 volte lo stipendio medio di un barista di Starbucks; in pratica la sua retribuzione è uguale alla somma dei salari dei suoi dipendenti sindacalizzati che aspettano di firmare un contratto collettivo.
L’azienda dichiara che la retribuzione media è superiore a 18 dollari all’ora e, se integrata dai benefici, è di 30 all’ora, solo per chi lavora almeno 20 ore alla settimana; soglia che dipende esclusivamente dal modo in cui Starbucks organizza i turni per i singoli. L’evidente intenzione aziendale è di dimostrare che sia meglio affidarsi alle regalie stabilite dall’azienda piuttosto di scegliere la strada dei diritti collettivi.
La piattaforma sindacale richiede un salario minimo di 20 dollari, aumenti annuali del 5%, una migliore assistenza sanitaria e un aumento dei giorni di congedo retribuito. Inoltre sono da risolvere le innumerevoli questioni legali in sospeso, tra cui centinaia di accuse di pratiche di lavoro sleali, cioè di comportamenti antisindacali, denunciati al NLRB, di cui 36 solo nei primi 15 giorni di gennaio 2025,
La lotta comunque continua: dopo l’ennesimo “Red for Bread”, tra il 10 e il 15 dicembre scorso, durante il quale i/le baristi/e hanno chiesto una dimostrazione di solidarietà ai clienti e altri lavoratori per dimostrare all’azienda il sostegno pubblico che li attornia, uno sciopero di cinque giorni, autorizzato, come prevede la normativa degli USA, dal 98% dai lavoratori, è iniziato venerdì 20 dicembre e si si è concluso il 24 con 5.000 baristi che hanno lasciato il lavoro, chiudendo più di 300 negozi in 43 stati. Alcuni picchetti erano presenti anche di notte per evitare i rifornimenti dei locali. Il sindacato ha anche chiesto di boicottare le caffetterie per tutta la durata dello sciopero.
E dove si sta per votare per il Sindacato, si svolge spesso una forma di solidarietà, detta sip-in, con cui i sostenitori della sindacalizzazione si presentano nel negozio, indossando camicie rosse e/o spille sindacali e ordinano una bevanda “Union Strong” (il Sindacato è forte). Stazionando ai tavoli, si discute (anche di prossime iniziative della comunità) e si scrivono o si disegnano messaggi pro-sindacali su blocchi di carta colorata che vengono poi lasciati in loco per manifestare appoggio ai lavoratori. Ciò evidentemente per controbilanciare le iniziative aziendali che cercano di motivare i dipendenti, e soprattutto i quadri intermedi, coinvolgendoli in un’ideologia d’impresa che assume anche aspetti parossistici, come nel caso di alcuni quadri che risulta (People’s World, 3.2025) si siano tatuati il logo Starbucks sul braccio dopo aver partecipato ad “entusiasmanti” conferenze d’impresa.
Il giorno prima dell’assemblea annuale 2025 degli azionisti di Starbucks Corporation, l’undici marzo, in concomitanza con un centinaio di sip-in in varie città, sono stati anche organizzati dei sit-in in caffetterie di Pittsburgh, New York, Seattle, Chicago e St. Louis. Sedici manifestanti sono stati arrestati dalla polizia nelle prime tre città mentre svolgevano l’azione di disobbedienza civile.
Mentre (dati di metà marzo 2025) le caffetterie Starbucks sindacalizzate sono ormai 550 in 46 Stati dell’Unione, a gennaio 2025 Workers United, da un lato ha raggiunto le 700 accuse di pratica del lavoro sleale presentate al NLRB per i ricorrenti comportamenti antisindacali, dall’altro ha accettato la presenza di un mediatore per sbloccare le trattative, che l’azienda invece sostiene abbiano fatto significativi passi avanti, trascurando evidentemente la sua patetica offerta di aumento salariale.
Ora il compito per i lavoratori Starbucks, e in generale per tutti i lavoratori degli USA, è ancor più difficile: l’arrivo alla presidenza della triade Trump-Musk-Vance e la coorte di tutte le varianti reazionarie che li attornia è intenzionata a combattere le organizzazioni sindacali, a smantellare o ridurre il ruolo del NLRB, a privilegiare il lavoratore arroccato in una logica corporativa. L’amore spassionato tra Trump e il sindacato dei portuali della costa est, protagonisti di uno sciopero nell’autunno scorso e di un accordo sull’uso ulteriore della meccanizzazione negli scali, benedetto da Trump prima ancora di insediarsi, è un simbolo di come possa diventare di nuovo il mondo del lavoro statunitense, riproponendo aspetti che si pensava fossero morti un secolo fa: un sindacato di uomini bianchi, con alte paghe, lontano dalla sinistra politica.
Ma finché esisteranno esperienze di lotta come quella di Starbucks, i lavoratori e le lavoratrici sono ancora in campo per difendere i propri diritti con una solidarietà che prefigura un mondo migliore.
No Responses (yet)
Stay in touch with the conversation, subscribe to the RSS feed for comments on this post.